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Attualità

BINARIO DELLA BELLEZZA

CESARE CHIERICATI - 08/04/2022

ferroviaDormitorio, carente di offerte culturali, in decadenza demografica ed economica, uno stagno turistico, insicura. Secondo copione i varesini intervenuti nel disordinato dibattito aperto dalla Prealpina sul futuro di Varese non hanno mancato di piangersi abbondantemente addosso e di vedere un futuro mesto e di basso profilo per una città un po’ appassita.

Da tempo in effetti la città giardino è alla prese con una non facile ridefinizione della propria vocazione alla luce del processo di deindustrializzazione subito negli ultimi decenni dal capitalismo occidentale e dell’avvento di nuove rivoluzionarie tecnologie. Ciò non significa che il territorio varesino non sia in grado di riaffermare il suo legame con un passato industriale di spicco. Le cifre che la Camera di Commercio diffonde con puntualità dimostrano per esempio che le aziende locali continuano ad avere una grande propensione all’innovazione, agli investimenti e all’export e garantendo buoni livelli occupazionali.

Per rinsaldare il proprio legame con il dna industriale emerso a partire dagli inizi del Novecento occorre però rispettare (vedi il libro Varese 2051) alcune condizioni di fondo: 1. Preservare un ambiente vivibile perché le imprese della soft economy non mettono le tende in luoghi congestionati e poco organizzati 2. Garantire la permanenza e favorire la nascita di industrie soprattutto a tecnologia leggera localizzandole a pelle di leopardo nel territorio 3. Potenziare il patrimonio scolastico sia dal profilo qualitativo che quantitativo favorendo anche la nascita di centri di ricerca a vari livelli 4. Sfruttare al meglio i collegamenti ferroviari con Milano, con la Svizzera via Mendrisio –Lugano quindi con il Nord Europa e con Como; una centralità ferroviaria mai avuta prima in stretta connessione con un definitivo rilancio di Malpensa 5. Migliorare il funzionamento della città come sta accadendo con la viabilità alla Nuova Esselunga di via Gasparotto – Viale Europa e con il rifacimento di Largo Flaiano, vero e proprio nodo scorsoio che da decenni strangola la viabilità 6. Rigenerare le numerose aree dismesse, eredità di modelli industriali per sempre tramontati.

Insomma puntare in prima istanza sul recupero, la valorizzazione e la manutenzione dell’esistente. Tuttavia c’è un’altra carta da riscoprire e rilanciare, come in parte sta già avvenendo. È l’antico dna turistico del territorio. Infatti a partire dalla seconda metà del ‘700, Varese già città di “notari, mercanti, artigiani, bottegai” diventa anche città di turisti, turisti speciali – nobili e ricchi milanesi – incantati dalla bellezza dei luoghi e dal clima mite. Qui costruiscono le loro “seconde case” come Villa Mozzoni, Villa Panza, villa Craven e tante altre.

L’offerta della bellezza, agevolata dai nuovi collegamenti ferroviari con Milano (FS 1865, Nord 1886), si rivela una carta vincente; si assiste a un mini boom di edilizia privata e alberghiera, quest’ultima felicemente raccordata con un sistema di trasporto collettivo di treni, tramvie e funicolari. Alle industrie e ai commerci si somma quindi il nuovo addendo turistico. Quello che, ovviamente su nuove basi, Varese deve riscoprire grazie al rilancio della sua montagna (Sacro Monte e Campo dei Fiori), alla valorizzazione del turismo sportivo (ciclismo, canottaggio, pallacanestro, trekking, ippica), alla messa in valore dei grandi parchi pubblici e privati e dei quattro siti Unesco presenti nella nostra Provincia più un altro in condominio con la Svizzera (Monte San Giorgio), alla rinascita finalmente avviata del Lago.

Ulteriori impulsi al territorio potranno arrivare dalle Università visto che entro un diametro dal capoluogo di una trentina di chilometri ne sono cresciute ben sei: tre svizzere Usi e Supsi a Lugano, Accademia di architettura a Mendrisio) e altrettante italiane a Varese – Como e Castellanza. Un vero e proprio polo della conoscenza che potrebbe essere in futuro, più di quanto già non lo sia, creatore di competenze e possibilità occupazionali. Se è vero che a breve occorre colmare i tanti deficit funzionali accumulati da Varese nel tempo è altrettanto vero che il futuro non può più essere immaginato all’interno dei vecchi confini amministrativi. L’area vasta non è una fissazione degli urbanisti, ma una realtà di ben ventisei comuni che in qualche misura gravitano sul capoluogo.

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