Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

In Confidenza

FASCINO

Don ERMINIO VILLA - 23/04/2021

buonpastore

Gesù il buon pastore. Mausoleo di Galla Placidia Ravenna

Per comprendere la parabola del buon pastore dobbiamo immaginare una scena familiare nella Palestina dei tempi di Gesù. Al calar della sera i pastori tornavano dai pascoli e, per la notte, portavano le loro pecore in un grande recinto comune, affidandole alla sorveglianza di un guardiano. Al mattino i vari pastori si ripresentavano al recinto. Ciascuno chiamava per nome le proprie pecore, ed esse lo seguivano e tornavano al pascolo. Le pecore rispondevano unicamente all’appello del loro padrone. Non seguivano un estraneo, perché non ne conoscevano la voce. La voce non tradisce: il timbro, il tono, il nome pronunciato in quella maniera fanno distinguere il pastore dal ladro, dall’estraneo e dal mercenario.

Fuori dalla metafora del pastore e delle pecore, questo passo si riferisce ad un’eccezionale maturità dei credenti, i quali hanno (o dovrebbero avere) una tale familiarità col Vangelo da saper distinguere nella vita della Chiesa ciò che ha veramente la voce del maestro da ciò che non l’ha.

Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Io sono un chiamato, con il mio nome unico, pronunciato da lui come nessun altro sa fare; tutta la mia persona è al sicuro con lui. E le conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi, ma degli spazi aperti, di liberi pascoli. Cammina davanti ad esse: non è un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini e inventa strade; infatti sta davanti e non alle spalle. Inoltre non è uno che rimprovera e ammonisce per farsi seguire, ma precede e seduce col suo andare ed affascina con il suo esempio: pastore di futuro. Esse troveranno pascolo: a chi va con lui Gesù promette un di più di vita, un centuplo di fratelli e case e campi. L’asse attorno al quale ruota il Vangelo è la pienezza di vita, da parte di un Dio che un verso bellissimo di Centore canta così: “Tu sei per me ciò ch’è la primavera per i fiori!”.

La relazione che Gesù vuole stabilire con noi suoi amici è il riflesso di quella che Lui stesso ha con il Padre: una reciproca appartenenza nella fiducia piena, nella comunione più intima. È davvero bella questa parabola! Quanto è suggestivo il mistero della voce! Fin dal grembo materno tutti impariamo a riconoscere la voce di mamma e papà; così come dal tono di una voce percepiamo l’amore o il disprezzo, l’affetto o la freddezza. La voce di Gesù è unica! Se impariamo a distinguerla – ha detto Papa Francesco – Egli ci guida sulla via della vita, una via che oltrepassa anche l’abisso della morte. Familiarizzare

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login