Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Apologie Paradossali

SPIRITO MARIANO

COSTANTE PORTATADINO - 30/04/2021

I numeri della fiducia a Draghi

I numeri della fiducia a Draghi

(O) La superlega è scoppiata in un attimo, una superbolla, forse anche una super-balla, un superbo-ballone. Sono felice. E vediamo come va a finire la qualificazione Champions, magari con qualche bella sorpresa. È il merito che deve contare, non il lignaggio o la potenza economica. W la superdea nerazzurra, quella di provincia fatta con i giovani e gli scarti delle altre. Questo è pure un merito maggiore.

(S) Giusto, nell’età dello spreco, viva chi ricicla tutto, anche i calciatori. Anche nel calcio, però, l’economia dovrà diventare circolare e sostenibile. La marcia indietro dei superleghisti non deve nascondere che i problemi di sopravvivenza del calcio rimangono, che la pandemia li ha acuiti di molto, che l’espansione dei costi, finora sostenuti da Cina e Paesi Arabi, minaccia un fallimento globale, se lorsignori non trovano un rimedio alle pazzie economiche innescate dal costo di acquisto e di stipendio dei vari Messi, Ronaldo, Mbappé, Neymar eccetera.

(C) Il tema era stuzzicante, tanto che per qualche giorno ci ha fatto dimenticare (quasi) il Covid-19. Ricordate però che avevo introdotto l’argomento accanto ad altre due SUPERPROPOSTE, su cui è più agevole ritornare ora, con calma e serenità.

(O) SUPERRELIGIONE mi sembra un tema troppo difficile per improvvisare un commento, il libro di Ventura va letto attentamente, sto cercando sul web dibattiti e interpretazioni, senza trovare, per ora grandi riscontri. Quanto alla SUPERRIFORMA, sono più le proposte che vedo sensate, nell’articolo di De Molli, che quelle stravaganti, anzi una sola è di questo genere, quella di sorteggiare un terzo del parlamento tra cittadini disponibili. Sgomberiamo subito il discorso da questo punto, di cui francamente non comprendo nemmeno la carica provocatoria.

Coloro che si dichiarano disponibili a questo compito che, immagino, non costituirebbe l’inizio di una carriera ben remunerata, ma solo un impegno a tempo limitato e non più ripetibile, dovrebbero essere rappresentativi dell’intera società italiana in modo omogeneo, realizzando concretamente, senza nemmeno il filtro del voto, il principio ‘uno vale uno’ fino alla sua radicalità. Ma quale specifico contributo darebbero? Quello della casualità? Nella casualità di rappresentare istanze altrimenti sconosciute al Parlamento? Mi pare che siamo invece arrivati, con molta fatica, al compromesso attuale, grazie al quale il governo Draghi contempera il criterio della rappresentatività con quello della competenza e quello della presenza di un indirizzo preciso, garantito dal Presidente, con l’ampia partecipazione partitica che comprende la quasi totalità del Parlamento. Se il primo problema che si pone De Molli è quello della stabilità dei governi, quindi anche della prontezza delle loro decisioni e della durata nel tempo dei provvedimenti, mi riesce strano pensare che questo terzo del parlamento, non eletto, non vincolato nemmeno moralmente ad un programma politico, possa contribuire a dare stabilità politica.

Vediamo un fenomeno simile nelle liste civiche, che pure hanno avuto successo nelle precedenti elezioni amministrative. Il fatto che queste liste si siano presentate come svincolate dai principali partiti tradizionali ha probabilmente giovato alla raccolta di un consenso iniziale (di questi partiti e dei loro apparati la gente era veramente stanca, soprattutto a livello locale), ma non si sono rivelate un fattore di stabilizzazione, del resto inutile nel contesto ‘presidenzialista’ caratterizzato dall’elezione diretta del sindaco, quanto piuttosto di ulteriore possibilità di disaggregazione.

(C) Passiamo dunque alle osservazioni condivisibili. Le riprendo in sintesi. “Si è soliti pensare che la legge elettorale sia la fonte di tale instabilità, ma ciò non è vero. Nel tempo la legge elettorale è cambiata cinque volte passando da un sistema totalmente proporzionale a un maggioritario puro per poi abbracciare la forma mista in proporzioni via via differenti”. “… Ulteriore contributo all’instabilità arriva infatti dal trasformismo politico che rende conveniente per i nostri parlamentari il cambio di «casacca». Nel corso dell’attuale legislatura in 3 soli anni si è assistito ad oltre 200 cambi di gruppo”. Condivido il primo assunto, però nel senso che sono le condizioni della società a determinare l’instabilità politica; a differenza di quanto succedeva nella cosiddetta ‘prima repubblica’, oggi i partiti non cercano di convincere gli elettori alla propria visione del mondo, ma piuttosto di adeguarsi continuamente a certi loro sentimenti emergenti, a rivendicazioni concrete, a rancori e risentimenti occasionali. L’instabilità dei partiti e del singolo parlamentare non è dovuta a mancanza di regole stringenti, quali ad esempio il vincolo di mandato, ma al contrario proprio alla volubilità dell’elettore.

I rimedi proposti vanno considerati in tre gruppi separati: quelli in fase elettorale sono utili, ma non risolutivi: “ incremento della quota maggioritaria fino al 50%, una soglia di sbarramento al 4% e, per la parte proporzionale, il ricorso al voto di preferenza anziché di lista, … introduzione del voto digitale e di un’anagrafe al fine di meglio conoscere storia e background dei candidati”.

(O) Già queste correzioni non sarebbero poca cosa e mi sembrano difficili da fare accettare a questo Parlamento. Trovo interessante e innovativa l’idea di un’anagrafe dei candidati, intesa come la presentazione di un curriculum certificato, non proprio un Cursus Honorum obbligatorio, tipo Roma repubblicana, ma sufficiente per consentire un voto informato. Ovviamente, da vecchio democristiano, apprezzo il ritorno al voto di preferenza.

(C) Il secondo gruppo di proposte riguarda l’operatività parlamentare: “Limiti andranno posti al passaggio di gruppo parlamentare e fondamentale sarà la previsione di una sfiducia costruttiva grazie alla quale un governo cadrà solo se ve ne sarà un altro pronto a subentrarvi. Abolizione del gruppo misto, rimodulazione nell’utilizzo dei Decreti Legge e superamento del bicameralismo perfetto”. Noto che alcune proposte sono attuabili con semplici modifiche dei regolamenti parlamentari, mentre altre richiedono modifiche costituzionali, assai più difficoltose, nel Parlamento attuale. Infine una proposta davvero speciale è la terza: “regolamentazione comune ai partiti” che nella sua sinteticità ritengo proponga di imporre a tutti i partiti precise regole di gestione interna, trasparenti e democratiche. Si tratta di un assunto che era ben presente ai Costituenti e che fu bloccato dall’opposizione del PCI, timoroso di una eventuale maggioranza avversa al ‘centralismo democratico’, condizione allora indispensabile per garantirsi l’ortodossia sovietica. Oggi sarebbe una mossa interessante per ragioni opposte, in quanto permetterebbe di ricondurre a regole democratiche i numerosi partiti che attualmente sembrano dipendere esclusivamente (e pericolosamente) dalla capacità e dalla volontà del ‘capo’. Ottimo proposito, di difficilissima realizzazione.

(O) Vedo tutte le difficoltà, ma credo che bisogna cominciare, non solo a parlarne, ma ad ipotizzare un vero percorso costituzionale, non per sovvertire, ma per attuare davvero la Costituzione attuale e in parte completarla e migliorarla. Aggiungerei anche l’elezione diretta del Capo dello Stato, che da sola, pur senza incrementarne in modo significativo gli attuali poteri, (c’è ancora gente che teme scivolamenti autoritari) darebbe respiro al rapporto diretto elettore-istituzioni, attuando la famosa ‘disintermediazione’ in un punto sicuramente positivo e privo di controindicazioni.

(S) Ecco, siamo al dunque. Avevamo detto concordemente che le SUPERRIFORME, come le SUPERLEGHE, le SUPERRELIGIONI, i superuomini e le superdonne, sono sogni che non stanno in piedi, anzi finiscono per suscitare illusioni dannose, utopie irrealizzabili, chiacchiere inutili, ed ecco che mi cascate nelle riforme costituzionali, come se non avessero fatto abbastanza danno, quelle poche attuate, come il famoso pasticcio delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni. Lasciate lavorare in pace il povero Draghi, che faccia il suo mestiere di ‘Banchiere d’Italia’, che è quello che conosce meglio e di cui abbiamo bisogno ora e ancor più nel prossimo futuro, quando il debito pubblico sarà salito a livelli preoccupanti. Se gli venissero certi grilli per la testa, gli attuali partiti, proprio perché oggi sono in mano ai ‘capi’, ci metterebbero un attimo a sgambettarlo, pur senza sapere come sostituirlo. Tanto meno vedo possibile riformare la governance delle Regioni e degli Enti Locali. So bene anch’io che “15 Regioni ordinarie, 5 a Statuto speciale, 14 Città metropolitane, 18 Unioni territoriali, 80 Provincie e circa 8.000 Comuni (il 70% con meno di 5.000 abitanti), generano una governance polverizzata e multilivello “, assolutamente ingestibile, ma neppure il più incontrastato e sanguinario dittatore riuscirebbe nell’intento di razionalizzarla, sottraendola agli interessi locali e particolari. Togliere lo statuto speciale alla Sicilia! Chi vuole provarci?

(O) Sebastiano, sei contrario, non Conformi! Anzi contrario a tutto ciò che è nuovo e richiede fantasia, speranza, impegno gratuito. Il tuo atteggiamento è sconfortante!

(C) Cari amici, la posizione da tenere non è intermedia, come spesso mi rimproverate, ma differente. La tensione tra ideale e reale deve essere mantenuta, ma perché ciò avvenga, caro Sebastiano, deve essere dato un modesto ma sicuro vantaggio alla posizione ideale. Le speranze non devono diventare illusioni, ma senza l’ideale nessuna possibilità diventerebbe realtà. Lo ha manifestato apertamente Draghi nel dibattimento sul Recovery Fund: senza riforme sarà difficile spendere bene quel denaro. Lasciamolo lavorare davvero, lasciamogli fare le riforme necessarie, anzi, cerchiamo anche di riformare noi stessi, cercando di fare del nostro meglio. Da mesi insistiamo sullo slogan: “ricostruire la fiducia del popolo nelle istituzioni e delle istituzioni nel popolo”, e nello stesso tempo siamo consapevoli, come ci aveva avvertiti il cardinale Nicora, che la salvezza non viene dalla politica (Apologia del 6 marzo 2021), tuttavia è compito nostro far sì che le condizioni concrete di vita, in cui questo mistero di libertà dell’uomo deve crescere, siano oggettivamente rispondenti alla sua dignità e più capaci di soccorso alla sua fragilità”. Bisogna cominciare a sostenere la necessità di accostarsi anche alle prossime elezioni comunali, nel nostro piccolo, se non con una formula politica simile a quella del governo Draghi, almeno con lo stesso spirito.

(O) Onirio Desti (S) Sebastiano Conformi (C) Costante

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login