Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Cultura

ATMOSFERE MICHELANGIOLESCHE

LIVIO GHIRINGHELLI - 14/05/2021

fugaAbbozzata nel 1824 la Grande Fuga in si bemolle maggiore di Beethoven ebbe termine nell’ottobre del 1825. Doveva essere il coronamento del Quartetto op.130, ma ne fu dissociata su richiesta dell’editore Matthias Artaria, che la pubblicò nel 1827. Se ne era data esecuzione nel grande concerto del 21 marzo 1826. La Fuga, di struttura colossale a più sezioni, non incontrò il favore del pubblico per l’austerità della concezione e la difficoltà dello sviluppo. Estrema la perizia tecnica richiesta, introspettivo ed enigmatico il carattere. Colpisce il radicalismo del linguaggio. Trascritta prima per pianoforte a quattro mani come op.134, riapparve nel 1830 per quartetto d’archi. Mentre il quartetto completo era stato dedicato al Principe Nikolaj Galitzin di Pietroburgo, la Grande fuga fu offerta all’Arciduca Rodolfo. Quali i motivi delle ritrosie dell’autore a separare i due testi? E quali le ragioni a favore? La critica si è divisa attribuendo il fatto ora alle preoccupazioni insorte per il tentato suicidio del nipote Karl, ora all’attrazione dei quindici ducati offerti dall’Artaria come onorario supplementare, ora allo sdegno nutrito verso il pubblico viennese, impreparato a cogliere le estreme intuizioni del grande musicista e impressionato dalle quasi ottocento battute del testo: preoccupazione e sconcerto colsero anche alcuni musicisti vicini a Beethoven e prudenti anche le note della Leipziger Zeitung del 10 maggio 1826. L’opera è stata anche accostata al Giudizio aniversale di Michelangelo

Alla base sta la contaminazione tra forma sonata e fuga; non pochi studiosi vi hanno individuato una sonata in tre tempi. Pur nella fedeltà ad una rigorosa unità tematica e concettuale gli episodi si articolano in modo indipendente. Vastità e profondità vi si contemperano. L’introduzione (Overtura) presenta le otto note all’unisono del quartetto in modo ruvido e perentorio. La prima fuga doppia in stile rigoroso vede il tema iniziale esposto dal violino con delicatezza. Seguono due invenzioni in stile libero. La seconda fuga, indicata con “meno mosso”, si riconduce allo stile rigoroso. In un’oasi di tenue dolcezza il cambiamento di tempo e di tonalità modifica radicalmente l’atmosfera. La terza fuga è ancora improntata a uno stile rigoroso e va considerata come uno sviluppo delle prime due. Si susseguono una terza invenzione in stile libero e due intermezzi, infine la conclusione in una grande coda con la riconciliazione degli antagonisti principali, il tema della prima e della seconda fuga. L’universo di contrasti e antagonismi era già dominante nell’op.130. Il conflitto concettuale nasce dalla forma della fuga e dalla fantasia straordinaria in cui si elabora il materiale. Notevole la libertà spirituale dimostrata ben oltre l’adeguamento alle strutture classiche.

Nel giudizio di Massimo Mila la Grande fuga è il più difficile pezzo contrappuntistico mai visto, ampio nella concezione e con grande libertà di armonie dissonanti. Nulla di arbitrario, che non si riconduca a un determinato ordine costruttivo di difficile lettura. La drammaticità, la dialettica la sommuovono sempre. Onde il paragone dei frammenti con i “prigioni” michelangioleschi.

La trascrizione per pianoforte a quattro mani in si bemolle maggiore rispetta la tonalità originaria e l’impianto, ma non rispecchia gli splendori polifonici dell’op. 133.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login