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Editoriale

ARROSSIRE

MASSIMO LODI - 13/05/2022

draghiA proposito di russi. Appartiene al regista Konstantin Stanislavskij una battuta passata alla storia, ben oltre il cinema: “Non ci sono piccoli ruoli, ci sono solo piccoli attori”.

Verità impietosa e indubbia. Verificabile ogni giorno. Al netto di occupazioni, impieghi, cariche, interessi, ambizioni eccetera. Più che la parte scrittaci dal destino per interpretarla, contano modo, stile, vocazione. Figurarsi se poi il ruolo stabilito dal fato (da voti e propaganda; da spregiudicatezza e fortuna) è quello di personalità politica. Il top, perché rappresentare le convenienze di tutti è la più alta, nobile, straordinaria delle missioni.

Se dunque sei stato messo lì, in ragione di meriti o chissà cos’altro, devi essere all’altezza del mandato. E non scendere in basso. Esempio: il leader d’un partito che sta dentro la maggioranza di governo; ed è chiamato al surplus di responsabilità in tempo di guerra; e gli tocca custodire la salvezza (la salvezza, sic) dei connazionali; e ha stretto un patto di solidarietà patriottica a tutela del presente e del futuro; tale leader non può/non deve permettersi di criticare pubblicamente il suo presidente del Consiglio impegnato in una cruciale trattativa internazionale. Qualora abbia da esporgli dubbi e perfino riprovazioni, lo fa al riparo d’occhi e orecchie massmediatiche. Non facendolo, si derubrica a sottoleader, e scredita sé stesso invece di screditare il bersaglio delle sue obiezioni. Con danno generale.

Il tutto per dire poco. Cioè: 1) Conte avrebbe fatto bene a non incalzare senza tregua Draghi, prima che il premier andasse in America per incontrare Biden. 2) Salvini avrebbe fatto bene a non minacciare d’uscire dal governo proprio nel giorno dell’arrivo di Draghi a Washington. Gli accordi si rispettano, le alleanze si onorano, le intese si omaggiano. Il presidente del Consiglio agisce in base a un chiaro voto parlamentare, a un indirizzo politico preciso, a un’obbedienza del contesto internazionale di cui l’Italia fa parte. Cose risapute e condivise da chi lo ha scelto.

Dissociarsene per mediocri interessi d’elettoralismo interno è indecoroso, volgare, non degno di quel senso dello Stato che i suoi massimi rappresentanti, a cominciare dai capi di partito, dovrebbero possedere e insegnare. Sono quelli che, causa incapacità, sono ricorsi a Draghi e ora si rincorrono nel demonizzarlo per raccattare il consenso d’un obliquo pacifismo. Non potendosi mordere le dita, mordono chi ha accettato di far la guardia -avendo tutto da perdere e nulla da guadagnare- al bidone lasciatogli in eredità. A quando il recupero di decenza politica, dignità morale, capacità d’arrossire?

A proposito di russi. Lo scrittore Anton Čechov nei suoi Quaderni scriveva, sia pure esagerando, che “…una brava persona si vergogna anche davanti al suo cane”. Sono, siete, siamo tutti brave persone. Anche se non tutti abbiamo un cane davanti al quale vergognarci. Forse il problema è questo.

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