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Società

DI MALE IN MEGLIO

FELICE MAGNANI - 09/04/2021

anzianiUn occhio sul computer e uno sulla bici, due passioni assolute dopo la pensione. Una vita da anziano, programmata quasi con piglio teutonico per sentirmi vivo, pronto ad assecondare quegl’impulsi che, se ben orientati, regalano l’elisir di una giovinezza che non finisce mai, soprattutto quando la fortuna sorregge, permettendo di essere quello che vorresti. Un duemilaventi vissuto con il solito puntiglio, con quella fede che contraddistingue chi crede e agisce nonostante tutto, affidando all’entusiasmo e alla passione quella voglia di essere che accompagna da sempre chi crede fino in fondo nella vita. Un anno di chiusure e di aperture, che nulla toglie a chi il tempo ha imparato a scandirlo e a programmarlo, a farlo vivere fuori e dentro le pareti di casa, assaporandone tutta la bellezza possibile.

È tra pensieri di natura educativa, brevi racconti, piccoli saggi, articoli, la bici da corsa e qualche libro scritto in collaborazione, che il mio tempo trova il suo spazio e la vita si consola e si arricchisce. La bici da corsa è sempre stata per me uno straordinario strumento di restaurazione interiore, una terapista che non ti fa mai sentire solo, perché con lei il confessionale è sempre aperto, soprattutto quando la salita impone un silenzio quasi religioso, fatto di sguardi profondi nel cuore della natura e di respiri che ti fanno sentire euforico e passionale come quando pensavi di correre alla pari con quei campioni che avevano catturato la tua voglia di credere nelle sfide dello sport. Settantadue anni con il cuore di un bambino, con la certezza che non è necessario volare per essere felici, ma che in fondo è sufficiente a volte pensare e pedalare, pedalare e pensare, riunire i ricordi e crearne di altri, lasciarsi trasportare da quell’istinto primario che rende meno pedante la vita, soprattutto quando le occasioni si contano e bisogna fare di tutto per non perderle.

Il cancro? L’ho conosciuto molti anni fa, da vicino, nella sofferenza di mia madre, una sofferenza lunga, incredibilmente tormentata, fatta di aspirazioni e di attese, di speranze e di fede vissuta con quella religiosa caparbietà che solo le madri hanno. L’ho rivisto nel volto scavato delle persone colpite, silente e aggressivo come un serpente, capace di annientare e distruggere, ma l’ho visto anche soccombere di fronte alla perizia umana di una scienza medica capace di offrire il massimo con i suoi medici, i suoi chirurghi, i suoi medicamenti, il suo personale. Quando lo vedi negli altri non pensi mai che un giorno potrà capitare anche a te, diventi un negazionista ante litteram, ne hai paura, anche se la vita insegna molte cose che possono tornare utili al momento giusto.

Un giorno di qualche mese fa, mia moglie mi consiglia, quasi mi impone di fare un controllo. Era da un po’ di tempo che non pensavo ai controlli, stavo benissimo, che problema potevo avere? Quando stai bene ti senti un leone, hai l’impressione di essere diventato immortale, ti senti inattaccabile, pensi a tutto, ma in qualche caso dimentichi che la prevenzione sia fondamentale e che anche solo un semplice esame del sangue possa bastare a mettere a nudo lo stato di salute e garantire la tua salvezza. 14 e 80 di antigene prostatica è stata sufficiente a far scattare la difesa ad oltranza, una difesa rapida, proficua, eccellente. Si tratta di momenti difficili per chiunque, che richiedono risposte ferme, coraggiose, bisogna mettere da parte ogni timore, tirar fuori il carattere, attrezzarsi per battere il nemico, occorre essere forti e determinati, coscienti che la vittoria dipende da una circostanza di fattori, tra i quali la fortuna, ma anche da come sappiamo reagire alle provocazioni del male, dalla nostra collaborazione con un personale medico molto attivo e preparato a combattere il nemico sul terreno di gioco.

Nella battaglia, che pure continua con cure adeguate, ho scoperto una parte di me stesso che non conoscevo benissimo e che oggi apprezzo e cerco di valorizzare, ho ritrovato il sorriso, la voglia di lottare, la fede nelle persone, ho scoperto l’importanza della nostra Sanità, il valore di un personale che sa unire sapienza e fermezza, umanità e preparazione, che non si arrende mai, che lavora senza perdere un colpo, anche quando gli spazi si restringono e un maledetto virus rende più complicati i percorsi. All’Ospedale di Circolo di Varese ho gettato sul campo la mia volontà, la mia energia e quella forza spirituale imparata da insegnanti generosi, ho cercato la collaborazione e l’amicizia, dimenticando di essere un fragile e soprattutto ho scoperto l’umanità di un personale sempre pronto a sdrammatizzare, a rendere più luminosa la vita nel bunker.

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