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Attualità

QUELLI COL PARAOCCHI

ROBERTO CECCHI - 07/05/2021

Tra gli ex terroristi da estradare: Sergio Tornaghi, Narciso Manenti e Giorgio Pietrostefani

Tra gli ex terroristi da estradare: Sergio Tornaghi, Narciso Manenti e Giorgio Pietrostefani

Qualche giorno fa, dopo decenni, la Francia ha deciso di arrestare (ma sono già stati disposti i domiciliari) e di estradare (vediamo quando accadrà) una decina di terroristi italiani che si erano rifugiati lì dopo le condanne subite, in tempi diversi e in processi diversi, in quanto colpevoli di fatti di sangue gravissimi, commessi tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ‘80. La Francia, allora, aveva legittimato quest’atteggiamento di benevolenza nei loro confronti, giocando sull’equivoco di considerare l’Italia un paese autoritario, con una magistratura asservita al potere politico e dunque con poche garanzie per le libertà costituzionali. Mentre la France Terre d’Asile di Mitterand era il rifugio per eccellenza di perseguitati politici d’ogni genere, in nome di una tradizione che andava fatta risalire al tempo della Rivoluzione.

Ovviamente non era così. Era un modo un po’ sbrigativo per giustificare una scelta politica, probabilmente bipartisan, che non aveva niente a che fare con le libertà costituzionali. Si sapeva benissimo che si era voluto dare, ingiustamente, un salvacondotto a una lunga lista di latitanti e non a dei rifugiati politici.

Giorgio Pietrostefani, il più noto tra i fermati, si era dato alla latitanza dopo essere stato condannato per l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, assassinato sotto casa nel maggio del 1972, semplicemente perché sospettato di essere il responsabile della morte dell’anarchico Pinelli, durante la torbida vicenda della bomba di Piazza Fontana. Marina Petrella e Roberta Cappelli, fermate anche loro, sono state militanti della colonna romana delle Brigate Rosse e riconosciute responsabili dell’omicidio del generale Enrico Galvaligi, ucciso la sera del 31 dicembre 1980. Roberta Cappelli è stata condannata anche per l’omicidio dell’agente Michele Granato, ucciso nel novembre ‘79; nell’arco di poche settimane furono uccisi altri due poliziotti, Domenico Taverna mentre usciva di casa e Mariano Romiti della polizia giudiziaria. Le due donne sono state giudicate responsabili anche del ferimento del vicequestore della Digos Nicola Simone. La Petrella è stata coinvolta nel sequestro di Giovanni D’Urso, rapito a dicembre ‘80 e poi rilasciato. Tra i brigatisti arrestati c’è anche Sergio Tornaghi, militante della “colonna Walter Alasia”, che deve scontare l’ergastolo per l’omicidio di Renato Briano, direttore del personale della “Ercole Marelli” di Sesto San Giovanni, che venne ucciso la mattina del 12 novembre 1980 mentre era in metropolitana.

Una sequenza di delitti infinita, eppure, nonostante questo, a qualcuno non basta. Qualcuno si è chiesto pubblicamente “a che cosa serve arrestarli adesso?”, e altri addirittura hanno firmato delle petizioni contro i provvedimenti di estradizione, come se il tempo trascorso bastasse da solo a cancellare ogni cosa. Forse, come è stato detto, si potrà pensare a qualche forma di perdono, ma non potrà mai essere l’oblio, come non lo è stato per i criminali delle stragi naziste. I responsabili di quegli eccidi sono stati inseguiti per decenni dopo la fine della Seconda guerra mondiale e in molti son stati processati e condannati.

Margarethe von Trotta, la regista tedesca del film Anni di piombo, nel 1981 ha dato un’interpretazione efficace degli anni del terrorismo, tanto che ormai usiamo il titolo del suo film per identificare quel particolare momento storico. È stata capace d’evocare lo spirito dei tempi, costruendo una trama densa di emozioni, “ad alta tensione morale”, ispirata alla storia vera di due sorelle, Christiane e Gudrun Ensslin che nel 1977, dopo quattro anni di carcere, trovò la morte per impiccagione nel carcere di Stammheim. Il film ebbe il riconoscimento della critica e il leone d’oro alla “Mostra del cinema” di Venezia. Ma la pellicola spiega solo in parte quel momento della nostra storia. Non dice del dramma sofferto come comunità per quegli anni di terrore. Non spiega come quel clima alimentato, come pare, ad arte abbia fermato completamente lo slancio che il paese aveva preso con la sua ricostruzione. Quelle morti chiusero definitivamente la più intensa stagione dei diritti della storia repubblicana. “Non solo i diritti individuali come il divorzio (1970), la maggiore età a 18 anni (1967), il nuovo diritto di famiglia (1975). Quegli anni videro un’affermazione straordinaria dei diritti dei lavoratori: divieto di licenziamento delle lavoratrici per causa di matrimonio (1963), la giusta causa nei licenziamenti individuali (1966), lo Statuto dei diritti dei lavoratori (1970), la tutela del lavoro minorile (1970), la parità tra uomo e donna in materia di lavoro (1970), la tutela e il divieto di licenziamento delle lavoratrici madri (1971), il nuovo processo del lavoro (1973), la tutela dei lavoratori a domicilio (1973), la tutela dei lavoratori licenziati per motivi politici o sindacali, cosiddetti licenziati per rappresaglia (1974)” (Violante, La Stampa).

E con la fine delle riforme ebbe fine anche la stagione del miracolo economico, che aveva fatto registrare tassi di crescita del pil e della produttività tra i più alti d’Europa “Tra il 1950 e il 1973, il pil per abitante è cresciuto in media del 5,3 per cento l’anno, la produzione industriale dell’8,2 per cento e la produttività del lavoro del 6,2 per cento. In poco meno di un quarto di secolo l’Italia ha portato avanti uno straordinario processo di convergenza verso i paesi più avanzati e il reddito medio degli italiani è passato dal 38 al 64 per cento di quello degli Stati Uniti e dal 50 all’88 per cento di quello del Regno Unito”.

Di sicuro i terroristi nostrani non ebbero consapevolezza delle loro azioni. Combatterono col paraocchi, come dei “servi sciocchi”, contro il potere costituito che volevano abbattere, ma inconsapevolmente lavorarono per renderlo diverso da quello che democraticamente si stava formando. Non capirono e non vollero capire che quelle morti producevano effetti molto diversi dalle loro pur modeste intenzioni. Probabilmente non verranno mai estradati, ma prima o poi dovranno render conto nella maniera più completa possibile delle loro azioni criminali, per fare la storia di quel periodo una volta per tutte, affinché la consapevolezza del passato possa essere d’insegnamento per il presente. Già questa sarebbe una piccola riparazione.

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