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Parole

SONO TORNATI

MARGHERITA GIROMINI - 01/10/2021

Il più bel regalo di questo periodo di riaperture è stato, è il sorriso dei ragazzi dei Fridays for Future che sono tornati a riempire le piazze dopo mesi di chiusure causate dalla pandemia.

Invito il lettore a dare un’occhiata alle foto e ai video delle manifestazioni che si sono svolte nel nostro paese, ben 180.

Qui hanno sfilato numerosi, felici, quasi tutti dotati di mascherina, in molti già vaccinati (questo lo dicono le statistiche), ovviamente assembrati quando non abbracciati, inevitabilmente, come risposta all’isolamento subìto.

Nel periodo nero dei lock down e delle restrizioni sociali, i giovani li avevamo potuti seguire solo attraverso le descrizioni degli adulti: genitori, nonni, parenti, insegnanti, tutti preoccupati per l’impatto del virus sul loro percorso di crescita.

Abbiamo letto e sentito molto: dalla descrizione delle malefatte di quelli esasperati dalla solitudine coatta, costretti per ore e ore a compulsare alla luce innaturale degli schermi dei laptop e dei cellulari, agli allarmi e ai consigli – purtroppo scarsamente efficaci – forniti da pedagogisti, psicologi ed esperti di ogni sorta, in difficoltà nel predire quali e quanti strascichi si sarebbero manifestati nelle giovani generazioni a fine pandemia.

Venerdì 24 settembre giovani e giovanissimi sono tornati numerosi con i loro cartelli, molti dei quali nuovi, per riappropriarsi della protesta iniziata due anni or sono, quando erano capeggiati dalla giovane Greta Thunberg nel frattempo divenuta maggiorenne.

Sarebbe riduttivo affermare che hanno ripreso dal punto esatto in cui li aveva bloccati la pandemia.

Perché nel movimento che unisce migliaia di manifestanti di tante città del pianeta balza evidente l’evoluzione della protesta giovanile sul clima, rinata oggi più potente sia nei temi sia nei metodi, effetto in parte dovuto all’entusiasmo per la recuperata socialità e in parte alle evidenze della crisi climatica, mai come quest’estate apparsa nella sua piena drammaticità.

I nuovi striscioni contengono slogan pesanti come “Uproot the system, SRADICHIAMO IL SISTEMA”, che implica molto più di quello che veniva scandito nei cortei del ’68.

Lo sanno e lo dicono i giovani manifestanti con la chiarezza e il coraggio che a noi mancano: siamo di fronte a una minaccia senza precedenti per la salute, la nutrizione, l’educazione, lo sviluppo, la sopravvivenza e il loro potenziale. È l’Unicef che lo dichiara.

Le loro voci, i canti, i passi per le strade del pianeta accompagnano con il sorriso parole davvero dure. “Non abbiamo un pianeta B”, “Ci state rubando il futuro”.

Che ci siano schiere di giovani decisi a lottare per il pianeta è un segnale di speranza: sarà il loro impegno a permettere all’umanità di guardare avanti.

Il cartello “Il futuro senza futuro” è un inquietante presagio rivolto soprattutto ai governi che forniscono scarsi contributi alla causa ambientale.

Questi ragazzi, con la loro determinazione e la loro allegria, ci ricordano che dobbiamo darci una mossa perché il tempo per cambiare le cose appare ridursi inesorabilmente.

Scrive Henrietta Fore, direttrice esecutiva dell’Unicef: “I bambini e i giovani devono essere riconosciuti e ascoltati come i legittimi eredi di questo pianeta che condividiamo. La loro è la prospettiva più importante in questa crisi”.

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