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Chiesa

FORBICI

SERGIO REDAELLI - 02/04/2021

Lo stabile del Vaticano in Sloane Avenue a Londra

Lo stabile del Vaticano in Sloane Avenue a Londra

Papa Francesco taglia del dieci per cento gli stipendi dei cardinali, annuncia la revisione delle spese al personale della Santa Sede e del Governatorato e invoca la trasparenza nella gestione delle finanze e della giustizia vaticane. Il richiamo agli operatori del settore economico e finanziario arriva puntuale nell’udienza per l’apertura del 92° anno giudiziario dello Stato della Città del Vaticano, celebrata alla presenza del premier Mario Draghi e del ministro Marta Cartabia: “I titolari di incarichi istituzionali debbono tenere una condotta irreprensibile per il presente e per il futuro e denotare un fattivo ravvedimento, ove occorra, riguardo al passato”.

Una frase che sembra una secca risposta a quanti soffiano sul fuoco delle polemiche per le presunte ingiustizie giudiziarie all’interno delle sacre mura, con riferimento, neppure tanto velato, alle “dimissioni forzate” del cardinale Angelo Becciu. Venerdì 26 marzo il quotidiano Libero spara in prima pagina: “Caso Becciu, i giudici inglesi smontano il teorema contro il monsignore” e a pagina 11 l’articolo di Carla Ferrante rincara: “Uno scandalo costruito sul nulla”. Si parla di quella che è stata definita la truffa del secolo e cioè della compravendita nel 2013 di un vecchio magazzino di Harrod’s in Sloane Avenue a Londra, nel quartiere di Chelsea, strapagato dal Vaticano 350 milioni.

Il palazzo apparteneva alla società Time & Life che il finanziere Raffaele Mincione aveva acquistato l’anno prima a un prezzo molto più basso. E per traghettarlo nelle disponibilità del Vaticano (che lo avrebbe pagato in parte con i soldi dell’obolo di S. Pietro) fece da intermediario il broker Gianluigi Torzi chiedendo il tre per cento sull’affare. Torzi sarebbe subentrato nella complessa transazione pur essendo azionista di una società anonima, la Gutt Sa, coinvolta nel passaggio di mano. Di qui le accuse di estorsione, peculato e truffa aggravata mossegli dal promotore di giustizia vaticano Gianpiero Milano e dall’aggiunto Alessandro Diddi. Seguite dal fermo di dieci giorni, nel giugno scorso, in una cella della Gendarmeria pontificia.

Il 10 marzo il colpo di scena. Il giudice londinese Walter Baumgartner, magistrato della regina, incaricato di valutare la richiesta di sequestro dei conti personali e societari di Torzi, avanzata per rogatoria dai pm vaticani, “assolve” il broker sentenziando che si è trattato di una normale transazione commerciale. Dalle carte risulterebbe anzi che dopo tre giorni dalla firma, il segretario di Stato Pietro Parolin avrebbe sottoscritto l’operazione, autorizzandola di fatto. Dunque una bocciatura della giustizia vaticana. E tanto è bastato per dare fiato alle trombe di chi è convinto che il cardinale Becciu paghi colpe non sue e che le dimissioni pretese da Francesco per indegnità siano ingiuste.

Nella sentenza londinese non c’è alcun riferimento al porporato dimissionario. Non avrebbe avuto senso farlo. La giustizia vaticana farà il suo corso e non saranno le interpretazioni dei giornali a condizionarla. Proprio in occasione dell’apertura del 92° anno giudiziario, il papa ha ribadito che nel sistema processuale vaticano deve “emergere l’uguaglianza fra tutti i membri della Chiesa e la loro pari dignità e posizione, senza privilegi risalenti nel tempo e non più consoni alle responsabilità che a ciascuno competono”. Francesco ha ricordato che le recenti iniziative avviate per la trasparenza economica e finanziaria devono ispirarsi ai valori esemplari della Chiesa.

Ma il quotidiano Libero non demorde dalla “campagna” a difesa del cardinale Becciu. Riserva grande spazio all’intervista rilasciata a Giovanni Minoli su Radio 1 da Lucetta Scaraffia, docente di storia contemporanea alla Sapienza di Roma ed ex direttrice dell’inserto femminile “Donne, chiesa mondo” dell’Osservatore Romano (da cui si dimise polemicamente contro il nuovo direttore Monda): “La mia impressione – afferma l’intervistata – è che il cardinale sia stato scelto come capro espiatorio per dare un’idea del Vaticano, diciamo rinfrescarne l’immagine, come luogo dove si fa giustizia colpendo anche le cariche più alte”. Un sospetto grave, che chiama in causa lo stesso Francesco.

Il giornale di Feltri riferisce di una telefonata “rasserenante” che il papa avrebbe fatto al cardinale “cacciato” rivelando che qualcosa è cambiato nel suo atteggiamento verso le accuse mosse al prelato sardo, riconducibili a un’inchiesta svolta dal settimanale L’Espresso. Un segnale di pentimento? E strilla in prima pagina un articolo di Antonio Socci intitolato “La strana ossessione di Bergoglio per il dio denaro, si parla troppo di beni terreni”. Dove sottolinea che i tagli agli stipendi e le iniziative per la trasparenza promossi dal pontefice producono una curiosa conseguenza: la Santa Sede continua a fare notizia più per le questioni economiche che per le questioni spirituali.

Dal canto suo il cardinale Becciu, 72 anni, ex nunzio apostolico in Nuova Zelanda, Stati Uniti, Cuba, Angola, Liberia e dal 2011 al 2018 potente Sostituto per gli Affari generali alla Segreteria di Stato, continua a respingere ogni addebito, compreso quello di aver utilizzato fondi vaticani per finanziare iniziative imprenditoriali dei tre fratelli che operano in Sardegna. Sulla vicenda è sceso in campo anche monsignor Nunzio Galantino, ex segretario generale della Conferenza episcopale italiana e dal 2018 presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del patrimonio delle Sede Apostolica, che per volere di Francesco ha sostituito la Segreteria di Stato nella gestione della “cassa”.

Galantino ha dichiarato a Famiglia Cristiana che nessuno ha “rubato” le offerte destinate ai poveri perché “le perdite dell’affare di Londra sono state coperte con un fondo di riserva e non con l’Obolo di San Pietro o con quello a disposizione del Santo Padre”. E ha tenuto a precisare che “la Chiesa non è un’azienda e il suo scopo non è fare profitti, ma i servizi legati alla sua missione hanno dei costi, ci sono cinquemila dipendenti da retribuire e gli immobili da gestire”. Come a dire, insomma, che i soldi non si possono tenere nel cassetto, che gli investimenti servono alla Chiesa per poter svolgere la propria missione, a cominciare dall’assistenza ai poveri.

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