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Noterelle

CULTURA DEL BAR

EMILIO CORBETTA - 19/03/2021

opinioneAmministrare la città di Varese è molto difficile? Certamente non semplice!

A dir la verità, non è facile amministrare i comuni di questa terra lombarda. Se piccoli, difficile perché piccoli mentre, se più grandi, difficile perché i problemi aumentano in modo proporzionale al numero degli abitanti e a questo poi c’è d’aggiungere la situazione del sito, le possibilità di vita che offre, le caratteristiche del territorio.

Ma per amministrare le città non ci sono modelli matematici? Sistemi sperimentati nel tempo? Raccolte di esperienze? Se ci sono tecniche in campo economico per amministrare le aziende, come mai non ne abbiamo per le città? Viviamo nell’era degli algoritmi e non possiamo applicarli alle città, alla amministrazione pubblica? La risposta è, diciamo così, “scontata”: nell’amministrazione dei nostri comuni ci deve “mettere il becco” la politica. Si crea un intreccio che può essere positivo o drammaticamente negativo a causa degli uomini, delle loro idee, della loro etica, della loro intelligenza, della loro furbizia.

Quelli che si dichiarano pronti ad amministrare vengono considerati politici. Politici? Chi è il politico? Che cos’è la politica? “Scienza e tecnica, come teoria e prassi, che ha per oggetto la costituzione, la organizzazione, l’amministrazione dello stato e la direzione della vita pubblica”, per noi ora il Comune.

Ai nostri giorni i politici vengono eletti da cittadini che troppo spesso sono lontani dalla politica o addirittura contrari o anche apolitici. Molti, forse troppi, non votano, senza rendersi conto che anche questo risulta essere un atto politico. Ciò nonostante è evidente che i politici hanno a che fare in modo molto stretto con gli elettori, i quali sperimentano e hanno il diritto di giudicare i risultati amministrativi, creando l’opinione pubblica, “aggregato delle attitudini di pensiero della collettività o delle opinioni della popolazione adulta” (per citare una delle definizioni di questa emotiva e mobilissima entità).

Opinione pubblica: croce e delizia dei politici, schiavi della necessità del consenso da ottenere a tutti i costi, anche andando contro l’etica, imbrogliando talvolta gli stessi sostenitori e votanti. Opinione pubblica capricciosa, troppo spesso resa cattiva da fattori non oggettivi usati ad arte da “eminenze grigie”, per cui non sa vedere il positivo di certi atti politici e purtroppo spesso è contraria a prescindere a chi governa, per cui molti sono criticati o squalificati solo per il fatto di essere lì al comando. Le critiche maggiori, ma efficaci per influenzare le idee della gente (come dimostra l’esperienza dei sondaggi a cui si appoggiano certi leader che li usano nell’esprimere opinioni anche su punti delicati e nobili della politica) sono quelle definite “da bar” che, pur avendo un livello culturale molto basso, hanno un potere suggestivo notevole per certe persone.

I componenti dell’opinione pubblica talvolta non hanno amore per la città in cui vivono. Non vi si trovano a loro agio. La trovano provinciale, scarsamente culturale, la definiscono un dormitorio e così via. Altri hanno comportamenti incivili imbrattandola, abbandonando rifiuti, rendendola disordinata con comportamenti trogloditici. Manca la voglia di mantenere bella la città anche in una certa parte di progettisti edili, per cui si fanno scelte architettoniche sensibili più al lato economico che all’estetico, dimentichi che il bello è più commerciabile del brutto.

L’amministrare comunale incontra poi la croce e delizia dei bilanci: la cronica carenza di fondi troppo spesso causata dal Governo Centrale, che cerca di controllare sprechi periferici purtroppo frequenti creati in modo dissennato dalla infiltrazione della malavita organizzata.

Varese è diventata una città con popolazione internazionale …. Eh no, si protesta! È invasa dai migranti, dai profughi, da gentaglia straniera, da gente difficile da ospitare, che non rispetta la nostra cultura, che ci impone la sua, da avventurieri; ma no, son poveracci che si dedicano all’illecito per campare o per vizio. Rimandiamoli ai loro paesi. Guarda cosa succede in Francia, nelle “Banlieues”: e poi ci fanno attentati. È una questione più complessa: gente in fuga dalla violenza, dal dolore, dalle macerie delle loro case. Ma no ancora: sono usati da perversi tiranni per mettere in difficoltà l’Europa, quindi il problema si sposta a livello della politica internazionale. Allora è un problema non più solo locale? Bloccarli con i muri e le reti è una risoluzione o solo un aumento delle loro sofferenze? Qui il discorso diventa molto complicato, lungo, quasi infinito.

Altro tema: in Varese sono state realizzate molte opere in questi anni, ma quelli dell’opinione pubblica hanno la sensazione che si sia fatto poco o niente. Perché? difetto di comunicazione? Errori giornalistici? Presenza cronica di fette di salame sugli occhi? È la propaganda dei discorsi “da bar”? Oppure carenza di passione politica sincera in molti addetti più autoreferenziali che dedicati in modo attento ai cittadini?

Quella passione politica per la quale molti sacrificano la loro vita (e avviene ancor oggi purtroppo in molte nazioni) o l’hanno sacrificata quando l’opinione pubblica non aveva la libertà di espressione di cui noi possiamo usufruire, purtroppo talvolta non apprezzando fino in fondo questa vera grande bellissima possibilità.

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