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Attualità

DIALOGO SULLA GUERRA

Padre GIANNI TERRUZZI e FABIO GANDINI - 04/03/2022

Liturgia domenicale in Ucraina

Liturgia domenicale in Ucraina

Rai News sta dando le ultime notizie: Kiev si prepara all’assedio. È il primo pomeriggio qui in Italia: dalle finestre del convento di viale Borri entra il prototipo d’una luce primaverile.

Spegniamo il computer e ci ritroviamo come sempre davanti alla scrivania dell’ufficio. Padre Gianni da una parte, il suo giornalista dall’altra. La sapienza e la fede dell’uno, la curiosità dell’altro: sette giorni di guerra diventano pensieri a voce alta.

Questa è la nostra guerra, Padre Gianni? Anche se avviene a 2000 km di distanza?

Siamo in una rete: se viene colpito un nodo, gli altri non restano immuni. E la guerra, per i cristiani, è il male, un male che deve essere definito tale senza tentennamenti. L’interconnessione in cui viviamo fa sì che tutti diventiamo quindi corresponsabili del dovere di arginarlo.

E come è possibile farlo nel nostro piccolo?

In due modi. Il primo non può che essere quello di ritrovare Dio nella nostra esistenza. Mi ha colpito un’intervista a un prete ucraino: a chi gli chiedeva quali fossero le ragioni del dramma che sta vivendo il suo popolo, lui ha risposto, fra le lacrime, di non conoscerne i motivi, ma di sapere con certezza che questi fatti ci avrebbero dovuto rendere consapevoli di doverci «inginocchiare davanti a Dio, con la preghiera», altrimenti ogni cosa poterebbe disintegrarsi. E la preghiera si può tradurre in questo: ricominciamo a far riferimento a Dio, o tutto rischia di cadere nel nulla perché viene a mancare un anello fondamentale che dà senso alla vita.

E il secondo?

La preghiera da sola non basta, serve un impegno. Lo diceva anche Gesù: “Non chiunque mi dice: “Signore, Signore», entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio”. E allora ognuno di noi, anche se impossibilitato a compiere grandi gesta, nel suo piccolo deve intervenire direttamente, deve essere un testimone, deve cambiare. Anche quando sembra impossibile, come per Zaccheo nel Vangelo.

Zaccheo, il pubblicano…

Di più, il capo dei pubblicani. E ricco, molto ricco. Un caso disperato: impossibile per lui salvarsi nella logica religiosa del tempo (considerato un pubblico peccatore) e nemmeno in quella del vangelo: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio”.Eppure Zaccheo alla fine si salva. Si arrampica sulla pianta per vedere passare Gesù e perde così la faccia davanti a chi lo conosce. Gesù ne coglie la curiosità e manifesta la voglia di entrare nella sua casa: anche lui perde la faccia, perché quella è la casa di un peccatore. Da questo doppio perdere la faccia nasce la salvezza: Zaccheo decide di donare ai poveri la metà del suo patrimonio, di restituire “quattro volte tanto” a coloro ai quali ha rubato. La sua vita cambia in un attimo: il caso disperato di Zaccheo, il suo cambiamento, deve diventare emblematico per ognuno di noi.

Anche Putin sembra un caso disperato…

Sembrerebbe di sì, perché pare voler perseverare nel suo disegno a tutti i costi. È però vero che il cambiamento di ognuno di noi può a sua volta cambiare il mondo: se ciascuno nella rete fa la sua parte, il bene passa, mettendo allangolo anche chi non vuol cambiare.

È legittimo che l’Europa dia all’Ucraina le armi per difendersi?

La dottrina sociale della Chiesa afferma che la legittima difesa è giusta: posso contrastare quello che mi viene fatto, seppur con il minimo della forza, uscendo dalla logica dell’ “occhio per occhio…”. Certo, c’è chi pensa anche “mi lascio morire e schiacciare, perché se così faccio ne muoiono cento,

se faccio la guerra ne muoiono centomila”. Penso anche a San Francesco: lui la sua Crociata l’ha fatta…

Papa Francesco è andato direttamente dall’ambasciatore russo nella Santa Sede per chiedere di fermare l’azione militare: un altro gesto di rottura dei vecchi schemi?

Un gesto coerente con la semplicità del Vangelo che lui sempre richiama. E con la sua storia personale. Francesco è, come lo era Giovanni Paolo II, un Papa che viene da lontano: Wojtyla aveva avuto a che fare direttamente con il comunismo, lui con la dittatura. Ed è un simbolo di una Chiesa giovane, costruita in modo necessariamente diverso rispetto a quella schematizzata in Europa.

Reimpareremo il valore della pace dopo questa guerra?

Non trarre insegnamento dalle situazioni è l’errore più grande che possiamo commettere. Dà speranza la risposta dell’Europa, è come quella di una famiglia che viene attaccata: abbiamo visto il pericolo e ci siamo compattati, con una coesione quasi istintiva. Speriamo di uscirne tutti più uniti: fratelli tutti.

Putin eppure continua…

Ho conosciuto il popolo ucraino grazie al lavoro fatto con un’associazione anni fa. Quella gente ha una dignità e un amore per la sua terra che la porteranno a difendersi strada per strada. Il rischio è un bagno di sangue: possibile che Putin non l’abbia calcolato? Possibile che non pensi alle conseguenze anche per la sua patria?

Conseguenze che rischiano di essere gravissime…

Putin va annullato, ma ciò non deve portare all’annullamento della Russia. Che non va umiliata: ricordiamoci cosa è accaduto con la Germania dopo la Prima Guerra Mondiale… È possibile accettare una sconfitta, che è già una umiliazione, ma accettare una umiliazione fine a se stessa difficilmente si dimentica.

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