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Noterelle

WELFARE O CHIMERA?

EMILIO CORBETTA - 10/02/2022

???????????????????????????????Siete mai stati sul balcone del Sacro Monte, quello che si trova sopra la testa del Mosè che guarda verso la quattordicesima Cappella della Via Sacra del Rosario? Davanti a noi il bellissimo panorama della nostra Varese e di tanti altri paesi circostanti, ma oramai talmente vasti che si fondono in un’unica grande città. In giornate limpide, laggiù all’orizzonte si vedono i grattaceli che svettano su Milano.

Praticamente la nostra pianura è tutta intensamente popolata: tanti tanti individui che campano la loro vita bella o faticosa, intrisa di felicità o di pena. Tutti con dentro il desiderio di infinito, tutti con dentro il desiderio di felicità e per sentirsi felici hanno bisogno di benessere fisico, di buona salute. Altri fattori concorrono alla felicità, ma è determinante che il nostro corpo stia bene.

Lo sappiamo tutti, ma “Se il welfare sanitario è una chimera …” come scrive Yuval Noah Harari nel suo saggio “Homo Deus”, come è possibile rispondere alla necessità di benessere di una società dove è importante che la Sanità sia per tutti? Il suddetto welfare deve essere una concreta realtà, valido, efficiente, ben indirizzato verso le cure, la ricerca, la prevenzione.

Perché questo si potesse realizzare, tutti noi – dopo l’organizzazione di più “mutue” di anni fa, – siamo stati inquadrati in una specie di assicurazione statale alla quale dobbiamo contribuire lasciando una notevole fetta della nostra retribuzione lavorativa, che però va anche a coprire altre necessità sociali. È un sacrificio notevole versare questi soldi per noi immersi nelle necessità della vita quotidiana, ma il “gioco vale la candela” perché è estremamente importante essere protetti nei momenti di necessità, avere prevenzione, proteggere la salute. Quando il contributo di chi lavora è insufficiente, viene integrato dalla Amministrazione Statale, ma altri cittadini prudenti, se possono, realizzano assicurazioni supplementari.

Concludendo: il welfare richiede utilizzo di energia economica a cui purtroppo non tutti contribuiscono perché non ne sono in grado (per disoccupazione, malattia od altro) o non vogliono contribuire: e questo mi sembra possa essere definito “un dramma sociale” che si riversa sulle spalle di tutti.

Ecco, partiti dal gustare un bel panorama, fantastico in queste giornate di bel tempo invernale, siamo scivolati in pensieri molto coinvolgenti anche se espressi in modo ingenuo: la bella vista non c’è quasi più, ci sono i problemi degli umani che popolano il paesaggio, che si arrabattano a risolvere difficoltà quotidiane lavorando su macchinari talvolta pericolosi, progettando su computer, cercando di progettare e concludere importanti affari, e così via, immersi in infinite beghe.

Noi abbiamo la vocazione alla felicità, ma questa viene talvolta compromessa dalla nostra stessa sensibilità che si ritorce un po’ contro di noi, spingendoci a enfatizzare gli spunti grami dell’esistenza. E la situazione è un po’ paradossale perché è proprio lei, la sensibilità, che ci permette in altri momenti di apprezzare il bello, elemento fondante per la nostra cultura.

Purtroppo il suddetto welfare, spiegato prima un po’ grossolanamente, sembra essere incamminato verso la chimera: lugubri (sto esagerando?) politici hanno altri progetti e spingono verso soluzioni per la salute simili a quelle di altri paesi – anche economicamente più potenti di noi – dove se non hai soldi non vieni curato, dove non si realizza la prevenzione (non rende economicamente), dove il “singolo”- ma importante sia benestante – conta più della comunità. In questi paesi si è perso il concetto di comunità, intesa come insieme dei singoli, che se ben organizzata e rispettata può risolvere il welfare per tutti.

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