Ho avuto una sola nonna, per giunta non affetta da nonnite: mi riferisco a quell’atteggiamento tenero e protettivo che i miei amici hanno nei confronti dei loro nipoti. Mia nonna non l’aveva, non ricordo una mezza giornata trascorsa in sua compagnia mentre i miei genitori erano impegnati in altre attività. Ricordo invece noiosissimi pomeriggi di domenica a casa sua, quando mia mamma mi portava a trovarla e io guardavo la tv oppure ascoltavo senza interesse i loro discorsi. Almeno fino a quando non fui abbastanza grande da poter decidere di incontrarmi con i miei amici.
Quindi, devo riconoscerlo, il mio rapporto con lei non era basato tanto sull’affetto quanto sul senso del dovere. E fu proprio per senso del dovere che quel giorno, ormai adulta, andai a trovarla al Molina, dove i suoi figli, nell’impossibilità di accudirla a causa delle sue condizioni di salute, l’avevano ricoverata.
Ero rientrata a Varese da Sirmione, dove mi trovavo con mia madre per le cure termali e mi sembrò giusto andare a vedere come stava. La trovai sul letto. Sopra la camicia da notte indossava una vestaglia e sul risvolto del colletto aveva appuntato una spilla: era una spilla di bigiotteria, che le avevo già visto in passato e che trovavo orrenda. Fu quella la prima volta che provai affetto sincero per lei e una infinita tenerezza che me la fece vedere non come la nonna distante che conoscevo, ma come una persona fragile e tuttavia attenta a mantenere una sua dignità. Quella spilla, così incongrua su una vestaglia indossata in un ambiente di vecchi, esprimeva, pur nella sua bruttezza, una civetteria e un desiderio di apparire curata e “visibile” che mi commosse.
Ora che anch’io ho quasi l’età che aveva lei allora, mi rendo conto – proprio l’altro giorno ne parlavo con un’amica – che i vecchi sono invisibili. Stranamente, in una società come quella italiana, in cui gli ultrasettantenni sono 7 milioni e gli ultra sessantacinquenni 12 milioni, tutto ruota attorno al mito della giovinezza: devi essere bello, senza rughe, attivo e soprattutto produttivo se vuoi essere tenuto in considerazione. Quando i segni della gioventù si attenuano, tu progressivamente sparisci agli occhi del mondo: troppo lento, troppo ingombrante, troppo inadatto alla velocità dei tempi. Diventi trasparente. Per la strada ti urtano, concentrati sul telefonino; nei negozi ti superano: devono lavorare; se parli non ti ascoltano: non hai niente di interessante da comunicare.
A dire il vero, essere invisibili ha i suoi vantaggi: ti consente di non preoccuparti del giudizio degli altri, sia di quello che possono esprimere sul tuo aspetto fisico, sia di ciò che potrebbero pensare delle tue opinioni. Per breve tempo, però. A lungo andare ti accorgi che senza il rapporto coi tuoi simili non hai vita.
Allora anche una spilla appuntata su una vestaglia ha una voce: eccomi, ci sono anch’ io, sono ancora qui, vorrei che qualcuno mi vedesse, che capisse che sono ancora viva, che non mi seppellisse prima del tempo nell’indifferenza. Ho ancora cose da dire, esperienze da raccontare, consigli per chi li volesse ascoltare. Non sono trasparente.
Devo averla ancora, quella spilla, nascosta da qualche parte in un cassetto. Non la indosserei mai, ma non ho il coraggio di disfarmene.
You must be logged in to post a comment Login