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Attualità

PRUDENZA

SERGIO REDAELLI - 11/03/2022

monteleone6dicLa sua prudenza fa riflettere. Francesco denuncia la folle crudeltà della guerra, chiede di deporre le armi e di cessare i massacri in Ucraina, invita i popoli vicini ad accogliere i profughi e a dare un vitale soccorso ai fratelli e alle sorelle oppressi dalle bombe e dalla paura, ringrazia i giornalisti che rischiano la vita per tenerci informati sulle sofferenze nelle città assediate, annuncia l’invio di due cardinali per provvedere ai bisogni più urgenti della gente, implora che si torni a rispettare il diritto internazionale, dichiara la disponibilità della Santa Sede a fare di tutto perché prevalga il negoziato e il buon senso. Ma tace sulle colpe di Putin nell’aggressione all’Ucraina.

Bergoglio non ha pronunciato una condanna esplicita del dittatore che “gioca” con la minaccia nucleare e lascia che si mitragli la gente per strada. Il mondo cattolico si aspetta forse che il “leader morale” che ha fatto della fraternità la propria missione sin da quando fu eletto nel 2013, denunci le responsabilità di chi bombarda inermi civili e provoca l’esodo dalle città sconvolte. Finora il papa si è invece mantenuto su posizioni “moderate” e “sagge” guadagnandosi gli elogi del patriarca ortodosso Kirill “putiniano” di ferro: “La Chiesa – predica il patriarca – non deve schierarsi se vuole mantenere autorevole ed efficace il suo messaggio di pace” (anche se lui non è affatto equidistante).

Il “pacifismo a tutti i costi” di Francesco è criticabile? Di certo è fuori luogo ogni spericolato paragone con Pio XII, il papa della seconda guerra mondiale che alcuni storici accusano a posteriori di non avere espressamente condannato Hitler, Mussolini, le leggi razziali e la deportazione degli ebrei. Al contrario, l’accorato appello di Bergoglio aiuta forse a capire, ottant’anni dopo, il drammatico dubbio che tormentò papa Pacelli nel timore che lo schierarsi della Santa Sede aggravasse la tragedia provocata dal nazifascismo. Francesco deve oltre a tutto tenere conto delle storiche divergenze della Chiesa ortodossa spaccata tra Kiev e Mosca.

Il teologo Vito Mancuso, favorevole all’invio di armi all’Ucraina, pone sottili distinguo: “La pace – scrive sul quotidiano La Stampa (6/3/2022) – deve contenere in sé anche la possibilità della guerra come legittima difesa. La guerra di Putin, argomenta, non è giusta perché il regime che la conduce nega la libertà, censura l’informazione e incarcera gli oppositori. Al contrario, osserva Mancuso, la resistenza ucraina è condotta da un governo eletto democraticamente, è giustificata dalla necessità di difendere il proprio Paese e la vita dei cittadini e ha come fine la libertà. Quindi merita sostegno come la lotta contro l’aggressione nazifascista e le guerre d’indipendenza italiane.

Le “armi” che il pontefice argentino invia al fronte sono il cardinale elemosiniere Konrad Krajewski al confine polacco (quello che a Roma riavviava l’illuminazione nei condomini abitati dai senzatetto) per l’immediato soccorso ai bisognosi e Michael Czerny per occuparsi dei rifugiati al confine ungherese, entrambi poi diretti in Ucraina. “Anche per non dimenticare – spiega il quotidiano dei vescovi Avvenire – la triste similitudine tra le sofferenze degli ucraini e i conflitti dimenticati (Yemen, Siria ed Etiopia citati dal papa domenica 27 febbraio) e far sì che tutti, africani e asiatici residenti in Ucraina, siano accolti “indiscriminatamente”.

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