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Politica

GUARDIAMO AVANTI

GIUSEPPE ADAMOLI - 21/01/2022

costituzioneLa domanda per il futuro è questa: se il Presidente della Repubblica è così importante, e lo è, perché dovrebbero eleggerlo solo i grandi elettori e non il popolo italiano?

Anche in questa occasione si è evidenziata la distanza fra Palazzo e cittadini: il primo, inteso come politica, classe dirigente e media, pienamente coinvolti nella vicenda presidenziale; i secondi molto tiepidi a detta dei sondaggi.

Non si tratta però solo di mettere in discussione il modo di eleggere il Presidente ma anche le sue funzioni. I costituzionalisti sono per lo più d’accordo che i suoi poteri si dilatano nei periodi di debolezza del sistema parlamentare in linea con la Costituzione. È ciò che abbiamo osservato sia con Napolitano che con Mattarella e ciò che vedremo con Draghi o con un’altra personalità al Quirinale, ma pur sempre dentro limiti rigidi.

È ormai maturo il tempo di riflettere se non si debba cambiare il nostro modello istituzionale conferendo al Presidente anche funzioni di diretta rappresentanza dello Stato nei vertici europei e mondiali e di guida di un governo pur dotato del suo presidente del Consiglio come avviene in Francia. È un’idea che circola nel Paese e l’esperienza insegna che il ferro va battuto quando è ancora caldo.

Questa ipotesi in realtà si è spesso affacciata sull’uscio del Parlamento ma poi quasi subito abbandonata. Se si vuole chiarire a tutti il bivio davanti al quale ci troviamo è necessario mettere le carte in tavola e chiamare gli italiani al confronto in un modo assai esplicito e concreto. Per fare questo sarebbe necessario presentare un progetto di legge, discuterlo in Parlamento e, se approvato, sottoporlo ad un referendum popolare.

Non vedo altre strade per coinvolgere tutti nel tentativo di superare la diffidenza, l’astensionismo, la sfiducia verso il sistema politico di cui il cittadino non si sente affatto arbitro. Lasciare inevasa questa domanda di partecipazione potrebbe portare all’ulteriore peggioramento del sentimento di estraneità che troppi elettori provano. Forse da qui potrebbe partire la riforma sostanziale degli stessi partiti.

Mi ero battuto con impegno ed entusiasmo per la riforma costituzionale del 2016 poi bocciata dal referendum perché ci credevo e perché pensavo che sarebbe stato un incoraggiamento a proseguire verso altre riforme più incisive e decisive, o almeno arrivare a chiedere agli elettori di esprimersi dopo una larga riflessione.

L’esito di quel referendum rischia di essere stato la pietra tombale su qualsiasi tentativo di riforma costituzionale. Mi auguro proprio che ciò non si verifichi.

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