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Pensare il Futuro

EMERGENZA

MARIO AGOSTINELLI - 15/04/2022

energiaTre anni, quasi di pandemia, hanno sconvolto il mondo che già non stava tanto bene dopo la crisi finanziaria e la recessione. Troppi avvenimenti sono stati definiti tra quelli che cambieranno il mondo, perdendo di vista ciò che davvero lo ha cambiato, ovvero la pandemia e la incombente crisi climatica, esacerbate dalla guerra in corso.

Sono state svelate le diseguaglianze di genere, di territorio, di accesso ai vaccini, e alla cura, proponendo così un altro ordine delle priorità che è durato fino a quando il messaggio non è diventato, anche grazie alla guerra e all’emergenza energetica, tornare al passato. Un anno fa pensavamo che si trattasse della lezione dimenticata: oggi sappiamo che si tratta della lezione tradita, ignorata.

Più facile ripetere gli errori e le scelte ingiuste del passato che provare a cambiare, mentre si impoverivano dal punto di vista programmatico anche le scelte europee di investimenti, mentre si mostrava tutto l’egoismo e l’idiozia dei paesi ricchi che pur di difendere brevetti e profitti sui vaccini, lasciavano diffondere la pandemia, Abbiamo visto la fine della guerra in Afghanistan e, dopo vent’anni, la fuga, temuto e poi visto l’invasione dell’Ucraina. Abbiamo visto i respingimenti e ora l’accoglienza, ma non per tutti: anche le migrazioni diventano materia di geopolitica, tra rimpianti di atlantismo, nostalgia della guerra fredda, amnesie del multilateralismo, tante armi e ben poca pace.

Penso che il modo in cui la guerra ucraina e il richiamo delle guerre in generale, si contrappongano frontalmente al perseguimento della conversione ecologica, da tutti identificata come l’orizzonte comune, irrinunciabile e urgente di ogni iniziativa in campo politico, sociale e culturale del nostro tempo, debba ottenere da noi una risposta strategicamente efficace, allontanando lo spettro del rinvio e, contemporaneamente, della catastrofe nucleare: due emergenze che, con la crescita dell’ingiustizia sociale cambiano radicalmente i termini della questione nella nostra epoca.

Perciò penso che nessuno, quanto Francesco, colga i legami e le emergenze di questa fase, rimuovendo la guerra dalle priorità del confronto tra i popoli. La guerra promuove nella testa della gente, di chi combatte come di chi assiste ai combattimenti da lontano, di chi la giustifica come di chi l’avversa, l’idea che non la si possa combattere che con la guerra.

Penso che la questione ambientale ed energetica abbiano una priorità che nessuna invasione può posticipare, anche se la condanna agli aggressori deve essere la più dura.

In definitiva, un settore energetico decentrato in base al criterio della sufficienza territoriale non solo sconvolgerebbe i flussi globali in atto, ma favorirebbe l’equità, combatterebbe l’emergenza climatica, creerebbe interconnessioni con un impiego di tecnologie che, inaspettatamente per il periodo storico che stiamo attraversando, creano nuova occupazione e rendono più accessibile e universale il diritto della pace.

Altro che gas russo che attraversa i tubi controllati da Zelensky o Putin o Scholz! Io penso che la pianificazione del sistema nel suo insieme e la riconversione circolare dello sfruttamento delle fonti di energia negli edifici, nelle comunità, nelle industrie, nelle banche dati, favorirà la dimensione di comunità in pace, attraverso cui il contributo attivo degli utenti finali contribuirà a ridurre o addirittura azzerare i flussi dei fossili che ci conducono in guerra e ad attribuirci patenti di fratellanza e sorellanza sulla base infida dei valori di mercato. Non possiamo più transigere tra convenienza e vita umana.

Come durante la pandemia si è detto che alcuni diritti alla libertà individuale possono essere per un certo periodo sacrificati alla sopravvivenza di molti, ciò vale a maggior ragione per la convenienza economica anche nel caso dell’energia in tempo di guerre. E la pace al posto della guerra – con tutte le forze di cui disponiamo – è l’unica soluzione alla follia del nostro tempo. E, insieme, il miglior augurio di una buona Pasqua per un genere umano la cui storia non può finire per propria colpa.

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