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Attualità

MIRAGGIO FERRATO

CESARE CHIERICATI - 23/12/2021

trenoC’è un mantra che attraversa trasversalmente la politica varesina, il mondo produttivo, quello sindacale e quello mediatico ed è invocato ogniqualvolta si parla dei collegamenti ferroviari con Milano, in particolare di quello, da sempre inesistente salvo qualche effimera eccezione, con la Stazione Centrale. L’approdo diretto in piazza Duca d’Aosta tra i capoluoghi lombardi è negato solo a Varese, gli altri, più o meno velocemente, ci arrivano invece tutti. E ciò è indubbiamente un vantaggio di rilievo perché una volta approdati nell’imponente mausoleo ferroviario milanese si può poi ripartire per ogni dove del bel paese senza affrontare faticosi trasferimenti da altre stazioni cittadine. Come accade invece ai varesini e ai varesotti che devono sobbarcarsi i metrò 1 e 2 a seconda che sbarchino a Cadorna o a Porta Garibaldi. Se poi si è gravati di qualche bagaglio il taxi è d’obbligo come una tassa.

A penalizzare i viaggiatori bosini sembra influire paradossalmente proprio il fatto di poter in effetti contare da un secolo e mezzo su ben due linee regionali storiche: Rfi (quelle dello Stato) datate 1865 e le Nord datate 1886. Ma come, Varese si lamenta, rivendica un approdo in Centrale – dicono i manager ferroviari meneghini – e fa finta di non sapere che ogni giorno risulta la provincia meglio collegata con Milano con 174 corse sommando le linee Fn via Saronno e Rfi via Gallarate. Lo ha messo nero su bianco sulla Prealpina un paio di mesi fa l’ingegner Giorgio Spadi, Direttore Operativo di Trenord. Aggiungendo anche che tra Busto Arsizio e Milano le corse giornaliere intermedie sono 292 e 470 quelle tra Saronno e la stessa Milano. I tempi di viaggio Milano – Varese vanno ufficialmente dai 52 minuti dei Regio Express ai 72’ dei treni delle linee suburbane S5. Convogli regionali che viaggiano a velocità medie in linea con quelle delle ferroviarie europee, afferma il manager. E aggiunge perentorio che neanche con massicci investimenti infrastrutturali è possibile ridurre i tempi di percorrenza a 30-35 minuti come chiedono invece a gran voce gli amministratori locali. Ben che vada – annota Spadi – si potrebbe scendere a 45’ perché la densità delle corse, il numero rilevante delle fermate intermedie e la velocità commerciale media sono vincoli non modificabili. Neppure con il superamento dell’imbuto storico Rho – Gallarate, il primo braccio ferrato costruito verso Nord, affollato da decenni da treni regionali, nazionali, internazionali e merci in perenne e precario equilibrio di orario e di guasti. Una tratta che si snoda ormai all’interno di un territorio altamente urbanizzato, una trincea di edifici cresciuta ignorando norme e buon senso, il che complica moltissimo il potenziamento degli impianti e suscita la comprensibile ostilità di molti residenti. Neppure il totale quadruplicamento della Rho – Gallarate permetterà di aumentare la frequenza di convogli veloci tra Varese e Milano separando quelli rapidi da quelli suburbani. Al massimo – sostiene Spadi – si potranno risparmiare una decina di minuti, la metà di quanto chiede la politica locale. Nei prossimi mesi le aspirazioni di velocità e di approdo in Centrale di almeno alcuni treni provenienti dall’Insubria varesina, andranno puntigliosamente verificate con i tecnici delle ferrovie. Per sapere cosa è realistico attendersi nel medio periodo e per non inseguire miraggi ferrati, utili di sicuro alla propaganda di partiti e movimenti ma non ai cittadini. È infine evidente che gli investimenti di cui si è accennato sono un tassello fondamentale della mobilità ferrata varesina che va però inserito in un quadro più ampio che comprende anche un ripensamento dei collegamenti di prossimità come la Malnate -Varese – Laveno delle Nord e la riorganizzazione degli accessi con mezzi pubblici e privati alle stazioni finalmente integrate dal profilo funzionale e ricollocate nel contesto urbano cittadino dopo quarant’anni di incuria e degrado.

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