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Attualità

ARMI E PANE

SERGIO REDAELLI - 17/06/2022

francesco-e-kirillFrancesco e Kirill, due modi opposti di interpretare il proprio ruolo. Il capo della Chiesa cattolica, irremovibile nel condannare l’uso delle armi, è impegnato a sfamare chi è senza cibo nel mondo a causa del conflitto in Ucraina; l’altro invece, il patriarca ortodosso funzionale al regime di Mosca, esonera il responsabile delle relazioni ecclesiastiche esterne, il metropolita Hilarion, perché troppo tiepido nei confronti di Putin: la guerra, aveva osservato Hilarion, non è il modo per risolvere i problemi politici in sospeso; e aveva messo in guardia lo zar contro le conseguenze disastrose di una guerra per la Russia. Parole che gli sono costate il posto.

L’atteggiamento bellicoso di Kirill – vero nome Vladimir Mikhailovich Gundjaev, 75 anni, originario della “vecchia” Leningrado – mette in difficoltà la Chiesa ucraina del patriarcato di Mosca, costretta in patria ad assistere ai massacri causati dai missili con la Z e ad ossequiare nello stesso tempo il “chierichetto di Putin”. Tanto che il Consiglio guidato dal metropolita ucraino Onofrio – dodicimila luoghi di culto legati culturalmente alla Russia – ha espresso il proprio disaccordo con la posizione di Kirill riducendo le distanze dall’altra costola della Chiesa ortodossa ucraina, quella di Epifanio, che guarda a Occidente e condanna la “missione speciale”.

Kirill paga a caro prezzo l’asservimento “temporale” a Putin, anche se finora è riuscito ad evitare di essere colpito direttamente dalle sanzioni. La macchina dell’informazione occidentale (e non solo) ne ha svelato gli altarini veri o presunti, lo descrive come un miliardario ex agente del Kgb che si è arricchito con il commercio del petrolio e del tabacco grazie alle esenzioni fiscali riservata alla Chiesa, un uomo che ama il lusso, che viene fotografato con orologi da polso da 30 mila dollari, proprietario di yacht sul Mar Nero e immobili nei quartieri dell’ex nomenklatura sovietica a Mosca. Un’immagine di uomo di potere sempre smentita dal suo ufficio stampa.

Certo non si possono negare le dichiarazioni in linea con il Cremlino, l’aver schierato la Chiesa ortodossa russa dalla parte dell’attacco proditorio all’Ucraina e aver bollato come forze del male chi condanna l’invasione di uno Stato libero e democratico. È  giusto usare la Chiesa per assecondare strategie politiche? E attraverso di essa dare copertura morale a una guerra? La diplomazia vaticana opera invece, pragmaticamente, per risolvere la crisi del grano ucraino. Il segretario di Stato Pietro Parolin, in accordo con l’Onu, offre la mediazione della Santa Sede per trovare un compromesso sul blocco dell’export del cereale ucraino, che affama il terzo mondo.

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