Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

FIORI D’ACCIAIO

LUISA NEGRI - 06/05/2022

bergamasC’è stata sempre un po’ di retorica nella festa della mamma. Lo abbiamo capito anni dopo.

Quando già avevamo smesso di inviarle la letterina che la maestra ci aiutava a comporre. O addirittura dettava, in copia conforme per trenta allievi. Perché le classi, una volta, erano numerose.

Poi si è imposta sempre più la Giornata Internazionale dei diritti della donna, l’8 marzo, eppure è apparso evidente che i proponimenti non si accompagnano sempre alla realtà.

Ma come pensare, in questa prima metà di un anno orribile, all’immagine materna, senza vederci sfilare davanti le istantanee tragiche di tante madri afflitte e umiliate, nello spirito e nel corpo, dalla guerra? Preoccupate della sorte dei loro figli, bambini da crescere e sottrarre al pericolo, oppure giovanissimi soldati, armati da chi lo decide per offendere altre vite.

Idealmente le immaginiamo tutte vicine: le madri dei vinti russi -morti o feriti accanto ai goffi, impantanati carri armati- e le madri degli ucraini. Altri ragazzi che hanno dovuto lasciare casa e lavoro e imbracciare il fucile, per difendere il territorio. Inutile ripetere quanto abbiamo visto, letto e sentito. E già scritto qui.

Un episodio però lo ricordiamo. Un soldato giovanissimo, ignaro alla partenza di quel che gli sarebbe poi toccato fare e vedere, ha sentito il bisogno di inviare proprio alla madre una missiva onesta, sincera e dignitosa.

Come stai? Non ti sento più, scrive la madre.

“Mamma non sono più in Crimea, sono in Ucraina. C’è una guerra vera qui. Bombardiamo tutte le città e attacchiamo anche i civili. Ci avevano detto che ci avrebbero accolti a braccia aperte e invece si gettano sotto i cingolati dei nostri carri e ci chiamano fascisti”. Voce e occhi limpidi, impegnati a fissare la testimonianza di chi è stato suo malgrado protagonista, e vittima, di un’assurda invasione cruenta. “Mamma… è difficile…” sono le ultime, sommesse parole di quel ragazzo, morto in Ucraina. “Senza una madre non si può amare, senza una madre non si può morire” ha scritto Hermann Hesse in Narciso e Boccadoro.

È la dimostrazione che quel filo madre-figlio, di due vite legate dall’amore, non si può spezzare. Va oltre la lontananza e la guerra, oltre la morte. Verso la verità e la speranza, chissà?

Nelle città in fiamme, nella martire Mariupol che ha un’antica storia di libertà tutta da conoscere, la città di Maria -come ha ricordato papa Francesco- anche le nascite non si sono mai fermate. Altra attestazione questa, viva e palpitante, di una terra desertificata dalla guerra dove i valori sembrano ancora resistere. Come fiori d’acciaio.

Nell’ultimo numero della Rivista “Terra e Gente Appunti di storie di lago e di montagna”, realizzato nel 2021 da Comunità Montana Valli del Verbano, in copertina è la riproduzione di una bella illustrazione di Achille Beltrame per la Domenica del Corriere del 6 novembre 1921. Rappresenta Maria Bergamas, la ‘Madre del Milite Ignoto’. Della strage di giovani vite falciate dalla Grande guerra diventò simbolo materno, protagonista di una vicenda, cento anni fa, che ha la coralità della tragedia greca. Toccò infatti a lei, mamma di un figlio caduto -Antonio, detto Toni, un giovane maestro elementare, il corpo ritrovato e poi di nuovo disperso dal bombardamento del cimitero- scegliere, tra le undici bare allineate nella cattedrale di Aquileia, quella del Milite Ignoto.

Dopo aver steso sulla seconda bara il suo velo nero, avanzò, invocando il nome del figlio, fino alla decima. Quella scelta. Sentendosi mamma degli undici caduti, sorella delle loro madri e insieme di tutte le altre vittime di un’atroce guerra.

La sensibilità, l’umanità di quella donna di semplici natali, è ancora severo richiamo a sacrifici che non vorremmo più vedere.

 “Perché il mondo è così pieno di morte e di orrore, ho provato e riprovato per consolare il mio cuore. E raccogliere i fiori che crescono in mezzo all’inferno” (Narciso e Boccadoro) Hermann Hesse

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login