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Pensare il Futuro

FALLIMENTO ATOMICO

MARIO AGOSTINELLI - 10/06/2022

La centrale nucleare di Flamanville in costruzione

La centrale nucleare di Flamanville in costruzione

Il secondo referendum con cui nel 2011 l’Italia aveva deciso di bloccare la ripresa del nucleare era legato al “memorandum” tra Berlusconi e Sarkozy siglato nel 2008 che prevedeva la costruzione di quattro reattori EPR di nuova generazione (III+).

All’epoca del memorandum c’erano due soli EPR in costruzione, uno in Finlandia a Olkiluoto e uno in Francia a Flamanville. Il primo è entrato in funzione nel 2022 con oltre 12 anni di ritardo, il secondo è ancora in costruzione e la data di entrata in servizio è stata spostata per ora al 2023. L’azienda proprietaria della tecnologia nucleare francese, Areva, già impegnata nella costruzione in Finlandia è fallita a causa dell’esplosione dei costi che sono quadruplicati. Non è andata meglio a Flamanville, dove il cantiere è gestito da EDF, i cui costi di costruzione sono lievitati fino a oltre 19 miliardi di euro, tenendo conto anche dei costi finanziari come valutati dalla Corte dei Conti nel 2020.

Dunque, se non avesse vinto il movimento antinucleare nel 2011 e si fosse dato seguito al memorandum Berlusconi-Sarkozy, ci saremmo ritrovati con almeno quattro buchi finanziari da 19 e passa miliardi – ammesso e non concesso di non far peggio dei francesi – il fallimento di qualche grande azienda italiana e nessun kilowattora prodotto ad oggi.

Il breve boom delle rinnovabili del 2010-13 – poi bloccato fino a oggi – ha invece aggiunto circa 50 TWh all’anno di elettricità: quanto se non più di quella dei quattro fantomatici EPR del memorandum. Anche negli Stati Uniti è successa una cosa simile. Dopo vent’anni dal “rinascimento nucleare” lanciato da George W. Bush nel 2001, nessun reattore di nuova generazione (III+) è entrato in funzione.

La situazione è però critica anche sull’esistente: il crescente numero di reattori fermi per manutenzione – inclusi i più recenti N4 da 1.450 MW – hanno prodotto in questi anni una flessione della produzione nucleare francese che è scesa di oltre il 25% dal 2015. Da qualche mese cominciano a emergere informazioni preoccupanti anche sugli aspetti tecnologici di sicurezza della filiera EPR. Si è trovata un’anomalia nella distribuzione di potenza nel nocciolo del reattore, assieme a strane vibrazioni nel nocciolo.

Questi indizi sollevati dalle autorità di sicurezza nucleare sono assai preoccupanti: se fossero confermati l’EPR, almeno nella versione attuale, sarebbe un fallimento tecnologico oltre che economico. Sia negli USA sia in Francia, dunque il nucleare di nuova generazione è stato un fallimento, per ragioni interne: nessun referendum in quei paesi. Per ovviare a questo fallimento si è puntato ad allungare la vita dei vecchi reattori ben oltre le previsioni di progetto. Molti reattori negli USA hanno già avuto un’estensione a 60 anni, e la stessa cosa sta accadendo in Francia.

Intanto si è avanzata l’ipotesi di costruire piccoli reattori modulari (SMR). Che oggi si possa pretendere di fare il percorso inverso contraddice tutta la storia di questa tecnologia. E peraltro, nessuno dei problemi fondamentali del nucleare è risolto dalle diverse opzioni in campo per gli SMR. In realtà, come mostra l’analisi di Andy Stirling e Philip Johnstone dell’Università del Sussex, la spinta verso gli SMR è proprio di origine militare e riguarda anche il riammodernamento delle flotte (sottomarini, portaerei) a propulsione nucleare. Ma la loro sicurezza e il problema delle scorie non solo non è risolto, ma rischia di dar vita ad una proliferazione territoriale.

In conclusione, per il nucleare non si vede alcuna possibilità realistica di rilancio significativo nei paesi occidentali. Si punterà a invocare aiuti di stato per rallentare il declino dell’esistente e cercare di mantenere un presidio industriale in quei paesi dove c’è una “causa di forza maggiore”: quella militare. Ahimè, la guerra ha sette vite come i gatti….

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