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Artemixia

VITA DA FUNAMBOLI

LUISA NEGRI - 24/09/2021

Philippe sulle Twin Towers

Philippe sulle Twin Towers

Con “quella faccia da straniero”, occhi azzurri e capelli fulvi, era arrivato là, nel cuore della Grande Mela, con uno scopo ben preciso. Ma tutto sarebbe dovuto avvenire nella clandestinità. E con la complicità di pochi, geniali e coraggiosi sodali. La sua ragazza, un amico fotografo, un matematico e un esperto di elettronica.

L’impresa era da matti. Si trattava di compiere una traversata su di un cavo di acciaio teso tra due grattacieli. Perché lui, Philippe Petit, francese, era un funambolo, metà pirata e metà artista, per dirla di nuovo con le parole di Bruno Lauzi.

Arrivava dalla Francia, dove aveva già camminato su di una fune da una torre all’altra della cattedrale di Notre Dame.

Ma che lo fosse, un funambolo, lui voleva dimostrarlo partendo dalle Twins, le Torri Gemelle, un simbolo tra i più alti nel Mondo dove- sentiva ripetere- la Libertà ha il primo posto. Solo lì si sarebbe sentito finalmente appartenere alla categoria. Dopo un’adolescenza da girovago, inseguito dalla gendarmerie che aveva ripetutamente sequestrato il suo monociciclo e non ne gradiva le performances da prestigiatore e equilibrista di strada. Soprattutto lo colpiva l’indifferenza della gente per le imprese da lui compiute. Come non le avesse fatte.

Alla fine, avrebbe vinto lui.

Era riuscito, con l’aiuto dei suoi, a tirare il cavo coprendo la distanza tra le due torri, a camminarci sopra: un percorso rifatto otto volte, avanti e indietro, senza riparo alcuno, senza sosta, per 45 minuti, tenendo col fiato sospeso chi lo seguiva da sotto. Permettendosi anche il lusso di inginocchiarsi sulla fune: per omaggiare le due colossali torri e il suo pubblico. A poco a poco s’era formata, 420 metri e oltre più sotto, una folla commossa, plaudente, entusiasta. Compresi i poliziotti, che dovettero comunque compiere il loro dovere di arrestarlo, dopo averlo visto finalmente mettere piede, al sicuro, sul tetto di uno di due edifici. Era il 7agosto 1974.

Ma noi, noi ce la ricordavamo, e l’avevamo capita l’impresa di Philippe? Forse no, se non ci fosse stata riproposta di questi tempi da televisioni e giornali, nella rievocazione tragica dell’abbattimento delle Torri per mano dei terroristi, il 2 settembre del 2001, vent’anni fa.

The Walk, film bellissimo di Robert Zemeckis (2015) ispirato dalle memorie scritte di Petit, interpretato da Joseph Gordon-Levitt, ci riporta inevitabilmente tutti a quel devastante giorno, allo spartiacque che ferì a morte il World Trade Center. Ma il racconto della performance solitaria di Philippe tra le nuvole, nel ’74 -quasi un angelo sopra le torri- rimarrà collocato per sempre nell’arte e nella storia.

Oggi ci accorgiamo che siamo ancora tutti lì proprio con Philippe, che ci ha raccontato e mostrato in positivo, da artista, quello che non sapevamo vedere prima e quanto ancora avremmo dovuto vedere nel dopo, in negativo: l’incognita del nostro procedere, tra bene e male, che non ha avuto e mai avrà fine. Siamo tutti sospesi sopra quel vuoto, piccoli uomini nella lente dell’occhio degli altri, ignari del presente forse ancor più che del futuro. Incerti, desiderosi di coraggio e di sogni, di conferme e di promesse, bisognosi di comprensione e di amore. Possiamo decidere di andare avanti e ritornare indietro e poi di nuovo ricominciare, provando paura o euforia. Toccando il cielo o l’abisso.

Perché siamo tutti funamboli. Ci flagellano venti e acque sempre più impetuose, fuochi ingordi di divorarci in estati roventi, la vita sta diventando ogni giorno drammatica avventura. O forse, ce ne eravamo dimenticati, è sempre stata così. E incendi e acque e venti imperversano in senso reale e in senso metaforico, ovunque il nostro cammino di uomini ci porti.

E allora la differenza sta nello scegliere: di essere scimmie, che saltano da un ramo all’altro, o persone che perseguono il loro progetto puntando con serietà alla meta prefissa, passo dopo passo, decidendo di non arrendersi mai.

Ha scritto Petit nel suo Trattato di funambolismo, che “I limiti esistono solo nell’anima di chi è a corto di sogni”.

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