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Attualità

FABBRICA DI TRIONFI

FABIO GANDINI - 27/05/2022

milanelloTerra particolare, calcisticamente parlando, il Varesotto.

Là dove il basket, con la sua tradizione, ha formato un’identità che non ammette repliche né alternative (esiste ed esisterà solo la Pallacanestro Varese: quelli del sud della provincia che tifano Olimpia Milano sono e saranno ripudiati in aeternum), la pedata lascia invece spazio al libero arbitrio. E alle influenze.

Il glorioso ma decaduto Varese è un pezzo di cuore cui si augura sempre il meglio, ma da solo non sazia le passioni. Lo stesso vale per la Pro Patria, almeno per chi abita sotto l’Arno. E allora la vicinanza con il capoluogo lombardo, la sua Scala del calcio e le due squadre che dentro vi si esibiscono (chissà ancora per quanto…) fa sì che Milan e Inter si contendano le fette più ampie del favore popolare, con il tertium in questo caso datur e rappresentato dagli juventini, presenti – d’altronde – pressoché ovunque.

C’è però un discrimine importante e tale da rendere il Milan fresco campione 2022 forse un po’ più varesotto rispetto all’Inter: la sede del quartier generale. Quella dell’Inter è alla Pinetina, ovvero Appiano Gentile, ovvero Como, seppur per un pugno di metri; quella del Milan è Milanello, ovvero Carnago, ovvero piena provincia di Varese. Va da sé, quindi, una storia di identificazione completamente diversa.

Iniziata nel 1963, per volere del presidente rossonero dell’epoca, Andrea Rizzoli. Era, il suo, un Milan dominante, ricco di campioni – da Ghezzi a Cesare Maldini, da Trapattoni ad Altafini a un simbolo eterno della storia casciavit, Gianni Rivera – e allenato dal burbero Nereo Rocco, con Gipo Viani direttore tecnico: proprio quell’anno, fresco campione d’Italia per l’ottava volta, si impose, prima squadra italiana a farlo, in Coppa dei Campioni, battendo il Benfica di Eusebio 2-1 a Wembley con una doppietta del brasiliano José. Fu, quel successo, l’apice di un decennio da sei trofei in bacheca, una grandeur che giustificò l’investimento in una nuova casa che avrebbe fatto scuola nel mondo del pallone.

Col tempo, infatti, quel centro sportivo immerso nel verde collinare del medio Varesotto sarebbe diventato un laboratorio di successi e innovazione legati allo sport, in particolare dopo il restyling voluto da Silvio Berlusconi: Milanello oggi è una macchina da guerra che segue dal primo dei campioni all’ultimo dei giovani in ogni aspetto della vita agonistica, garantendo il massimo della preparazione tecnica anche in campo medico e vantando addirittura un polo di ricerca scientifica ad alta tecnologia multidisciplinare (Milan Lab). Di più: a ogni stagione Carnago è meta del pellegrinaggio da parte di allenatori provenienti da tutta Europa, desiderosi di aggiornarsi professionalmente seguendo l’esempio organizzativo e filosofico del club nato nel 1899.

A Milanello sono stati costruiti tutti i trionfi scritti nell’albo d’oro nazionale e continentale, compreso l’ultimo firmato dall’armata di Stefano Pioli, sorprendente erede di tanti Milan vincenti. E un po’ varesini. Quello leggendario di Arrigo Sacchi, per esempio, vantava in mezzo all’invincibile e mobile linea difensiva uno jeraghese doc: Alessandro “Billy” Costacurta. Non l’unico calciatore milanista a essere nato nella nostra provincia: prima di lui, tra gli altri, lo “sciagurato” Egidio Calloni, bustese famoso – suo malgrado – per l’imprecisione sotto porta; insieme a lui, invece, un altro attaccante, Marco Simone, di Castellanza, buon fiuto del gol oscurato tuttavia dalla presenza di fuoriclasse assoluti come Ruud Gullit e Marco Van Basten.

Varese e i suoi dintorni, però e soprattutto, sono da sempre e per ragioni di evidente comodità il buen retiro di tanti tesserati rossoneri, sicuri nel preferire la tranquillità della provincia al caos della metropoli. Cinque esempi vengono in mente così, a un primo giro di pensiero: Pietro “Gedeone” Carmignani (allenatore dei portieri sotto Sacchi e poi rimasto in città tanto da lavorare anche per il Varese), Manuel Rui Costa e Mario Balotelli, entrambi con vista sul lago di Varese, il roccioso difensore olandese Jaap Stam e un calabrese diventato gallo a Gallarate (dove ha aperto anche due attività commerciali): Rino Gattuso.

Altri ce ne sono stati, altri ce ne saranno.

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