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Zic & Zac

IL PESCE PICCOLO

MARCO ZACCHERA - 27/05/2021

zambonMentre la pandemia sembra finalmente essere contenuta soprattutto grazie alla campagna vaccinale e mentre ogni giorno continuano le polemiche su aperture, “green-card”, assembramenti e future liberalizzazioni è uscito nei giorni scorsi un libro: “Il pesce piccolo, una storia di virus e di segreti” edito da Feltrinelli e scritto da Francesco Zambon, veneziano, già funzionario per 13 anni della Organizzazione Mondiale della Sanità fino alle sue (imposte) dimissioni dall’ OMS nel marzo di quest’anno.

Una denuncia serrata – e che sembra abbia dato spunto a diverse indagini da parte della Magistratura – sui clamorosi “buchi” della sanità italiana con le responsabilità del ministro Speranza e soprattutto di parte del suo staff per quanto riguarda i piani di contrasto alle pandemie visto che il piano nazionale sarebbe rimasto fermo al 2006.

Il libro apre però una nuova luce – decisamente inquietante – soprattutto sull’OMS, che da organismo ONU per aiutare la salute di tutti si è trasformato in un carrozzone politico che porta delle pesantissime responsabilità per la pandemia di Covid che sta squassando il mondo.

Nonostante le censure a livello mondiale emergono però sempre più chiaramente -e non solo per il libro di Zanon – le responsabilità morali, sanitarie e “politiche” dell’OMS e dei suoi dirigenti a cominciare da quelle del direttore, Tedros Adhanom Ghebreyesus, già problematico ministro della salute in Etiopia dal 2005 al 2012.

Un paese, l’Etiopia, che – cosa sconosciuta ai più – è diventato uno dei più strutturati avamposti cinesi in Africa e che politicamente, economicamente e militarmente dipende ormai da Pechino rappresentandone gli interessi in tutto il continente e specialmente nel Corno d’Africa. Uno scenario poco noto in Europa ma con la Cina che di fatto è ormai diventata la potenza egemone in Africa.

Nel libro di Zambon emergono le strategie di Pechino nel controllo del mondo e come vengano stroncati quei paesi che la Cina non vuole ammettere neppure che esistano come Taiwan, dove però il Covid è stato contenuto e vinto con minime perdite umane.

Una realtà molto interessante quella taiwanese, con un sistema medico e di tracciamento all’ avanguardia, ma che per Pechino è solo (ormai da 70 anni) “una provincia ribelle”. Succube e silenzioso, l’intero consesso mondiale è sembrato docilmente inchinarsi a Pechino senza considerare che il “Modello Taipei” avrebbe potuto forse far risparmiare milioni di morti e sicuramente che Taiwan ha comunque lanciato l’allarme COVID ben prima che le autorità di Pechino (e l’OMS) ne ammettesse perfino l’esistenza.

Ad oggi solo per motivi politici Taiwan non è neppure ammessa nell’OMS e guai a quei paesi che ne chiedono il riconoscimento almeno sostanziale, se non formale.

Una vera omertà che è proseguita quando l’anno scorso una risoluzione dell’Assemblea mondiale della salute ha affidato a tredici personalità internazionali il compito di indagare su perché il coronavirus fosse dilagato nei Paesi Oms in maniera così devastante.

I tredici hanno rapportato recentemente che le più grandi responsabilità ricadono proprio sull’Oms. «Viviamo nel ventunesimo secolo, ma ci siamo comportati come nel Medioevo», ha denunciato la co-presidente della commissione d’inchiesta, l’ex premier neozelandese Helen Clark, così come l’altra guida del gruppo dei tredici, l’ex presidentessa liberiana Ellen Johnson Sirleaf, premio Nobel per la Pace nel 2011.

Report clamorosi ma poco diffusi, anche perché la decisione di Donald Trump di schierarsi apertamente contro l’OMS denunciandone le inefficienze ha avuto come conseguenza una sua preconcetta difesa d’ufficio da parte di tutti gli “anti-Trump” del mondo, italiani compresi, e in questo senso va anche la recente decisione di Biden di rimettere gli USA alla testa dei paesi “donatori” dell’OMS.

In questi complessi ma strani intrecci con Pechino alla fine la politica ha contato e conta tuttora spesso più del buonsenso e della trasparenza.

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