Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Attualità

EMERGENZA PRIMARIA

ROBERTO CECCHI - 23/06/2022

piagheForse non siamo ancora alle dieci piaghe d’Egitto di cui parla la Bibbia, nel secondo libro dell’Esodo, ma ci poco manca. Non s’è ancora visto l’acqua tramutarsi in sangue e non c’è stata per ora neanche l’invasione di zanzare o altre disgrazie del genere, di cui parlano le sacre scritture (ma le cavallette in Sardegna ci sono davvero!). In compenso, da due anni stiamo soffrendo gli effetti di una pandemia catastrofica (il Covid) che ha fatto milioni di vittime in tutto il mondo e non ci sono segnali chiari che la malattia stia finendo veramente. Adesso, da poco più di tre mesi, stiamo vivendo una guerra crudele e assurda (la Russia che invade l’Ucraina!), alle porte di casa, con migliaia di morti e il rischio incombente di un conflitto nucleare che, tuttavia, parrebbe allontanarsi, anche se non c’è da stare affatto tranquilli con l’autocrate di San Pietroburgo. Anche a causa di questa guerra, siamo nel bel mezzo di una crisi energetica, col rischio di passare al freddo il prossimo inverno e il pericolo che il sistema industriale non abbia i mezzi energetici per produrre i beni che servono. Nel frattempo, l’inflazione è andata alle stelle a causa dei costi fuori controllo delle materie prime e rischiamo di finire in recessione.

Per risolvere queste situazioni di crisi le cose da fare sono parecchie. Se non vogliamo altre crisi pandemiche, bisogna impegnarsi nella prevenzione su scala territoriale. Dobbiamo ridisegnare il sistema sanitario nazionale e progettare una sanità che sia più vicina alla gente e sia un presidio attivo contro le minacce che la realtà continuamente propone. Abbiamo bisogno di una sanità che sia tempestiva e capace d’integrarsi rapidamente con la ricerca di base. Adottando un modello diverso da quello attuale, che ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza, per l’eccessiva frammentazione, tra una regione e un’altra, tanto da dover far fatica ad emanare direttive univoche per il territorio nazionale. Per sviluppare un progetto di questa natura, bisogna conoscere bene la realtà nazionale nelle sue diversità e avere la forza e le capacità di convincere le monadi regionali ad un progetto comune.

Quanto all’Ucraina, bisogna continuare a sostenerla, convintamente, dando dimostrazione di possedere unitarietà d’intenti, cacciando via qualsiasi tentativo di dividerci – come sta accadendo – per disgregare il fronte che si è creato in Occidente a favore dei valori di libertà e giustizia. Gli aiuti all’Ucraina, sono aiuti a noi. Al nostro futuro. E lo sono anche per la collettività internazionale perché, in questo modo, si dà una dimostrazione tangibile che battaglie come queste sono battaglie che vale la pena combattere e che combatteremo ogni volta accada che qualcuno immagini di poter mettere in discussione i nostri valori. Battaglie per riaffermare principi morali e non solo per coltivare interessi economici. Analogamente, va combattuta la crisi energetica. Non si può andare semplicemente in cerca di altri produttori di gas e petrolio per supplire ai tagli dei russi. Va intrapresa una via di indipendenza energetica, il che vuol dire anche imboccare il processo di transizione ecologica. Perché la nostra alternativa alle risorse energetiche fossili è semplicemente l’eolico, il solare e l’idrogeno. Oltre alla prospettiva molto concreta di energia atomica pulita, quella che proviene dalla fusione nucleare (e non dalla fissione).

Si tratta di progetti importanti e impegnativi. Vitali, viene da dire. Improcrastinabili. Per realizzare i quali ci vorrebbero coesione e capacità. Mentre non c’è spazio per i capricci, come invece succede di vedere adesso, con un parlamento terremotato, dominato da litigi e ripicche. Il nostro sistema imprenditoriale ha dimostrato una grande capacità di resistere e anzi, addirittura, dopo la crisi epidemica, ha saputo fare molto meglio di tanti altri nel mondo. Per andare avanti, per creare ricchezza, gli imprenditori, chiedono «stabilità normativa e i tempi della giustizia»” (la Stampa, 21.6.22). Soprattutto, che i tempi della giustizia non siano quello che sono adesso. Non chiedono riforme come quelle che prevedeva il referendum fallito di pochi giorni fa che, più che altro, facevano pensare a delle ritorsioni per le troppe inchieste subite. C’è bisogno di concretezza e solidità. Ci vorrebbero degli statisti, ma sarebbe chiedere troppo. Basterebbe semplicemente avere delle persone serie (e forse anche questo è chiedere troppo).

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login