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Storia

IL MINISTRO E GARIBALDI

SERGIO REDAELLI - 28/04/2012

La cartolina postale della Massoneria italiana che celebra il “gran maestro Giuseppe Garibaldi” nel 1907, primo centenario della nascita, quella listata a lutto per l’assassinio di Umberto I ucciso a Monza dall’anarchico Bresci il 29 luglio 1900, il curioso cartoncino della famiglia reale Savoia nel 1914 con Vittorio Emanuele III, la moglie Elena di Montenegro, i figli Iolanda, Umberto, Giovanna e la neonata Maria Francesca in cui manca la secondogenita Mafalda, poi morta a Buchenwald: sono alcune delle oltre duecento rarità per collezionisti che illustrano il volume “Cartoline per l’Italia nel 150° dell’Unità” edito nel 2011 da Daniele Santucci per il Comune di Castelveccana, sul lago Maggiore, che ne ha fatto dono a ogni famiglia del paese.

Il libro – 215 pagine, a cura di Sergio Baroli e Pierangelo Frigerio con la consulenza storica di Giuseppe Armocida, Bruno Carù, Robertino Ghiringhelli, Leonardo Tomassoni e quella fotografica di Carlo Calderoni – prende spunto dal ritrovamento di un vecchio album di illustrazioni patriottiche nella soffitta di Pancrazio De Micheli a Domo Valtravaglia e diventa – per dirla con le parole di Robertino Ghiringhelli – “la testimonianza di un amore popolare che va al di là della retorica celebrativa e del collezionismo spicciolo, per assumere le sembianze di un’adesione e di una partecipazione, con accenti e linguaggi diversi, ai momenti fondamentali della storia comune, senza mai dimenticare la propria piccola patria”.

Alternando alle cartoline i capitoli di storia locale e nazionale (Garibaldi, Mazzini, le fabbriche, i rapporti fra Stato e Chiesa, gli emigranti, il lungo cammino delle donne verso la parità, le tradizioni alimentari, la passione per la cartofilia) il volume è un atto d’amore per l’Italia unita e per il Lago Maggiore. Per pubblicarlo in occasione dei festeggiamenti del 150° dell’Unità, il sindaco di Castelveccana ha ricevuto il patrocinio della presidenza del Consiglio dei ministri.

Ma perché parlare oggi di un libro uscito l’anno scorso e passato, spiace ammetterlo, quasi inosservato? A renderlo attuale è la prefazione di Lorenzo Ornaghi, all’epoca rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e oggi ministro per i beni e le attività culturali del governo Monti.

Scrive il futuro ministro del governo tecnico a proposito del carattere della gente verbanese: “Schivo è l’amore che chi è nato o abita intorno al Lago Maggiore ha per il suo lago. Schivo, perché profondo e profondo giacché esso ha le sue radici in una memoria storica che nei secoli ha sempre custodito e tramandato quello che nella vita è essenziale, vale a dire ciò che va condiviso con la propria comunità in maniera onesta e semplice, solidale e responsabile, senza ostentazioni o retoriche; ciò che va insegnato ai giovani con la pratica e con l’esempio, mai con le parole; ciò che pur con qualche fatica si è appreso dai padri per poterlo poi consegnare – magari con fatiche non meno lievi – ai figli”.

Lorenzo Ornaghi è l’uomo chiamato a varare la legge nazionale sullo spettacolo che il mondo della cultura italiana attende da anni; a salvare il sito archeologico di Pompei dopo i crolli a ripetizione (“Con bandi, concorsi e procedure trasparenti”, ha promesso); a realizzare il progetto della Grande Brera a Milano con ventitre milioni già assegnati per iniziare i lavori di spostamento dell’Accademia di Belle Arti nell’ex caserma Mascheroni e di allargamento della Pinacoteca; e a promuovere, più in generale, la cooperazione tra pubblico e privato per presidiare l’indotto economico delle attività turistiche e culturali. Su questo Ornaghi è stato chiaro: “Nell’attuale situazione economica, la strada della cooperazione tra pubblico e privato è una scelta non solo necessaria, ma obbligata – ha riconosciuto – e guardando all’esperienza di Paesi che sanno fare meglio di noi, dobbiamo riuscire a collocare la cultura al centro dello sviluppo e a realizzare un nuovo modello di crescita”. Il settore dei beni culturali è carico di potenzialità che stentano a decollare. Le sfide per il futuro sono i nuovi posti di lavoro, la semplificazione delle procedure burocratiche e la sostenibilità del mercato della cultura, che l’Italia è parsa finora impreparata a valorizzare.

A proposito dei valori da trasmettere di padre in figlio, il ministro Ornaghi potrebbe mettere la sua autorevole parola perché Varese non rinunci a diffondere la conoscenza dei propri meriti storici, a cominciare dal ripristino del Museo del Risorgimento intorno alla bella tela di Eleuterio Pagliano, “Lo sbarco dei Cacciatori delle Alpi a Sesto Calende nel 1859”, che tutta l’Italia c’invidia. L’ipotesi prospettata da Palazzo Estense è destinare un paio di locali a ospitare i reperti che giacciono nei magazzini di Villa Mirabello.

La presenza del sindaco Fontana a Roma per l’inaugurazione del cippo agli eroi varesini Dandolo, Morosini e Daverio fa ben sperare. “Noi siamo pronti a dare una mano per allestire il museo”, ribadisce Luigi Barion, presidente dell’associazione che tiene alto il vessillo della Varese garibaldina. “Con alte competenze e a costo zero”.

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