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Opinioni

INCOMPRENSIBILE

ROBERTO CECCHI - 17/12/2021

16dicembreHa fatto impressione, in un momento come questo, sentir parlare di sciopero generale. Proclamato a breve, nonostante le obiezioni della speciale Commissione di garanzia, e finito con scarsa adesione.

Ha fatto impressione perché siamo all’interno di una crisi epocale che è politica, sociale, economica e ovviamente sanitaria, da cui stiamo uscendo a fatica. Molto meglio di altri, nonostante tutto – almeno sembra – perché abbiamo applicato con giudizio i protocolli per far fronte alla pandemia. Mentre sul piano economico siamo addirittura ai vertici della ripartenza, con una crescita del 6,1%, che ci colloca al terzo posto del G20, molto oltre quel che han fatto altri in Europa, compresa la “locomotiva” tedesca. Segno che siamo stati capaci di riorganizzarci in fretta e con efficacia.

Fa impressione parlare di sciopero generale, anche perché, a occhio, sono state stanziate risorse imponenti proprio per fronteggiare le situazioni meno garantite, quelle delle persone che già soffrivano per la mancanza di sostegni e le altre che si son trovate ad affrontare difficoltà impreviste. Per questo, è stato rifinanziato un reddito di cittadinanza rivisto e corretto. Ed è stato varato l’assegno unico per le famiglie meno abbienti, mentre il taglio fiscale di sette miliardi è stato destinato a lavoratori e pensionati. Sono state stanziate anche risorse ingenti per calmierare il caro bollette ed è stata finanziata la sanità con tre miliardi di euro. È stata messa in moto una riforma degli ammortizzatori sociali, con altri tre miliardi, per sostenere chi, in questi due anni, ha lavorato per periodi brevi, insieme a delle agevolazioni per il mutuo ai giovani con meno di 36 anni.

Dunque, è difficile comprendere le ragioni di questo sciopero generale. I sindacati che lo propongono, CGIL e UIL, lo motivano col fatto “che gli 8 miliardi [disponibili dovrebbero andare] per intero a rafforzare i salari e le pensioni a partire dalle più basse, con maggiori detrazioni e decontribuzioni, perché l’85% circa di lavoratori e pensionati sta sotto i 35mila euro”. A cui si aggiunge l’incapacità del governo di realizzare “una riforma fiscale e delle pensioni, una politica industriale e per il superamento della precarietà. Scioperiamo perché ci siamo trovati di fronte non a una possibilità di trattativa, ma a decisioni già prese, senza margini.” (Landini, Avvenire, 10.12.21).

L’obbiettivo delle critiche che stano a fondamento dello sciopero generale, però, non sarebbe il governo e il suo presidente del consiglio, ma i partiti che non hanno voluto sentire le ragioni del sindacato. L’obbiettivo, quindi, sembrano essere i componenti della maggioranza e la sua incapacità di accogliere l’idea di una piccola modifica dei redditi più alti, e questo darebbe la misura “della distanza che c’è fra l’attuale quadro politico e la condizione sociale reale del Paese. È un segnale molto grave, da non sottovalutare. È, in fondo, lo stesso malessere che porta più del 50% ad astenersi alle urne” (ibid.). Dunque, un sindacato che cerca di farsi interprete delle pulsioni del Paese e tenta di scrollarsi di dosso anni di delegittimazione.

Quindi, le intenzioni non sarebbero del tutto sconclusionate come sembrano. Il fatto è che i tempi sono completamente sballati. È come se il Maradona dei bei tempi avesse sbagliato il momento di calciare di controbalzo. Avrebbe “ciccato” sempre il pallone. Come il sindacato, che prima d’imbarcarsi in operazioni del genere, dovrebbe ragionare su tempi e modi e comprendere che “la rappresentanza politica è un’operazione complessa, frutto non di una domanda prepotente, che procede dal basso verso l’alto, ma di un’offerta sapientemente costruita dall’alto verso il basso, seppur sfruttando le esperienze di vita dei rappresentati” (Mastropaolo, 2018). Cogliere il momento è un’arte (nell’accezione più ampia di questo termine) e non s’improvvisa nemmeno se sei la Cgil.

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