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Fisica/Mente

LA CURA

MARIO CARLETTI - 04/02/2022

molnupiravirLa battaglia contro le infezioni (di qualsiasi genere) può essere combattuta a diversi livelli.

Quello dove vale la pena di spendere di più, approfondendo la ricerca per trovare soluzioni che possano essere definitive, è ovviamente il vaccino. La storia infatti ci ha insegnato che una volta isolata la fonte del contagio (ad esempio virus o battere), capito in che modo sia in grado di penetrare nel nostro corpo (ad esempio tramite vettori come le zanzare o per le vie aeree) e come poi attacchi le nostre cellule, si possa cercare di produrre un vaccino che metta il nostro organismo in grado di rispondere agli attacchi in modo positivo e magari anche definitivo (cioè per tutta la vita).

Tutti questi passaggi sono ovviamente complessi hanno richiesto nella storia della medicina sempre tempi piuttosto lunghi ma hanno portato a debellare diverse malattie e ad imporre un calendario vaccinale alle popolazioni proprio con l’obbiettivo di eradicare definitivamente la causa patogena.

Nel caso del virus covid 19 Sars-2 i tempi della ricerca sono stati abbreviati grazie alla comunicazione tra scienziati ed alla tecnologia biomedica che ha fatto passi da gigante.

Nonostante ciò però ci sono stati diversi mesi nei quali l’uomo, in attesa del vaccino, ha cercato di curare i sintomi derivanti dalle infezioni. Molti di voi ricorderanno ad esempio la corsa ai ventilatori meccanici diventati unica risorsa per la sopravvivenza nei casi in cui il virus si è accanito contro i polmoni (vero organo bersaglio).

Molti tentativi sono stati anche fatti dal punto di vista farmacologico perché, se falliamo nella capacità preventiva, dobbiamo avere a disposizioni altre armi che possano debellare o attenuare l’infezione in corsa.

Questo è l’altro livello dove si combatte la battaglia cioè la creazione di farmaci in grado di aggredire l’agente infettante: tra le caratteristiche ideali delle nuove molecole dovrebbe esserci ad esempio bassa tossicità, alta efficacia, bassi costi, facilità di somministrazione etc etc.

Ovvio quindi che abbia fatto scalpore in questi giorni il parere da parte di EMA (Agenzia Europea delle Medicine) all’utilizzo di una compressa studiata e prodotta da una azienda farmaceutica che ha come obbiettivo il trattamento delle infezioni covid-19.

Si tratta di un antivirale denominato Lagevrio o molnupiravir o MK 4482. Questo nuovo farmaco è indicato per adulti che non siano in ossigenoterapia ma che sono ad alto rischio di sviluppare complicanze. Il farmaco dovrebbe essere somministrato tempestivamente vale a dire entro 5 giorni dall’insorgenza dei sintomi. È distribuito in capsule e deve essere assunto due volte al giorno per cinque giorni.

800 mg due volte al giorno di questo farmaco hanno ridotto il rischio di ricovero in ospedale se somministrati entro i primi cinque giorni dall’insorgenza dei sintomi.

Chi è stato trattato ha dimezzato il rischio di ricovero in ospedale e non è andato incontro al decesso come invece è accaduto per 8 soggetti (su 377) trattati con placebo (sostanza priva di principi attivi specifici).

Gli effetti indesiderati, tutti classificati come lievi o moderati, sono stati diarrea, nausea, vertigini e mal di testa.

Il farmaco non è raccomandato in gravidanza o in donne che non usano un metodo contraccettivo efficace. L’allattamento va interrotto durante la terapia e per i 4 giorni successivi.

Questa pillola si aggiunge ad altre terapie già messe in atto come ad esempio gli anticorpi monoclonali od il plasma dei guariti ma ha l’enorme vantaggio di avere una facile somministrazione ed un costo relativo (in commercio in America a 700 dollari per ciclo di terapia, circa 615 euro in Italia che dovrebbero essere a carico del SSN).

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