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Apologie Paradossali

ZANPATA

COSTANTE PORTATADINO - 25/06/2021

ddl-zan(S) Vi siete rifiutati per settimane di parlare della proposta di legge Zan, ma adesso non lo potete evitare. Si è mosso il Vaticano, con una Nota Verbale, cioè un atto formale. Adesso nessuno può evitare di prendere posizione.

(O) Da parte mia c’era la speranza che le cose si aggiustassero da sé, tanto più facilmente quanto meno polemiche avessero contribuito ad irrigidire le posizioni. In fondo si stava in attesa di mosse strettamente politiche, magari facilitate da qualche ‘suggerimento’ autorevole di personaggi importanti, cattolici, ma non necessariamente clericali e sperabilmente anche non cattolici.

(C) Ricostruiamo la cronologia dei passi più importanti. Premetto che non sono riuscito a trovare in rete il testo vero e proprio della famosa Nota Verbale vaticana, i cui contenuti sono stati evidentemente sussurrati da una ‘gola profonda’ a certi giornali, ma non a tutti, tanto che quello meno informato e più lento nell’intervenire è stato proprio Avvenire, il giornale dei preti. Dobbiamo quindi rifarci alle citazioni riportate, anche di seconda e terza mano, dagli organi d’informazione.

Da molti anni si discuteva di estendere alle vittime di discriminazioni e di violenze, motivate da inclinazioni e comportamenti ‘anomali’ riferiti al sesso, le protezioni di legge già riconosciute per motivi di discriminazione o odio etnico, nazionale razziale o religioso. Non si contano le prese di posizione politiche e quelle di personaggi dello spettacolo, ultime e notissime quelle di Fedez. La CEI e in generale il mondo cattolico ufficiale o comunque più accreditato si sono sempre distinti per misura e prudenza, pur nella manifestazione di un preoccupato e motivato dissenso. La stessa CEI è intervenuta pubblicamente due volte, sempre con molta misura, la prima nel 2020, ultimamente, il 26 aprile scorso, quando aveva approvato la posizione che conviene riportare quasi integralmente:

“ coerentemente a quanto già espresso nel comunicato del 10 giugno 2020, nel quadro della visione cristiana della persona umana, ribadisce il sostegno a ogni sforzo teso al riconoscimento dell’originalità di ogni essere umano e del primato della sua coscienza. Tuttavia, una legge che intende combattere la discriminazione non può e non deve perseguire l’obiettivo con l’intolleranza, mettendo in questione la realtà della differenza tra uomo e donna.

In questi mesi sono affiorati diversi dubbi sul testo del ddl Zan in materia di violenza e discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere, condivisi da persone di diversi orizzonti politici e culturali. È necessario che un testo così importante cresca con il dialogo e non sia uno strumento che fornisca ambiguità interpretative.

L’atteggiamento che è stato di Gesù Buon Pastore ci impegna a raggiungere ogni persona, in qualunque situazione esistenziale si trovi, in particolare chi sperimenta l’emarginazione culturale e sociale.

Il pensiero va in particolare ai nostri fratelli e sorelle, alle nostre figlie e ai nostri figli, che sappiamo esposti anche in questo tempo a discriminazioni e violenze.

Con Papa Francesco desideriamo ribadire che «ogni persona, indipendentemente dal proprio orientamento sessuale, va rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e particolarmente ogni forma di aggressione e violenza» (Amoris Laetitia, 250).

Alla luce di tutto questo sentiamo il dovere di riaffermare serenamente la singolarità e l’unicità della famiglia, costituita dall’unione dell’uomo e della donna, e riconosciamo anche di doverci lasciar guidare ancora dalla Sacra Scrittura, dalle Scienze umane e dalla vita concreta di ogni persona per discernere sempre meglio la volontà di Dio.

Auspichiamo quindi che si possa sviluppare nelle sedi proprie un dialogo aperto e non pregiudiziale, in cui anche la voce dei cattolici italiani possa contribuire alla edificazione di una società più giusta e solidale”.

 È evidente la diplomaticità estrema del linguaggio, la mancanza di critiche puntuali e il rinvio del dialogo alle sedi proprie (sottolineatura nostra). Dopo qualche giorno un intervento del card. Bassetti, presidente della CEI, stemperava ulteriormente la possibilità di un uso strumentalmente politico della contrarietà dei vescovi, tanto da suscitare l’interessata attenzione de “Il Fatto quotidiano” del 17 maggio 2021:“Più che affossata, la legge andrebbe corretta”. Le parole del cardinale presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, sul ddl Zan, il disegno di legge contro omofobia e transfobia, pronunciate ieri durante l’omelia della messa per gli operatori dell’informazione, suonano come un’inedita apertura dell’episcopato italiano. “Noi – ha affermato il porporato – siamo per la difesa e la dignità di tutti, di qualunque uomo o donna, bisogna difendere sempre i diritti della persona”. Parole che, secondo gli ambienti della Cei, sono state forzate tanto da convincere Bassetti a ritornare sull’argomento precisando di non aver mai cambiato idea sul ddl Zan. “Io ho sempre sostenuto – ha spiegato il cardinale al Corriere della Sera – che non ci fosse bisogno di questo disegno di legge perché c’è già tutta una legislazione sufficiente a tutelare le persone contro le discriminazioni e le violenze. Non ne vedevo la necessità, tutto qui. Ma è chiaro che se poi decidono di andare avanti, non è una questione che spetti a me decidere, c’è un Parlamento. Se si ritiene utile una legge specifica contro l’omofobia, va bene, come dicevo non è certo questo il problema”.

Anche in questo caso appare una preoccupazione generica, manca invece una critica puntuale. Le posizioni ufficiali cominciano ad apparire insufficienti. Nei giorni successivi compaiono due critiche più puntuali. Sul Foglio del 27/5, Marcello Pera pubblica: “Il ddl Zan spiegato a un assai distratto cardinale Bassetti. Qualche giorno fa, nella sua fortunata trasmissione serale, Barbara Palombelli fece una cosa che di solito i giornalisti non amano fare. Parlando del disegno di legge Zan, lesse il testo. O meglio, cominciò a leggerlo e poi si fermò. Partita animata dai migliori sentimenti democratici e umanitari, a un certo punto il sorriso le si gelò sulle labbra perché si accorse che nel testo non c’era scritto soltanto che sono puniti quelli che discriminano o offendono o istigano all’odio le persone in base al loro costume o tendenze sessuali, ma anche coloro che fanno propaganda contro la “identità di genere”. Barbara aveva ragione di raffreddarsi. Il disegno di legge Zan non è una semplice modifica per aggiunta della legge Mancino; è qualcosa di più e di assai controverso. Sotto l’alibi della lotta alle discriminazioni, il disegno di legge intende introdurre nella nostra cultura e nel nostro ordinamento penale una nozione nuova che è respinta da tanta gente, l’identità di genere appunto. Che cos’è l’identità di genere Che cosa è questa identità distinta da quella comune di identità sessuale? Il disegno di legge lo spiega fornendo delle definizioni. “Per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico”. Fin qui ci siamo …”

Pera centra il problema: non ci può essere discussione su istigazione all’odio e nemmeno alla discriminazione nei confronti di chi manifesta inclinazioni e comportamenti differenti dalla maggioranza, ma introdurre il concetto di ‘identità di genere’ differente da quello comune di identità sessuale è la pretesa di fondare per legge una nuova antropologia. Non potendo riportare tutte le argomentazioni di Pera, passo ad una più semplice spiegazione di Tarquinio, il direttore di Avvenire, che risponde così alla lettera di un lettore: “…Il testo oggi recita: «Per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione». Se si punta a negare il reale e a far valere solo il “percepito” si gioca col fuoco con conseguenze pericolose su un’infinità di “frontiere” della nostra umanità e delle regole (morali e giuridiche) che dovrebbero presidiarla. E quest’operazione nulla c’entra con l’obiettivo dichiarato di rafforzare la difesa da offese e violenze per le persone omosessuali o transessuali”.

Mi sfugge che cosa sia successo nei venti giorni successivi, perché si sia arrivati all’intervento vaticano. Ma non trovo traccia di spiegazione in nessuno dei commenti odierni. Resta significativo lo spaesamento di Avvenire, totalmente ignaro del fatto nell’edizione stampata del mattino, che rimedia on line nel pomeriggio con un articolo cronachistico, zeppo di dichiarazioni di politici e con un semplice rimando alle posizioni di giuristi quali Flick e Mirabelli. Quest’ultimo pubblica nel pomeriggio stesso di martedì 22 su Vatican News, quindi un organo ufficiale, una sua valutazione del Ddl Zan, che, in assenza di documenti dotati di maggiore ufficialità, può essere assunta come traccia autorevole per meglio capire il documento vaticano. Ecco i passi più espliciti, in forma d’intervista:

In che cosa, secondo la nota verbale della Santa Sede, il disegno di legge Zan non sarebbe in consonanza con alcuni aspetti del Concordato?

L’accordo di revisione del Concordato garantisce alla Chiesa dei diritti che già la Costituzione afferma e, sotto questo aspetto, è un rafforzamento dei diritti costituzionali. In particolare, la libertà di educare, la libertà di esercitare il magistero e per i cattolici, ma evidentemente per tutti, la libertà di manifestazione del pensiero, di parola, di scritto ed esprimere il proprio pensiero con ogni altro mezzo, e poi la libertà delle scuole. Si tratta di aspetti che il Disegno di Legge Zan per qualche profilo mette a rischio. Perciò non si tratta di contestare o di contrastare la protezione particolare che vuole essere assicurata a determinate categorie di persone. Questa è una scelta politica che evidentemente lo Stato liberamente può fare, né si tratta di impedire all’autonomia dello Stato di legiferare, ma di avvisare, di segnalare che alcuni aspetti della norma verrebbero a ferire, a contrastare con un impegno che lo Stato ha preso.

A quali aspetti si riferisce? In particolare alle garanzie della libera espressione di convinzioni che possono essere legate a valutazioni antropologiche su alcuni aspetti. È particolarmente rischioso se la previsione di norme penali possano limitare la libertà di espressione e di manifestazione del pensiero”.

(S) Se è tutto qui, in sostanza, lasciami dire che trovo più profonde le osservazioni di Pera e di Tarquinio. Pare che tra le preoccupazioni della nota vaticana ci sia anche quella dell’obbligo per le scuole cattoliche di aderire alla ‘Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia’, che verrebbe valutata come una limitazione alla libertà di pensiero e di insegnamento. In ogni caso è giusto il rilievo che fanno molti commentatori: un intervento nei confronti di una legge in fase di formazione è un atto inusitato e forse anche improprio. Passatemi la parola straniera, inventata al tempo del Vietnam: è un’escalation, se non un’atomica, un bombardamento a tappeto. Che cosa lo ha motivato?

(C) Anche qui confesso la mia ignoranza. Magari sarà tutto più chiaro sabato, quando le nostre riflessioni arriveranno sullo schermo dei lettori. Oso però fin d’ora costatare che il fondo dell’intervento vaticano denota sostanziale sfiducia sia nell’azione dei sempre più dispersi politici cattolici di ogni obbedienza partitica, sia nella capacità persuasiva e comunicativa dell’episcopato italiano. Però temo che il rimedio escogitato: sostituirsi ad entrambi, sia peggiore del male: aumenta il rischio di conflittualità cattolici/laici, alza il sospetto di una pretesa egemonica sulla cultura e sulla politica, fa apparire la scuola cattolica come una specie di ‘riserva’, la cui popolazione deve essere preservata artificialmente da contaminazioni con i problemi della modernità, suscitando il sospetto di non accettare pienamente i diritti di minoranze, che devono essere giustamente tutelate anche quando numericamente esigue, li innalza a norma moralmente superiore. Ma il rischio ancora maggiore è quello di far apparire il Concordato non come uno strumento di lavoro per la creazione del bene comune, ma come un privilegio inattuale ed odioso.

(O) Occorrono chiarezza e dialogo. Di certo non ha giovato la diffusione, credo inattesa se non peggio, della natura del documento e non del documento stesso. Voglio però mettermi dalla parte dell’ottimismo e pensare che nulla accade per caso e che quella che oggi può apparire come una forzatura si riveli invece un’occasione. Si dice così di ogni crisi, attenzione a non sprecarla.

(C) Fortunatamente il prossimo passaggio è nelle mani del Presidente Draghi, di cui nel momento in cui scriviamo non conosciamo la risposta; posso solo immaginare che separerà le responsabilità del Governo da quelle del Parlamento e cercherà di favorire così una ripresa di dialogo nella sede propria, prima la Commissione Giustizia, poi l’Assemblea del Senato. Penso che sia possibile trovare una soluzione sostanzialmente equilibrata e giuridicamente precisa. Ma per la Chiesa Cattolica resta un problema: chiarire le proprie ragioni e comunicarle, soprattutto nei confronti delle giovani generazioni; il problema educativo appare sempre più drammaticamente irrisolto.

(S)Sebastiano Conformi (O)Onirio Desti (C)Costante

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