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Società

VOLONTARI DEL BENE

GIANFRANCO FABI - 27/05/2021

ghe-sem“Ghe sem”, due parole di grande efficacia. Ci siamo. In un periodo di grandi difficoltà, di fronte a situazioni difficili, quando c’è bisogno di dimostrare la concretezza della solidarietà troviamo i volontari. Giovani e meno giovani, desiderosi di donare il proprio tempo al servizio della comunità.

“Ghe sem” è il nome molto indovinato del gruppo nato spontaneamente che ha dato, sta dando, un grande esempio di dedizione nei centri vaccinali della Schiranna e di Malpensafiere. Li abbiamo visti impegnati, pronti ad accogliere, guidare, aiutare, informare. Facendo riscoprire il valore della gentilezza e del dono. Rigorosamente con la mascherina che non riusciva tuttavia a nascondere il loro sorriso.

Più di 350 giovani hanno offerto la loro disponibilità in tutta generosità. Senza chiedere nulla se non il riconoscimento di aver aiutato le persone a non sentirsi sole, a poter contare su qualcuno in una realtà completamente nuova. E la stessa presidenza della Repubblica ha voluto sottolineare, con un messaggio, la gratitudine e la soddisfazione per un aiuto in un’operazione altrettanto importante quanto complessa come è quella di vaccinare tutti i cittadini.

Il volontariato è una dimensione fenomeno fortunatamente diffusa. Negli Enti denominati “non profit” in Lombardia almeno un abitante ogni dieci, infatti, svolge attività di volontariato. E sono almeno ottomila in Regione Lombardia i soggetti tra associazioni di promozione sociale, organizzazioni di volontariato, associazioni senza scopo di lucro, associazioni di solidarietà familiare e centri di aiuto alla vita. C’è peraltro da alcuni anni un’attenzione particolare della Regione per quello che viene chiamato il “Terzo settore”. Dal 2008 c’è, per esempio, un Testo Unico che raggruppa le leggi regionali proprio in materia di volontariato, cooperazione sociale, associazionismo e società di mutuo soccorso.

Nel solo Comune di Varese sono più di quaranta le associazioni ufficialmente iscritte al registro del Csv (Centro di servizi per il volontariato). Le più numerose sono quelle, molte delle quali nate proprio a Varese, che operano nel campo della sanità e in particolare di assistenza alla disabilità, ma non meno importanti sono quelle che organizzano aiuti per i paesi poveri del Terzo Mondo, così come quelle che operano nel campo artistico e ambientale.

Il “Terzo settore” si chiama così perché si colloca a fianco dello Stato e del mercato, svolgendo attività di pubblica utilità. Al suo interno i volontari hanno una presenza fondamentale, in molti casi affiancando personale professionale dove sono richieste competenze e continuità. La legge del 2016 afferma infatti che “per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi”. I dati essenziali sono quindi quelli di avere una finalità sociale e di non avere scopi di lucro.

Ma al di là della dimensione legislativa e giuridica, peraltro importanti, il dato di fondo è costituito dalla condivisione del principio di solidarietà, una condivisione che porta con sé il superamento dell’individualismo e dell’utilità personale. Nella convinzione che la crescita della società costituisce anche la crescita di ciascun componente Una crescita non solo materiale, ma fondata sulle relazioni, sulla partecipazione, sull’aiuto reciproco.

Si possono ricordare le parole di Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”: “Ogni tanto si presenta il miracolo di una persona gentile, che mette da parte le sue preoccupazioni e le sue urgenze per prestare attenzione, per regalare un sorriso, per dire una parola di stimolo, per rendere possibile uno spazio di ascolto in mezzo a tanta indifferenza”.

Sembrano parole scritte per i giovani della Schiranna, così come per tutti coloro che silenziosamente operano nelle mille iniziative che segnano positivamente la vita sociale.

“Questo sforzo – scrive ancora il Papa – vissuto ogni giorno, è capace di creare quella convivenza sana che vince le incomprensioni e previene i conflitti. La pratica della gentilezza non è un particolare secondario né un atteggiamento superficiale o borghese. Dal momento che presuppone stima e rispetto, quando si fa cultura in una società trasforma profondamente lo stile di vita, i rapporti sociali, il modo di dibattere e di confrontare le idee”.

La gentilezza, un modo di porsi che non va confuso con il formalismo del galateo. Soprattutto perché è quel fattore che può rendere aperta e costruttiva ogni relazione sociale.

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