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Chiesa

IL NOSTRO DONO

EDOARDO ZIN - 03/06/2022

CARDINALE MATTEO MARIA ZUPPIMe l’aspettavo. La nomina del cardinale Matteo Zuppi a presidente dei vescovi italiani era  attesa da molti perché “don Matteo” incarna lo stile del pastore indicato da papa Francesco. Si porta addosso l’odore delle pecore che ha incontrato: dei poveri che bussavano alla sua porta in Trastevere o alla sua casa nel quartiere popoloso di Torre Angela, dei bimbi che visitava nelle baraccopoli, degli anziani.

i soli che andava a trovare nelle loro case e ai quali lavava i piatti, degli immigrati ai quali di notte portava una bevanda calda nei loro giacigli di via Giolitti. È il prete che rappresenta “la chiesa in uscita”: con i suoi amici di Sant’Egidio ha aperto cammini di attuazione della comunione ecclesiale con tutti. È un costruttore di ponti verso uomini e donne di altre confessioni. È l’uomo della gioia, la sua vera forza: ha sempre un sorriso per tutti, una battuta pronta a rompere l’arroccamento di taluni su alcune posizioni. Ma soprattutto è   l’insegnante, colui che fa “segno” indicando sempre Gesù, al quale deve andare sempre il nostro sguardo.

Per l’amore che porto verso di lui, non vorrei che diventasse una specie di “star”, che fosse ritenuto un idolo che ci fa sognare, che lo si vedesse profeta solitario e disarmato capace solo di annunciare “cieli e terre nuove”, guida carismatica. La Chiesa non è opera di singoli. Saremo capaci di camminare con lui non verso uno stemperato rinnovamento, ma verso la riforma della nostra Chiesa? E sarà lui capace di superare le diffidenze di molti?

Zuppi dovrà affrontare l’ardito compito di portare a termine il cammino sinodale iniziato in Italia e che coinvolge – per la volta nella storia – tutto il popolo di Dio (battezzati, presbiteri, vescovi, Papa) di tutto l’ecumene. La prima fase – quella dell’ascolto – è già terminata. Parrocchie, associazioni, movimenti, presbiteri hanno presentato le loro proposte scaturite dalla comune riflessione. In questa prima fase ho scorto la sordità della chiesa; nelle proposte pochi hanno preso la parola con franchezza perché ancora si pensa che nella Chiesa ci sia chi insegna e decide e chi ascolta ed ubbidisce; in altre riunioni al contrario si è molto parlato, ma non si ascoltava nessuno.

A me pare che in questa fase di “ascolto” non si sia inteso il vero spirito del sinodo, che significa “camminare assieme” non per cambiare strutture, orari delle messe e di processioni, ma per dare alla Chiesa un nuovo paradigma del suo modo di vivere. A molti questo nuovo modo di fare esperienza di Chiesa fa paura; molti sono circospetti.

Zuppi sa bene che lo schema “i progressisti dicono che va male, i conservatori dicono che va bene” (o viceversa) non regge più e che le diagnosi sono divaricate. Sa bene che nella liturgia eucaristica ormai c’è un’ eccessiva differenziazione, che non ha nulla in comune con la pluralità dei riti che conducono all’unità ecclesiale, è conscio che nella morale sessuale esiste una diseguaglianza evidente che porta a trattamenti evidenti e talvolta ridicoli degli “atei devoti”, che la figura del prete come “uomo dei sacramenti” è scavalcata dalla realtà, che la chiesa non può essere considerata solo una società di soccorso, pur importante e necessario, se essa non proclamerà che la giustizia viene prima dell’elemosina, che la Chiesa non può più combattere l’agnosticismo con il fanatismo religioso…

Camminerà con noi il cardinale, con entusiasmo per una nuova avventura profetica della Chiesa italiana, ma tutti, vescovi nella loro collegialità e battezzati in comunione tra loro, dovranno prendere coscienza anzitutto che l’Eucarestia domenicale è l’ “epifania”, la manifestazione, di Gesù; che nessuno è escluso dalla vita della Chiesa, che nelle nostre comunità tutti vengono accolti e che tutti dobbiamo esercitare un ruolo profetico di denuncia dell’ipocrisia inconfessata della disumanizzazione dell’uomo. Tutti siamo chiamati a partecipare a questo sforzo comune senza chiuderci in un conservatorismo rigido e infecondo e senza lanciarsi all’avventura guidati dalle nostre idee. Sarà il nostro dono a “don Matteo” e a tutta la Chiesa.

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