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Politica

COME MATTEI

ROBERTO CECCHI - 13/05/2022

Enrico Mattei ed il sogno dell’autonomia energetica italiana

Enrico Mattei ed il sogno dell’autonomia energetica italiana

Se l’Europa avesse avuto una propria indipendenza energetica, molto probabilmente, la guerra in Ucraina non ci sarebbe stata. Non dovremmo patire tutte le sofferenze che stiamo patendo, con migliaia di morti innocenti, milioni di sfollati e il crescere di un odio tra popoli “fratelli” che, per smaltirlo, ci vorranno generazioni. Se basterà. La guerra non ci sarebbe stata perché, chi l’ha voluta, contava sul fatto che, ancora una volta, l’Europa, anche di fronte a una nuova aggressione, sarebbe rimasta in silenzio. Presa dalle sue paure, dalle sue incertezze e dalle sue divisioni, avrebbe taciuto per timore delle ritorsioni di chi detiene la gran massa delle risorse energetiche, di cui abbiamo assoluto bisogno (come in effetti sta accadendo). Al massimo – avrà pensato il dittatore russo – gli occidentali avrebbero fatto come con l’invasione della Crimea. Un po’ di proclami, un po’ di sanzioni, un po’ di sguerguenze, ma alla fine avrebbero lasciato fare, perché l’Europa è debole. È facilmente ricattabile. È una grande democrazia e un enorme motore dell’economia, ma ha i piedi d’argilla. È senza spina dorsale perché manca di coesione politica e, soprattutto, non ha una strategia energetica.

Si sbagliava, si sbagliava di grosso l’autocrate russo. Stavolta l’Europa ha risposto. E lo ha fatto e lo sta facendo col cuore e con la forza della democrazia (e col ritorno in campo, anche troppo determinante, degli USA). Riuscendo a trovare delle risposte rapidamente anche sul piano energetico, lavorando in maniera febbrile alla diversificazione d’approvvigionamento delle fonti. In poche settimane l’Italia “ha dimezzato la sua dipendenza dal gas russo: dal 32% di 12 mesi fa si è infatti passati al 16%” massimizzando le fonti di approvvigionamento alternative e aumentando l’impiego dei rigassificatori (La Stampa, Baroni, 2022). Le forniture di gas provenienti dalla Russia sono già state sostituite, in parte, con quelle che arrivano dal Nord Europa (soprattutto dalla Norvegia) attraverso il Transitgas, dal passo del Gries (il passo che si trova al confine tra la provincia del Verbano-Cusio-Ossola e il Cantone Vallese della Svizzera) e, in parte, da quelle provenienti dall’Azerbaigian, attraverso il gasdotto TAP (Tran-Adriatic-Pipeline, che passando dal Mar Caspio arriva a Melendugno in Puglia, traversando l’Adriatico).

Quindi, forse, potremmo tirare un sospiro di sollievo e guardare al prossimo inverno con una certa serenità. Ma sarebbe un errore. Diversificare le fonti è una strategia corretta che avremmo dovuto adottare già da tempo, ma si tratta pur sempre di una soluzione di breve respiro, perché permane comunque la dipendenza da altri (i nuovi partener saranno Algeria, Congo, Angola, Mozambico). Che spesso sono ottimi partner commerciali, mentre, talora, diventano del tutto inaffidabili, come accade con certi paesi dell’Africa, scossi continuamente da sommovimenti improvvisi, che in qualsiasi momento possono mettere a rischio il flusso energetico. Dopo quel che stiamo vedendo, tutta questa incertezza non ce la possiamo proprio permettere. Va trovata una strategia nazionale ed europea che ci metta al riparo dai ricatti. Come aveva tentato di fare nell’immediato dopo guerra Enrico Mattei che, da presidente dell’Agip, provò a costruire una strada energetica nazionale, per scrollarsi di dosso la dipendenza dalle grandi multinazionali del greggio. Morì nel 1962 in un attentato ancora avvolto nel mistero (ma neanche troppo, se si guarda a quella vicenda con un po’ di sano realismo) che scoraggiò definitivamente qualsiasi iniziativa d’indipendenza energetica del nostro Paese. Adesso, bisogna ottenere quello che allora che ci fu negato, in maniera tanto clamorosa e brutale.

Le soluzioni ci sono e sono assolutamente a portata di mano (com’era facilmente immaginabile), come dimostra il rapporto Net Zero 2050 dell’AIEA (International Energy Agency). Dal quale emergono indicazioni nette e prospettive facili da perseguire, come andare rapidamente verso l’elettrificazione dell’economia, accelerando in energie rinnovabili. Il fabbisogno elettrico mondiale potrebbe essere coperto al 90% in pochi anni. Le “rinnovabili sono in grado di produrre energia a costi ultra-competitivi senza aver bisogno di incentivi: il rapporto conferma questa tendenza: dal 2010 il costo del solare, eolico e delle batterie si è ridotto dell’85%”. Pare che in Italia, in questo momento, ci siano “richieste di autorizzazioni inevase per il mercato delle rinnovabili per circa 200 GW: solo la metà potrebbe coprire il 45% circa del fabbisogno elettrico italiano” (Barazzetta e Roventini, 2022).

Il Governo in carica ne ha passate davvero troppe per chiedergli di occuparsi anche di questo. Ma visto che siamo già in campagna elettorale (non dichiarata) per le politiche del 2023, chiunque si proponga di rappresentarci dovrà prendere impegni chiari e seri su una materia come questa. Perché passa di qui il nostro benessere. Ma soprattutto passano di qui libertà e democrazia. Dobbiamo fare in modo di dotarci degli strumenti necessari, come l’indipendenza energetica, per poterne godere ancora. E invece, per insipienza, stiamo rischiando di perderle

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