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Fisica/Mente

VIRUS MUTANTE

MARIO CARLETTI - 26/02/2021

virus

Cercare di far capire cosa siano le varianti virali che attualmente impazzano non solo tra gli umani ma anche nei telegiornali, può non essere semplice.

Per farlo però si deve partire dalla comprensione dell’operazione definita come sequenziamento genomico, vale a dire di quel processo che si utilizza nei laboratori per estrarre da un campione biologico, l’ordine esatto nel quale si dispongono le componenti del DNA o RNA virali.

Il virus covid 2-19 è composto di una sequenza di circa 29 mila basi e per rendere l’esempio comprensibile è come se immaginaste la parola di apertura dell’articolo così lunga ma costruita quindi con una sequenza ben precisa di lettere.

Quando parliamo di RNA (quindi una sola catena, il DNA ne ha invece due avvolte a spirale tra loro) non abbiamo una sequenza di lettere ma una lunghissima fila basi azotate (adenina, citosina, guanina ed uracile) che costituiscono l’alfabeto della vita.

Quindi conoscere il codice della vita del virus vuole dire sapere l’esatto ordine in cui si dispongono 29000 basi azotate, esattamente come una parola ha il suo significato nella perfetta sequenza delle lettere. Facile capire che una sola lettera trasforma bella in belva e dire ad una donna questa o quella parola qualcosa cambia.

Il covid 19-2 è caratterizzato dall’avere in superficie una serie di protuberanze (da qui il nome corona) dette proteine spike con le quali infetta la cellula umana bersaglio. Questa proteina spike è altamente organizzata ed è in grado sia di riconoscere e legarsi alla porta d’ingresso della cellula e di utilizzare una specie di ‘ago’ che favorisce l’ingresso del virus nel citoplasma umano.

Chiaro quindi che poter neutralizzare le proteine spike è uno degli obbiettivi più importanti dei vaccini.

Quando il virus utilizzando questo passpartout entra nella cellula, prende possesso dei meccanismi produttivi della cellula (che lui non possiede) e la forza a produrre il suo RNA al posto di quello cellulare.

La perfezione non appartiene nemmeno alla natura ed in questo percorso di duplicazione, il virus può mutare in quanto possono avvenire errori casuali nella trascrizione delle 29000 basi azotate ed il nuovo RNA (come esattamente per le parole) può avere modiche più o meno sostanziali.

L’emergere quindi di varianti virali è assolutamente prevedibile visto la frequenza del processo di duplicazione ed oltretutto non sempre porta a doversi preoccupare.

Ogni virus ha capacità di mutare specifiche, quindi più o meno frequenti ad esempio, ed il Covid 2-19 fin ad oggi si è confermato un virus relativamente stabile.

La probabilità di errore è legata a diversi fattori: primo la lunghezza del genoma (parola) da trascrivere, secondo dalla capacità o meno di correzione propria dei singoli virus (che posseggono un sistema correttore). Nel nostro caso il covid 2-19 è come detto uno dei virus a sequenza più lunga (quindi a più alta probabilità di errore) ma possiede un meccanismo di correzione evoluto. Il risultato finale è che comunque errori casuali possono emergere.

Le mutazioni virali hanno generalmente come obbiettivo primario quello di favorire la sopravvivenza del virus rendendolo ad esempio più difficilmente attaccabile dalle difese del soggetto infettato o facilitarne la diffusione/trasmissibilità.

Quindi è evidente che il ceppo virale che maggiormente saprà adattarsi al nuovo ambiente, sarà quello che soppianterà invece il più debole.

L’organulo responsabile della trasmissione dati si chiama ribosoma è proprio della cellula (il virus come detto non lo possiede) e contiene il t RNA che legge le sequenze delle basi azotate a gruppi di tre (codone) e le trascrive per sintetizzare nuovo RNA.

Gli errori possono quindi essere legati a cancellazione, creazione, inversione delle posizioni delle basi lette (ABC può diventare AB, CBA, BC etc etc).

Questi numeri servono poi per dire ad es che la variante varesina (se esistesse) del virus covid 2-19 è posta nella posizione 1000 ed è stata scambiata la base A con quella D (A1000D).

Non tutte le mutazioni portano ad effetti (un cambio di lettera può permettere lo stesso di capire la parola originale) mentre alcune determinano cambi importanti che possono variare ad esempio la lunghezza delle sequenze.

Il virus non ha interesse ad ammazzare chi infetta perché questo decreta la sua morte ma ha interesse a trovare un equilibrio ove la sua sopravvivenza sia garantita dentro una cellula viva, di trovare quindi una casa tranquilla.

Questo equilibrio il virus covid 2-19 l’ha trovato nei pipistrelli dove ha vissuto indisturbato.

Poi vi è stato uno spill over (traduzione letterale traboccare) per cui il virus è arrivato all’uomo avendo un ulteriore portatore intermedio (pangolino? furetto?).

Di tutte le variazioni che possono avvenire quelle che in qualche modo vanno ad agire sulla proteina S responsabile della spike, sono quelle che più ci interessano in quanto possono confondere la nostra risposta immunitaria e variare le risposte a vaccini impostati sulla spike originaria.

E’stato provato che soggetti alle prese per mesi con il virus hanno presentato mutazioni dello stesso, una accelerazione dell’evoluzione virale volta all’obbiettivo sopravvivenza.

Nello specifico la più volte citata variante inglese ha come caratteristica principale quella di una maggior trasmissibilità, al pari di quelle Sudafricana, Brasiliana e Giapponese.

La notizia non negativa è che, almeno per quelle isolate fino ad ora, non sono più letali.

È evidente che più aumenteremo i sequenziamenti virali maggior probabilità avremo di intercettare le varianti: la GB con 165000 accertamenti (dati fino a gennaio) è prima, l’Italia poco più di 2200 diciamo che deve ancora organizzarsi …

Vale la pena di ricordare che Varese ha il laboratorio che ha già intercettato nel nostro paese per primo due varianti.

Infine ricordo, come già accennato in un precedente articolo, che battezzare le varianti con il nome del Paese dove sono state scoperte non è ritenuto corretto dalla comunità scientifica e quindi è molto probabile che verranno rinominate per renderle tecnicamente riconoscibili.

Dire oggi se i vaccini che utilizziamo siano o meno protettivi per le varianti non è possibile con certezza (anche se oggi per le citate pare di si) ma si sa che è relativamente facile adattare i vaccini con interventi di ingegneria tecnologica.

L’obbiettivo quindi ideale non è quello di distruggere il virus ma di farlo diventare un convivente che produca nel genere umano sintomi da malattia stagionale senza arrecare danni alle vie respiratorie o ad organi vitali.

Ci vorrà del tempo ovviamente ed il consiglio è quello di non abbassare la guardia su utilizzo mascherine, distanziamento sociale, igiene delle mani e tutto ciò che il buon senso ed i suggerimenti medici indicano.

Ad un aumento della trasmissibilità non dobbiamo rispondere con il panico ma con l’intelligenza che il virus fino ad oggi non ha.

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