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Opinioni

SALARIO MINIMO

LIVIO GHIRINGHELLI - 15/04/2022

David Card

David Card

Una delle ragioni per cui il Premio Nobel per l’economia 2021 è stato assegnato al canadese David Card è senz’altro quella degli studi condotti sul problema del salario minimo. Per l’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) il salario minimo viene definito come la retribuzione più bassa che il datore di lavoro è tenuto a corrispondere al lavoratore a motivo della sua prestazione, senza che sia ridotta da accordi individuali o dalla contrattazione collettiva. Provvedimenti di istituzione e tutela legale dei salari minimi sono decollati già dalla fine degli anni novanta a causa del forte incremento delle disuguaglianze sociali e l’aggravarsi del fenomeno dei lavoratori poveri. Oggi il 92% dei Paesi aderenti all’OIL ha adottato forme di salario minimo, ma nell’ambito dell’UE solo in sei Paesi, tra cui l’Italia, la legislazione in corso non lo prevede. Comunque una proposta in merito giace all’esame del Parlamento e del Consiglio dei ministri in attesa di approvazione.

Questo nel contesto di posizioni prevalenti tra gli economisti, scettici nei confronti di misure che interferiscano sulla formazione dei prezzi in base alla contrattazione tra le parti in mercati concorrenziali. È però pure vero che nell’arco temporale di 16 anni negli Stati Uniti si sono palesati forti effetti sul reddito dei beneficiari del salario minimo, senza impatto sull’occupazione. Il Fair Labor Standard Act del 1966 ha drasticamente ridotto i differenziali salariali tra lavoratori bianchi e neri, senza effetti avversi sull’occupazione di questi ultimi.

Venendo alla riflessione teorica, una possibilità è quella di aumentare i prezzi trasferendo sui consumatori l’aumento dei costi, o che si possano ridurre altre voci di costo quali i contributi previdenziali e assicurativi o le spese per la sicurezza dell’ambiente di lavoro. Le imprese poi valutano il costo di un lavoratore tenendo conto non solo del suo salario e della produttività, ma anche del risparmio rispetto alla ricerca di sostituti. Salari più alti incentivano fuor di dubbio un aumento della produttività, che compensa l’aumento dei costi per le imprese. In Italia le organizzazioni sindacali hanno manifestato scetticismo sull’adozione del salario minimo, preferendo una contrattazione centralizzata, casomai accettando il salario minimo solo quale male minore.

Una discussione in merito si è comunque aperta anche tra noi di fronte a percentuali elevate di persone a rischio di povertà. Cinque propose, presentate al Senato, sono attualmente all’esame di apposita Commissione. Una recente indagine ha suggerito l’adozione di un salario minimo compreso tra 8,25 e 9,65 euro orari al netto di contributi previdenziali. Con la definizione del salario minimo attorno ai 9 euro l’Italia si collocherebbe nella fascia dei Paesi a maggior tutela; tale importo corrisponderebbe quasi al 75% del salario mediano. Secondo l’ISTAT interesserebbe circa un quinto dei lavoratori dipendenti; ma permangono numerose incertezze sulla possibilità che questo accada in tempi ragionevoli. Già nel 2005 l’economista Tito Boeri aveva ottenuto scarsi risultati.

Eppure è evidente che la percezione di un salario minimo riduce gli stati d’ansia, il tabagismo e si associa a un miglioramento generale delle condizioni di salute, con analoghi effetti a livello familiare. Onde la rilevanza anche etica del provvedimento.

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