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Politica

SFIDUCIA DI OGGI, BUIO DI IERI

GIUSEPPE ADAMOLI - 07/01/2022

Scalfaro, Presidente della Repubblica nel 1992

Scalfaro, Presidente della Repubblica nel 1992

La prossima elezione del Presidente della Repubblica sarà delicatissima come sempre.
Niente però a che vedere con alcune elezioni del passato fra le quali la più drammatica fu quella del 1992 culminata al sedicesimo scrutinio con la nomina Oscar Luigi Scalfaro il 25 maggio. A quello straordinario evento partecipai anch’io in rappresentanza di Regione Lombardia.

Francesco Cossiga aveva dato le dimissioni due mesi prima della scadenza naturale in polemica con i partiti per il loro immobilismo sulle riforme di sistema anche dopo la caduta del muro di Berlino e la fine dell’Unione sovietica.

Di fatto le elezioni del 5 aprile 1992 videro la Dc confermarsi di gran lunga come primo partito con il 30% anche se con la perdita del 4%. Il Psi con il 14% lasciava sul campo l’1,2% e il PDS addirittura il 5% fermandosi al 16%. E intanto esplodeva la Lega di Bossi con il 9%.

Questa sopravvenuta debolezza del sistema di potere aveva dato “coraggio” alle procure italiane, soprattutto a quella milanese, che colpevolmente avevano lasciato correre troppe cose sbagliate come avrebbero successivamente dimostrato le loro stesse indagini.

All’appuntamento presidenziale del 1992 la Dc, ancora il partito guida, si presentava praticamente con due candidati, quello ufficiale Arnaldo Forlani che ne era il segretario, e il capo del governo Giulio Andreotti che tramava nell’ombra. I due si elidevano a vicenda mentre Bettino Craxi, l’altro uomo forte della politica e leader del Psi, ambiva soprattutto al ritorno a Palazzo Chigi.

La candidatura di Forlani fallì dopo il secondo tentativo per mano dei franchi tiratori capeggiati appunto da Andreotti. A seguito di questo insuccesso furono fatti vari nomi, alcuni davvero eccellenti e lo stimatissimo Giovanni Vassalli, proposto dai socialisti, fu mandato spiacevolmente allo sbaraglio senza nessuna rete di protezione.

Mi ricordo una cena in tarda serata con Martinazzoli e una ventina di amici della sinistra Dc: la sensazione era di sconcertante impotenza. La mia posizione di presidente del gruppo regionale della Dc, chiamato con insistenza e all’unanimità a questo incarico (fatto del tutto inconsueto), mi conferiva il grado più alto fra gli eletti sia di Milano che della Regione. Questo mi rendeva ancora più turbato per la tangentopoli che si stava aprendo nella prima regione d’Italia.

In questa situazione arriva, il 23 maggio, la tragica notizia della strage di Capaci e dell’assassinio di Giovanni Falcone. L’aria si fa cupa, irrespirabile, piena di paure. La soluzione istituzionale sembra l’unica via d’uscita: il presidente della Camera Scalfaro o il presidente del Senato Giovanni Spadolini, eletti entrambi qualche settimana prima? Scalfaro presiede le sedute e commemora Falcone con un discorso rassicurante sull’evoluzione dell’assetto politico e viene eletto il 25 maggio a grande maggioranza. La prima Repubblica sta per finire ma nessuno sa cosa ci sarà dopo.

La fase repubblicana che stiamo vivendo ha molte magagne e l’incertezza regna sovrana a qualche settimana dal voto del Parlamento ma siamo ben lontani da quell’inquietante maggio 1992. Chi mostra totale sfiducia verso l’Italia di oggi dovrebbe ricordare i momenti molto bui del passato prima di una passiva rassegnazione.

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