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Sport

SALVARE “IL SOLDATO COVI”

CESARE CHIERICATI - 03/06/2022

covi“E ora chiamatelo Fausto Covi” con questo bel titolo, allo stesso tempo arguto e ben augurante, la Prealpina ha salutato domenica scorsa la grande vittoria in vetta alla Marmolada del campioncino di Taino, ventiquattro anni da compiere il 28 settembre con già alle spalle un fresco passato di tutto rispetto. Titolo arguto perché associa il nome di Alessandro Covi a quello di Fausto Coppi, fuoriclasse assoluto specialista di mitiche imprese solitarie; benaugurante perché prospetta una carriera inimmaginabile per chiunque oggi si dedichi al ruvido sport delle due ruote. Anche un titolo però che rischia di mettere sulle spalle del giovane tainese un peso eccessivo, un’attesa sproporzionata, una promessa di successi che non è lecito chiedergli. Almeno per ora.

Che sia un temperamento vincente lo si ricava da un semplice sguardo alla sua acerba carriera punteggiata di successi e piazzamenti fin dagli esordi nelle categorie “Esordienti e Allievi”, poi proseguita con un costante crescendo tra i dilettanti e infine tra i professionisti dove approda due anni fa. Nel suo curriculum di aspirante campione non mancano utili passaggi nei velodromi, un classico della pedagogia ciclistica e pure nel ciclocross da sempre disciplina formativa sia dal profilo atletico sia dal profilo caratteriale. Quella di sabato scorso 28 maggio è stata un’impresa perfetta per determinazione, scelta dei tempi dell’attacco da lontano sferrato alla base del Pordoi (Cima Coppi), di gestione del vantaggio lungo le terribili rampe finali. Tutto da manuale del ciclismo, una sintesi perfetta del binomio “testa e garoni ” avrebbe detto Alfredo Binda da Cittiglio, primo campionissimo del ciclismo mondiale.

Tuttavia, attenzione, oggi la cosà più importante e urgente è salvare “il soldato Covi” dalle iperboli celebrative, dalle fughe in avanti dei mandolinari di turno, dai calendari troppo affollati di corse, dai paragoni imbarazzanti con campioni del recente passato tipo i conterranei Basso, Garzelli e Chiappucci di cui tutti, ci auguriamo, possa emulare le gesta quando sarà il momento. Costruire un campione è impresa lunga e difficile cui concorrono molti fattori: la famiglia, la squadra ovvero i compagni di fatiche, i direttori sportivi, i medici dello sport, la gestione dei rapporti con i media.

La storia del ciclismo è costellata di talenti sfumati per almeno una di queste ragioni. Ricordiamo per esempio il caso di un promettente atleta luganese, Rubens Bertogliati, che tra i professionisti vince il Gran Premio di Chiasso (2002) e la prima tappa del Tour de France con arrivo in Lussemburgo. Veste la maglia gialla per due giorni. Sui muri di sostegno delle principali strade del Cantone Ticino appare la scritta a caratteri cubitali: Bertogliati, re del Tour, un’espressione esclamativa in linea peraltro con la narrazione ipertrofica quanto improbabile veicolata su quella vittoria da radio, televisioni e stampa locale. Rubens non si ripeterà più. Le attese risulteranno del tutto sproporzionate rispetto al suo effettivo valore di buon pedalatore. Oggi è un collaboratore importante della UAE Emirates. A Covi non accadrà di certo perché ha grandi margini di miglioramento e sembra diretto con acume e prudenza.

Quando all’orizzonte delle due ruote si affaccia un nuovo talento viene spontaneo accostarlo a qualche campione che lo ha preceduto. Nel caso di Alessandro Covi la memoria scivola all’indietro, a cavallo tra i novanta e i primi duemila – e il nome che affiora è quello di Richard Virenque, scalatore e finisseur francese di gran razza. Ha chiuso nel 2004 la sua brillante carriera con sette vittorie di tappa al Giro di Francia e altrettante maglie a pois, miglior scalatore di sempre. Coinvolto nello scandalo doping della Festina (1998) subì un anno di squalifica.

Al rientrò tornò a vincere alla grande. Amatissimo dagli sportivi d’oltralpe, nella sua lunga carriera incrociò i ferri con atleti del livello di Jalabert, Pantani, Indurain, Museeuw, Basso, Brochard. Li mise in difficoltà tutti quanti e spesso li superò. Stessa sorte auguriamo al giovane Alessandro con i big di oggi.

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