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Lettere

NON È VILTÀ

- 11/10/2021

Caro Direttore,
per una volta – la prima, credo – non sono d’accordo con te.
Mi riferisco al tuo editoriale del 1/10, Viltà, in cui affronti il problema dell’astensionismo elettorale.
Ti confesso che ero fortemente tentata di non andare a votare, ma per nessuna delle motivazioni da te addotte. Se vorrai, potrò anche fornirti un elenco dettagliato dei fatti che hanno provocato in me una profonda delusione, ma qui vorrei sottolineare un’altra cosa: quando l’astensionismo raggiunge livelli vicini al 50%, non serve – o meglio, è controproducente – liquidare il fenomeno come vile qualunquismo. Bisogna analizzarne a fondo le cause e capire da dove nasce il malcontento. Astenersi non è sempre viltà, ma spesso è l’espressione di una protesta. Che sia o non sia sterile dipende solo da chi esercita il potere.

Chi amministrerà la città dovrà ascoltare i cittadini, i loro problemi, le loro richieste e cercare di risolverli. Qualora non fosse possibile risolverli, dovrà spiegarne i motivi, se vorrà che la prossima tornata elettorale non registri astensioni ancora maggiori.

Io credo di essere sufficientemente informata ed interessata, eppure la tentazione di non andare alle urne è stata forte: alla mia età – mi sono detta – ho il diritto di essere stanca di votare per il meno peggio “turandomi il naso”. Poi, consapevole del fatto che nessuno avrebbe seriamente tenuto in considerazione questo atteggiamento protestatario, ho dato ascolto, ancora una volta, al senso del dovere. Ed è ciò che farò anche per il ballottaggio. Purtroppo.

Scusa per lo sfogo e accetta il mio cordiale saluto.

Con la stima di sempre

Gioia Gentile

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