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In Confidenza

L’EREDITÀ

Don ERMINIO VILLA - 10/02/2022

mitezzaLa terza beatitudine è già nel salmo 36 ed è molto simile alla prima: i miti saranno i beneficiari di un’eredità che riguarda la terra. L’oggetto ereditato va al di là della storia.

Normalmente l’eredità è un passaggio da una generazione all’altra ed è un regalo, quindi contiene l’idea di dono, perché esclude la conquista e l’acquisto. Noi raccogliamo quel che altri hanno seminato…

‘La terra’ di cui si parla qui è l’oggetto della promessa di Dio ai nostri Padri. È sinonimo di vita. Era il sogno di popolazioni vagabonde: con la terra potevano fermarsi e costruire case, sposarsi, piantare vigne…

Israele ricevette la terra come dono di Dio – ripetevano i profeti – non con l’uso della forza. E come tale, data in possesso ad un uomo libero, con la sua dignità, era ‘sacra’, perché simbolo della vita data da Dio.

I miti, i poveri sono coloro che non si lasciano trascinare dalle avversità, non rispondono al male col male, ma si orientano verso Dio, affidano a lui la propria causa. In una parola: il mite lascia fare a Dio.

La promessa è la buona notizia: si compiono le promesse fatte ad Israele: ‘Sei un ereditario! Beato te; non devi combattere per conquistare la terra. Puoi essere mite…‘.

Infatti noi ereditiamo la vita eterna, conquistata dal sacrificio di Gesù. Di conseguenza possiamo comportarci da miti, vivere da cristiani, da giusti, da persone che sperano in Dio, senza toni da conquistatore.

Invece è facile raccontare le nostre imprese con termini di guerra: questo è il linguaggio tipico della nostra società violenta e aggressiva.

Ma anche tra noi quante battaglie, quanta concorrenza, perché ragioniamo con mentalità antagonista, vedendo nell’altro qualcuno da battere.

Il mite sceglie di non arrabbiarsi, non si impone con la forza, non è prepotente, perché segue l’insegnamento di Gesù, che invita: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”.

Questa è una virtù di relazione, perché si tratta di controllare emozioni, desideri, tendenze, rispettando sempre e comunque la personalità dell’altro, per quanto differente dalla nostra.

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