Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Sport

RIVOLUZIONE MOSER

CESARE CHIERICATI - 25/06/2021

moserFrancesco Moser, settant’anni appena compiuti con giovinezza, ha lasciato nel mondo del ciclismo un’impronta profonda e visibile. Per il numero di vittorie ottenute in quindici anni di strepitosa carriera: ben 273 in totale, davanti a lui solo l’inarrivabile Eddy Merckx (426) e un altro grande atleta belga anni ‘60, Rik Van Looy (379). Un albo d’oro quello del trentino di Palù di Giovo impreziosito da tre Parigi – Roubaix, due Giri di Lombardia, una Freccia –Vallone, una Gand –Wewelgem, una Milano –Sanremo, un mondiale su strada (1977), un mondiale dell’inseguimento su pista (1976), un Giro d’Italia (1984), corse a cronometro in serie, tappe di Giri e Tour a mazzi. Per dovere di cronaca anche due vittorie alla Tre Valli (1976 – 1978).

Infine a quasi 33 anni l’impresa destinata a cambiare per sempre il ciclismo, il record dell’ora sulla pista in legno di Città del Messico. Un ‘impresa maturata nell’intervallo di soli quattro giorni (19 – 23 gennaio ‘84) percorrendo rispettivamente in un’ora 50,808 km. e poi 51,151. Il limite, ritenuto invalicabile, fissato dodici anni prima da Merckx (49,432), venne letteralmente polverizzato. L’intero mondo del ciclismo, ancorato saldamente alle proprie obsolete convinzioni tecnologiche, guardò dapprima con diffidenza a quella performance scintillante che scatenò dubbi e illazioni di ogni genere. “Non feci nulla di cui dovessi vergognarmi, c’erano regolamenti precisi e noi tutti ci attenemmo a quelli”, ha sempre argomentato il campione trentino. Regole che, per esempio, non proibivano l’autoemotrasfusione in seguito assolutamente vietata.

In realtà con il passare del tempo si è sempre più capito che quell’impresa era l’esito previsto e felice di una collaborazione, mai sperimentata prima, tra tecnici e scienziati di discipline diverse che trovarono nel ruvido Francesco l’atleta di altissimo rango disposto a mettersi in gioco nella speranza di ottenere risultati che avrebbero si ridato lucentezza al suo albo d’oro, ma anche grande risalto a studi e ricerche scientifiche rimaste a lungo confinate nei cassetti di un mondo ciclistico avvitato su se stesso e chiuso al cambiamento.

Pochi lo ricordano ma quel record, che ha cambiato per sempre la disciplina delle due ruote, ebbe anche una decisiva componente varesina. Le ruote lenticolari, un’assoluta novità tecnologica, furono messe a punto, se la memoria non ci inganna, anche con il concorso della Logos Compositi di Somma Lombardo che all’epoca lavorava in campo aerospaziale di concerto con i professori Dal Monte e Conconi, con l’indimenticabile medico Enrico Arcelli, con Aldo Sassi e il gruppo Also Enervit. Mesi e mesi di prove e contro prove, di indagini fisiologiche a tappeto, di sperimentazioni nella galleria del vento, di ripetute ascese dal lago di Varese in cima alla salita della Cartabbia, maligna al punto giusto per testare le condizioni del fuoriclasse della Val di Cembra.

L’ora di Moser fu una sorta di “liberi tutti” scatenando una corsa tecnologica folle. A più riprese il record venne migliorato da professionisti di sicuro livello sempre più agevolati però da bici che erano ormai parenti lontane di quelle classiche da pista, Al punto che la Federazione internazionale nel 2000 intervenne declassando i record stabiliti, facendo ricorso a una sorta di “doping meccanico”, a semplice “migliore prestazione umana mondiale”. Merckx riebbe così il suo record dell’ora (1972) stabilito con un classica bici da pista, firmata Ernesto Colnago.

Una distinzione che fece momentaneamente chiarezza ma che non poteva fermare la scienza. Da anni infatti le bici omologate per il record dell’ora sono un compromesso onorevole, – definito da limiti e specifiche meccaniche ben precise – tra quelle tradizionali e la continua evoluzione di quelle inaugurate durante l’avventura messicana di Moser. Venne inoltre imposta una distinzione netta tra i record stabiliti in altura e quelli ottenuti a livello del mare. A livello del mare il record è oggi nelle mani del forte cronometrista belga Victor Campenaerts (55,098 km.) stabilito il 6 giugno 2019. Quello dell’ora, anche se attualmente un po’ in ombra per gli investimenti e lo sforzo atletico che richiede, resta un primato di assoluto prestigio. C’è da sperare che un formidabile passista come Filippo Ganna lo metta prima o poi in agenda. Nessuno meglio di lui può, al momento, aspirare all’eredità di Moser. Non solo in pista e contro il tempo.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login