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Politica

RIVOLUZIONE DELLA RESPONSABILITÀ

GIUSEPPE ADAMOLI - 30/04/2021

Draghi presenta il Pnrr al Senato

Draghi presenta il Pnrr al Senato

“Super Mario” è stato accolto con calore sulla scena internazionale. Lo conferma la stampa estera e non poteva che essere così. Il suo ricordo di ottimo presidente della Banca europea è ancora vivo e la gratitudine – caso raro – non si è completamente spenta.

Molto più difficile del ruolo di banchiere centrale europeo è però il ruolo governativo a cui lo ha chiamato il Presidente Mattarella. Tre le sfide che deve affrontare: la lotta alla pandemia, il piano italiano di Next Generation Eu e le riforme strutturali richieste dall’Europa a fronte di più di 200 miliardi da qui al 2026.

La “guerra” al virus è in pieno corso. Draghi ha cambiato il Commissario e il vertice della Protezione Civile: il minimo che potesse fare dentro una sostanziale continuità alla ricerca dell’equilibrio fra salute ed economia. La fortuna sono stati i vaccini arrivati e in arrivo. Se questo è il fronte più urgente e delicato non è però quello più impervio.

La seconda sfida e l’altissima aspettativa sono sul Pnrr, il Piano nazionale ripresa e resilienza. Qui la sua mano si è già sentita nella qualità del progetto pronto per l’UE anche se le varie “cabine di regia” sono ancora da definire e a Conte non sarebbe stato facilmente perdonato.

Draghi ha davanti a sé poco tempo: nemmeno due anni ci separano dalle elezioni del 2023. Tempo che si accorcia molto se si considera che la campagna elettorale, sempre latente come si vede dal “duello” Salvini-Letta, esploderà ben prima della sua formale apertura.

La pubblica amministrazione arrancante e l’azione delle fameliche lobby economiche potranno essere dei freni sul conseguimento dei risultati. Ma questa volta il rispetto integrale delle varie tappe sarà necessario per ottenere l’erogazione graduale dei fondi dall’Europa: occasione irripetibile.

Una nota particolare merita il confronto con le forze produttive e sindacali: potrebbe essere un ostacolo al rispetto al rispetto del cronoprogramma – dicono tanti – ma, al contrario, potrebbe garantire maggiore coesione ed efficienza: è a questo obiettivo che bisogna puntare.

Ci vorrà tutta l’autorevolezza di Draghi per far sottoscrivere e guidare un patto sociale di ricostruzione. Al Salvini “di lotta e di governo”, incalzato dalla Meloni, non dovrà essere consentito di avvantaggiarsi troppo delle sue ambiguità, se no salta il tavolo. Il senso di responsabilità, anziché essere deriso sull’altare della volgare propaganda, torni ad essere considerato l’arma più credibile. Ce la farà il Presidente del Consiglio? Non è una domanda retorica.

La terza sfida, pure decisamente rilevante, è costituita dalle riforme strutturali altrettanto indispensabili e urgenti. Non è da anti italiani – anzi il contrario – il riconoscere che i “negoziati” europei con la loro lente d’ingrandimento su tutti i passi da compiere potranno risultare il punto di svolta.

Governo e Parlamento decidano i contenuti, ma il risultato finale di una macchina fiscale più equa di una amministrazione che funziona e di una Giustizia civile decente non può essere mancato.

Altrimenti le decantate transizioni ecologiche e digitali con i risvolti positivi sullo sviluppo sostenibile e sull’occupazione dei giovani e delle donne resteranno sulla carta.

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