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Urbi et Orbi

ROMA CAPOCCIA

PAOLO CREMONESI - 07/01/2022

Il presepe in piazza san Pietro

Il presepe in piazza san Pietro

Con i nipoti la tradizionale passeggiata natalizia per Roma. Lungo strade sconnesse, ancora larghe chiazze d’acqua dopo giorni di pioggia ininterrotta; dal cielo un pallido sole cerca di bucare le nuvole bianche senza però riuscire a scaldare. In strada poca gente. Turisti ancor meno: mancano soprattutto i russi e i cinesi. La nuova fase dell’epidemia ha portato nella capitale una valanga di disdette. Chi arriva si ferma al massimo due notti per paura di sostare a lungo in luoghi condivisi: il 40 per cento degli alberghi è ancora chiuso.

La prima tappa è in piazza San Pietro. Quest’anno il presepe arriva dalla regione Huancavelica del Perù. La natività è composta da una trentina di statue realizzate da artisti andini e ricorda i duecento anni dell’indipendenza del Paese.

Nella sacra rappresentazione le statue del Bambino Gesù, della Vergine Maria, di San Giuseppe e dei pastori sono realizzate a grandezza naturale con materiali come ceramica, legno maguey, vetroresina e vestite con i tipici costumi della città di provenienza, Chopcca. I Re Magi hanno nelle bisacce alimenti locali come patate, quinoa, kiwicha, canihua, e sono accompagnati dai lama che portano sul dorso una bandiera peruviana. Nel presepe trovano spazio anche statue di altri animali appartenenti alla fauna locale: alpaca, vigogne, pecore, vizcachas e parihuanas. Scelta coraggiosa e ovviamente poco occidentale. I nipoti tempestano di domande: «cos’è questo, cos’è quello» e occorre essersi preparati per rispondere.

L’albero invece è meno impegnativo, arriva da Andalo nelle Dolomiti. È un maestoso abete rosso, alto 28 metri dell’età di 113 anni. Le luci sono a basso impatto ambientale e le decorazioni dei rami realizzate da artisti trentini. Tra pochi giorni, una volta smantellato, saranno donate ai bambini del reparto oncologico dell’Ospedale Bambino Gesù.

Da un abete all’altro. Ci spostiamo in bus a piazza Venezia. Qui la giunta Gualtieri è stata ben attenta a non sbagliare il primo passo. L’erede di “Spelacchio” è alto 23 metri con 800 palline e ha un diametro di 30 centimetri. La novità è costituita da diciassette pacchi giganti posti alla base dell’abete che simboleggiano gli obiettivi di sviluppo sostenibile che l’Onu vuole perseguire.

Pochi passi più in là e siamo alla base del Vittoriano. Qui, nonostante viviamo nella capitale da tanti anni, ci mettiamo in fila per una visita che ancora mancava: la panoramica dalla cima dell’edificio.

Dopo una attesa di una mezz’oretta e una cifra non proprio modica (12 euro ad adulto) accediamo ai due ascensori che dal retro raggiungono il tetto del monumento ad una altezza di 81 metri da piazza Venezia. Le cabine partono dal basamento intermedio del palazzo, al livello del colonnato, e coincidono col piano di ingresso della Basilica di Santa Maria in Aracoeli. Gli ascensori sono racchiusi in un involucro semicilindrico di cristallo e acciaio, staccati dal monumento. All’ arrivo, dopo soli quaranta secondi, una comoda rampa conduce alla terrazza.

E che vista! Colosseo, Fori, Quirinale a due passi. Poi via del Corso e le chiese del centro storico, ad est San Pietro, Monte Mario e la Farnesina. I quartieri: Parioli, Prati, Trionfale, Eur, via Merulana con Santa Maria Maggiore e poi San Giovanni. Seguendo con gli occhi il Tevere arriviamo al Ghetto e poi ad ovest a San Paolo fuori le mura e, dopo, ad immaginare il mare dietro i pini, mentre a sinistra in alto si vedono le sagome dei monti abruzzesi innevati.

Una scoperta: leggermente più bassa della cupola di San Pietro ma superiore per vastità di visuale, la terrazza permette di abbracciare la capitale con un unico sguardo e soprattutto, se verso l’ora del tramonto come a noi è capitato, di riappacificarsi con questa città eterna che tanto si paga in termini di vita quotidiana ma che si riscopre nella sua unicità in rari momenti di lucidità. Come in tutte le cose bisogna fare la fatica di alzare lo sguardo: quanto sei bella Roma!

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