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Politica

CHIAREZZA

EDOARDO ZIN - 04/02/2022

mattarellaIl senso di responsabilità e di rispetto delle decisioni m’impongono di non sottrarmi ai miei doveri che devono prevalere su altre considerazioni d’ordine personale”.

A Sergio Mattarella va la riconoscenza di tutto il Paese, la gratitudine per aver accettato un incarico gravoso, va riconosciuto il pegno che le istituzioni devono saldare allontanando rabbia, delusioni, perfino vergogna e che i cittadini dovranno contraccambiare nel momento della scelta dei loro rappresentanti al Parlamento.

Sì, perché una fase della storia della nostra Repubblica si è conclusa con la sfilata dei capigruppo della maggioranza dei partiti e dei presidenti di tutte le regioni che si sono recati dal Presidente uscente a pregarlo, ad invocarlo di rimanere non essendo capaci di eleggere una persona autorevole, onesta e competente a cui poter affidare l’unità della Repubblica. Si dice che questo sia frutto dell’antipolitica. No, è il frutto dell’antipartitica. La politica è l’insieme delle ragioni per ubbidire e per ribellarsi, mentre abbiamo assistito allo spettacolo di “idioti” (come i greci chiamavano i non adatti alla politica!) che non sapevano chi candidare, ossessionati per proteggere interessi di casa propria, disubbidienti perfino ai loro capibastone e insensibili alle richieste impellenti della gente. Hanno creato confusione intrecciando la nomina del Presidente con l’avvenire del governo: sono così miopi da non saper distinguere per poi unire. Hanno portato alla berlina competentissimi tecnici, pur sapendo che non basta essere legulei per guidare un Paese, ma occorre essere esperti in umanità.

Avrei voluto che, in un atto di estrema umiltà, qualcuno avesse chiesto scusa per aver invocato, più di trent’anni fa, “il vento del Nord” a soffiare contro “Roma ladrona” o a oltraggiare quel tricolore che oggi copre bocca e naso di un cialtrone. Avrei voluto che quell’imprenditore, sceso nell’agone politico nel 1994, trascinando valorosi, seppur ingenui, uomini, dichiarando apertamente che “lui non è un politico” quasi per scacciare da sé un’infamia, si battesse il petto per tutto il male imperdonabile commesso al Paese. Avrei voluto che i seguaci di un imbonitore che condensava il suo audace programma di governo in un “vaffa…”confessassero apertamente le loro colpe irrimediabili e proponessero di cambiare vita e per penitenza s’impegnassero a non chiedere posti di responsabilità.

Desidererei che dall’elezione di Sergio Mattarella nascesse all’interno dei partiti e delle istituzioni un nuovo modo di fare politica: che aumentasse il senso di responsabilità, non venisse meno il dovere morale, che lo scetticismo si trasformasse in partecipazione attiva, la volgarità dei gesti e delle parole si mutasse in rispetto reciproco. Soprattutto vorrei che gli eletti parlassero poco, si trincerassero dietro il riserbo, non esponessero il loro narcisismo davanti ai microfoni e alle telecamere. Perché non sognare di tornare a quella primitiva semplicità, alla politica che ostacola i conflitti, incanalandoli con gli argini della mediazione, del confronto, impedendo che essi crescano al punto di distruggere come un cancro la comunità nazionale? In realtà, dopo l’ebbrezza per uno scampato pericolo o l’acre piacere della vendetta, la politica continuerà con nuove ambiguità, difficoltà, ingiustizie.

Hanno già cominciato: in un momento in cui si dovrebbe dimostrare umiltà per unire idee, visioni del mondo simili, si scagliano invettive l’uno contro l’altro all’interno dello stesso partito e tra partiti che fino a pochi giorni prima giuravano di essere coesi come il cemento; qualcuno andrà ad infoltire il già numeroso gruppo misto; altri investigano per cercare i traditori; i più furbi trafficano per rovesciare il governo; i capi dimostrano la loro incrollabile sicurezza nel loro modo d’agire e già rincuorano gli elettori ad essere ottimisti.

Non è da questi atteggiamenti che nasce la speranza. È con una nuova etica, con una giustizia che tuteli la dignità del cittadino, con il decoro di chi sa di rappresentare un popolo che possiamo guardare al futuro con ottimismo. E sopra di tutto regni la chiarezza nelle scelte perché “la chiarezza è Carità”.

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