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PIOVENE E VARESE

- 22/06/2022

Quello che segue è il testo di una trasmissione RAI precedente la pubblicazione in volume datata 1957 del “Viaggio in Italia” di Guido Piovene. Fu la quattordicesima puntata delle serie televisiva.

L’ha ripubblicato Mauro della Porta Raffo, alla cui attenzione era stato proposto da Michele Castelletti, sul suo sito www.maurodellaportaraffo.it

“Non possiamo salvarci parlando di città e province lombarde da una certa monotonia e se ci costringono a qualche non sgradevole ripetizione.
La Lombardia è la regione più ricca e tutte le sue province tranne una si allineano ai primi posti. Varese è per ricchezza la quinta provincia italiana, la seconda provincia lombarda dopo Milano, la prima d’Italia tra quelle che hanno per capoluogo una città minore.
Questa ricchezza non si deve a privilegi naturali giacché il suo territorio è in buona parte collinoso o montuoso e di fertilità mediocre.
Qui è dunque l’apice dell’intraprendenza lombarda.
L’industria prevale con grande distacco sull’agricoltura, importante ma complementare.
Nella percentuale degli addetti all’industria Varese supera Milano e il numero delle persone dedite prevalentemente all’agricoltura è molto basso rispetto alla media italiana, circa il quattordici per cento.
Più ancora che a Pavia ed a Bergamo, frequente è il contadino operaio, salariato industriale che coltiva un piccolo fondo solamente per soddisfare i bisogni alimentari della famiglia.
Si ha per formazione spontanea, quello che altrove si ricerca mediante l’organizzazione.
La proprietà si è così frazionata senza generare miseria e la grande proprietà manca.

L’industria del cuoio non è la maggiore della provincia come spesso si crede.
Forse a cagione della sua antichità già che risale alla metà del Trecento.
Con i suoi tre milioni di paia di scarpe all’anno sta dietro a quella di Vigevano tanto più giovane.
Ma è probabilmente la più conosciuta d’Italia.

Per saperne la ragione, diamo la parola al presidente del Calzaturificio di Varese, Cavaliere del lavoro, Ermenegildo Trolli.
“Perché secondo me l’azienda che presiedo è riuscita a creare un’ottima produzione industriale per presentarla al pubblico attraverso un altrettanto buona organizzazione commerciale.
Le ricordo che noi abbiamo ben sessanta filiali.
L’ organizzazione commerciale si è basata sullo studio accurato della necessità dei consumatori per ogni singola zona.
Faccio un esempio, riferendomi alle misure per le quali si è dovuto fare un approfondito esame.
In Sicilia: misure piccole, tacchi alti, il numero massimo è il trentotto.
A Bolzano: misure grandi, tacchi bassi.
E così per moltissime altre particolarità.
Per quanto invece riguarda la moda, la richiesta è unica in tutta Italia.
Certo non siamo stati soli noi ad aver fatto questi studi ma le assicuro che abbiamo dedicato a queste ricerche oltre a molto tempo un’attenzione tutta particolare.”

Più importante è l’industria tessile soprattutto coi cotonifici di Gallarate e Busto Arsizio nella pianura al confine del milanese.
Va qui notato di passaggio che l’industria tessile al cui lo straordinario sviluppo il mercato interno non basta ed occorre l’esportazione è in crisi da oltre tre anni.
La concorrenza straniera la batte sui prezzi malgrado l’alta qualità della produzione.
I nostri industriali sostengono che non è colpa loro.
I costi salgono con la demagogia e con la pressione fiscale e rimproverano al governo un liberalismo eccessivo di fronte all’importazione estera.

Dopo l’industria tessile viene la metalmeccanica. Una parte di essa che prima della guerra si dedicava all’aeronautica oggi si è convertita in motocarri e in motoscooter, ai cuscinetti a sfera, senza contare che la produzione aeronautica va riprendendo.
Varese è un centro di carrozzieri tra i migliori d’Italia.
Un tempo fabbricava in modo speciale carrozzerie di lusso.
Ora anche autobus e vetture da grande turismo.

Interpelliamo la proprietaria delle Carrozzerie Macchi, la signora Luciana Sartorelli Macchi.
“L’origine è umile come la maggior parte delle industrie italiane.
Dal Milleottocento circa iniziò con la costruzione di carri agricoli e comuni Charet.
Poi passò alle più lussuose carrozzerie apprezzate per la linea elegante e per la loro leggerezza.”
“E parliamo sempre di carrozze a cavalli?”
“Sempre carrozze a cavalli.”
“Che tipi produceva?”
“Dunque dal Break al Tonnau ai Brugram ai Landaux ad altri tipi.
All’inizio del Novecento la fratelli Macchi iniziò la costruzione di carrozzerie per auto seguendo l’evoluzione dei veicoli industriali: dirigenze, pullman, furgoni.
All’insegna dello stesso nome sono nati i primi apparecchi dell’aviazione italiana ancor prima della guerra libica.
Dopo l’incursione aerea del 1944 che distrusse in pochi secondi il lavoro di diverse generazioni, si iniziò la ricostruzione della fabbrica fra le molteplici difficoltà e la carenza dei materiali e macchinari.
Ora credo di poter affermare che fra le carrozzerie è la più attrezzata e la produzione è di un pullman al giorno.”

Un’altra industria oltre a quella del cuoio è di vecchia e illustre origine.
La grossa carta di Varese a colori e a fiorami per coprire i libri e l’interno dei mobili.
Nacque a Bassano nel Veneto ad opera di un nobiluomo verso la metà del Seicento e giunse a Varese per un seguito di strane vicende.
Inoltre Varese dà il novanta per cento della produzione italiana di articoli in celluloide: pettini, spazzolini da denti e montature per occhiali. Ancora più alto è il posto della produzione di pipe: il novantotto.
Le pipe esportate dal Varesotto sono in bocca alla metà dei fumatori di tutto il mondo.
Dopo avere ricordato le sue ceramiche ed aggiunto che i suoi laghi ci danno il pesce persico, la trota, la tinca, il luccio, si può concludere che Varese lavora in modo vario e versatile così da ripararsi nei periodi di crisi ora con l’una ora con l’altra produzione.
In Italia questa è la strada buona.

La popolazione cresce celermente per l’immigrazione.
Chi ha pratica del Varesotto l’ha vista trasformarsi sotto i suoi occhi: villette di impiegati, casamenti operai sorgono in luoghi che noi ricordiamo romiti, regno di castagne e di lucciole.
Negli stessi villaggi d’impronta sette-ottocentesca nei quali l’eco del Parini sembrava risuonare accanto a quella di Stendhal, si incontra oggi una folla eterogenea di gente di ogni provenienza ed ogni dialetto.
Si è trasformata la città coprendo la sua vecchia faccia di ricche costruzioni nuove che le danno un aspetto di metropoli in miniatura.
Il Credito Varesino è una delle maggiori banche regionali lombarde.
I negozi di lusso sotto i portici di fresca data non sono provinciali per qualità e prezzi.
A chi la attraversa in fretta, Varese si presenta come una città di cuccagna borghese, una città in cui il Natale è perpetuo.
Vi risplendono specialmente i salumi, i formaggi, le pasticcerie, i caffè, giacché anche l’industria alimentare a Varese è importante.

Porgiamo il microfono a Giuseppe Vallenzasca, proprietario di una salumeria.
“Io quando volgo lo sguardo al passato di quindici vent’anni fa, vedo un maggior consumo nei prodotti specialmente della gastronomia.”
Maggior consumo dei prodotti di qualità.”
“Se le chiedessero la ricetta di un antipasto?”
“Oh una cosa facilissima.
Per esempio, non so, una galantina di pollo, un buono spumone di prosciutto cotto.
Una cosa facilissima.
Vanno dal salumiere, comprano duecento trecento cinquecento grammi di prosciutto secondo il loro fabbisogno e poi questo lo macinano molto bene, a macchina.
Gli aggiungono, una percentuale di, sul kilo di prosciutto cotto, duecento grammi di burro o di mascarpone o di panna a seconda della stagione. Poi lavorato bene cioè amalgamato, impastato bene, deve venire come lo spumone, lavorato bene con la frusta come si dice nei nel gergo del cuoco e poi si aggiunge un po’ di cognac.
Poi si serve, anche come piatto di mezzo, con gelatina, freddo.
Si mette nello stampo, si mette in frigorifero e poi al momento opportuno si leva e si serve.
È una cosa molto buona senz’altro e poi un cibo adatto anche ai bambini perché cosa vuole prosciutto cotto e panna o mascarpone che poi è un prodotto della panna, è una cosa molto buona e che non fa male.”

I suoi abitanti tengono alla buona tavola ma ad una tavola meno succulenta meno pastosa, più moderna di quella della Lombardia di pianura. Provincia industriale, Varese non è rossa bensì cattolica liberale e benpensante.
Sono temperati i caratteri.
In essi non si avverte quel doppio fondo, quella recondita violenza, quell’sottinteso di leggera follia che eccita a lavorare e che talvolta si rivela in modo diverso dalla Lombardia di pianura anche dove prevalgono opinioni conservatrici.
L’unico estro di Varese e un po’ di contrabbando con una vicina Svizzera che dà lavoro ai finanzieri.

La bellezza oggi bisogna cercarla a Varese in alcuni angoli che resistono ancora dietro la facciata nuova, in alcuni giardini e nell’atmosfera spaziosa. L’aria dolce che circola in Varese invita ad uscirne e a godere una bella natura nel senso più classico dell’espressione cioè di natura moderata e da mena.
Le nuove costruzioni non l’hanno sopraffatta e basta allontanarsene qualche centinaio di metri per ritrovarsi immersi tra villette e colline nella specie più mansueta di natura selvaggia.
Stendhal la predilesse.
Le colline boscose lasciano scorgere tra i varchi le Prealpi lombarde meste e meditative e la catena delle Alpi lontane se lo spazio si allarga.
Sette piccoli laghi interni.
Due grandi laghi: il Verbano e il Ceresio che bagnano la provincia e il Lario poco lontano con i loro riflessi spandono un’aria molle e lucente insieme.
Il Sacro Monte con il santuario in vetta è presente dovunque.
Più che straordinari spettacoli si ha qui la punta più romantica del paesaggio medio adatto per la riflessione, tutto velature, sfumato.
Il clima qui sempre moderato e piovoso favorisce la crescita d’alberi di una straordinaria bellezza forse più che in qualsiasi altra zona d’Italia.
Per questo il Varesotto fu sempre zona di villeggiatura civile.
Le ville gentilizie del Settecento si affiancano alle ville borghesi del secolo scorso.
Così tra i boschi di castagni e legate alla vita popolare sorgono le chiesette medievali di pietra grigia, i santuari contadini, numerosi sui Colli prealpini della Lombardia.
Gli speleologhi hanno scoperto nel Varesotto una delle zone più ricche per le loro ricerche.
I cacciatori trovano selvaggina nelle riserve di brughiera.
Ma forse questa plaga è soprattutto la più adatta alle semplici passeggiate nelle sue zone solitarie con sentieri che vagano tra boschi e castagni, noccioli, e robinie.
Accompagna le passeggiate il canto degli uccelli, la nota del cuculo.
A primavera il suolo si copre di fiori, primule gialle, madreselve, giunchiglie azzurre, ciclamini, violette e talvolta più raro il giglio rosso delle nostre Prealpi.

Un villeggiante dell’antichità è ricordato dall’avvocato Giulio Moroni.
“Sant’Agostino, ed è un fatto questo assolutamente storico, passò parecchie settimane in una località vicino a Varese e precisamente alla periferia di Varese, a Casciago, da dove si poteva ammirare in tutta la sua bellezza il panorama del Varesotto che è stato ora descritto.
Sant’Agostino passò qualche settimana in questa località denominata da lui le sue memorie Cassiciacum in attesa che Sant’Ambrogio più tardi gli somministrasse il battesimo e appunto per prepararsi a questa importantissima cerimonia.
Che Sant’Agostino abbia passato questo suo tempo nella località di Casciago è autorevolmente confermato in una lettera che Alessandro Manzoni scrisse nel 1845 e ultimamente ancora da uno studio fatto dal compianto cardinal Schuster, arcivescovo di Milano.

La provincia non è tra le più celebri d’Italia per le bellezze d’arte eppure contiene almeno tre luoghi d’arte di prima grandezza.
Castiglione Olona è un grazioso borgo del Rinascimento e la Colleggiata conserva gli affreschi di Masolino da Panicale, fondamentali per la storia della pittura.
Il santuario di Saronno ai confini della provincia in direzione di Milano si visitava per alcuni di quegli affreschi di Bernardino Luini che abbondano in Lombardia e senza spiccare uno per uno sembrano sciogliersi nella grazia lombarda.
Meno si badava invece ad un affresco della cupola di Gaudenzio Ferrari sporco di polvere di fumo.
Un recentissimo restauro ha rimesso in onore la più splendente e più ebbra composizione d’angeli tramandataci dalla pittura.
Oltre centoventi angeli dalla capigliatura fulva che suonano cantano e danzano disposti in cerchio intorno a Dio con un’ardita varietà di movenze.
Vorremmo invitare chi ascolta a conoscere questo capolavoro riscoperto.
Vi è infine il caso unico di Castelseprio.
Di antichissime confuse origini, municipio potente nei secoli prima del Mille.
Castelseprio comandò allora ad un territorio più vasto della provincia di Varese.
Fu alleato del Barbarossa finché Ottone Visconti lo fece radere al suolo verso la fine del secolo XIII.
Di quello splendore non restano oggi che pochi ruderi coperti da edera e di rovi nella valletta dell’Olona e accanto la chiesetta di Santa Maria Fuori Porta.
Qui nel settimo secolo giunsero dalla Siria, fondandovi un monastero e un ospizio, alcuni monaci missionari orientali delegati a combattere il paganesimo ed arianesimo tra il popolo lombardo.
Essi affrescarono la chiesa e gli avanzi dei loro affreschi furono ritrovati nel 1947.
Il giudizio di Berenson poi confermato da altri critici illustri divulgò la scoperta.
Il più sbalorditivo ed inatteso documento del secolo più oscuro dell’arte medievale, il settimo secolo, esemplare raro e tardivo della più raffinata pittura impressionistica ellenica.
Il luogo dove sorgono la chiesetta e i ruderi tra colli, prati, boschi e sentieri romiti è uno di quelli cui pensavamo dicendo che basta allontanarsi dall’abitato per trovarsi immersi nell’idillio selvaggio.
E negli affreschi si contempla qualcosa di interamente dissimile dalle idee convenzionali del medioevo.
Un vegliardo è seduto, un angelo che discende, Sant’Anna coricata dopo aver partorito la Vergine, il gruppetto dei Magi che offrono i doni al bambino.
Schizzati dall’impressionismo ellenistico ricordano i disegni di figurette mosse, colte dal vero del Settecento veneziano.
Non vi è molto divario tra il paesaggio del varesotto e il paesaggio del comasco.

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