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Attualità

CLIMA MALATO

SERGIO REDAELLI - 07/07/2022

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Il ghiacciaio della Marmolada teatro della tragedia

Tutti d’accordo, la colpa non è della fatalità, è dell’uomo. La tragedia della Marmolada con nove escursionisti morti, molti feriti e tre dispersi per lo stacco di un seracco in alta quota, è stata provocata dal clima malato che divora i ghiacciai. Il giorno della tragedia in cima alla montagna c’erano dieci gradi che a tremila metri sono ormai quasi la regola, con scarso innevamento e condizioni da fine agosto inizio settembre. “In questo periodo – deplora Reinold Messner – non si va sotto un seracco”. Tra le cause dell’incidente c’è anche dunque l’imprudenza. Gli esperti prevedono che tra 30 anni il ghiacciaio della Marmolada non esisterà più.

Le cifre del riscaldamento globale fanno paura: sul luogo del disastro lo spessore del ghiaccio si è assottigliato di nove metri in dieci anni, il Cervino ha perso il 40% in sessant’anni, il Moncenisio più del doppio, dal 1960 a oggi le temperature medie sono aumentate di due gradi sui ghiacciai alpini erodendo tre km quadrati all’anno e lo zero termico “si è alzato” oltre quota quattromila. I giornali fanno a gara nello sparare titoloni ma il problema dello stress climatico è antico e gli esperti dicono che c’è un’alta probabilità che i fenomeni si ripetano sempre più spesso. Con buona pace dei negazionisti.

Jeffrey Sachs, a lungo consulente dell’Onu per i problemi ambientali, conferma al quotidiano La Repubblica che “i pericoli si moltiplicheranno esponenzialmente perché l’umanità sperimenta il costo di avere infranto i limiti provocando immense siccità, la distruzione irreparabile di foreste pluviali, l’estinzione di specie animali, lo scioglimento dei ghiacci polari, il rallentamento della circolazione delle correnti oceaniche e l’innalzamento di parecchi metri dei livelli del mare”. Presto emergeranno anche problemi nella produzione di energia, il 20 per cento dell’acqua che alimenta le centrali idroelettriche proviene dai ghiacciai.

È un mondo che va alla rovescia. Ovunque avvampano le guerre, buona parte del pianeta soffre la fame e non c’è alcun rispetto per l’ambiente che mette l’intero genere umano a rischio di estinzione. Sono stati superati in anticipo i limiti della “neutralità climatica” previsti dall’accordo di Parigi entro il 2050 contenendo l’aumento massimo della temperatura entro 1,5 gradi e intensificando le politiche di bassa emissione dei gas serra. Un impegno che comunque non basterà senza una seria assunzione di responsabilità del resto del mondo, senza un cambio di rotta delle lobbies che preferiscono produrre le armi e alimentare le guerre.

Eppure investire per salvare il pianeta sarebbe un enorme business. Si calcola che l’adattamento al climate change richieda investimenti tra lo 0,2 e il 3,5% del Pil europeo. In cambio, grandi rendimenti sarebbero garantiti a chi investe in opere per aumentare le difese contro le inondazioni, per creare aree verdi di raffreddamento nelle città, per adattare la gestione forestale e dell’agricoltura ai climi più caldi. Purtroppo, tra i capi di Stato l’unica voce che batte sistematicamente sull’allarme ambientale sembra essere quella del papa che già nel 2015 ha dedicato l’enciclica Laudato Si’ alla cura della casa comune.

Le sue parole sono un dito puntato contro i potenti del mondo: “La politica e l’economia tendono a incolparsi reciprocamente per quanto riguarda la povertà e il degrado ambientale – scrive Francesco nell’enciclica – Mentre gli uni si affannano solo per l’utile economico e gli altri sono ossessionati dal conservare o accrescere il potere, quello che ci resta sono le guerre o gli accordi ambigui e ciò che meno interessa alle due parti è preservare l’ambiente. Abbiamo bisogno di cambiare il modello di sviluppo globale e di riflettere responsabilmente sul senso dell’economia e sulla sua finalità, per correggere disfunzioni e distorsioni”.

“Serve una politica che porti avanti un nuovo approccio integrale, includendo in un dialogo interdisciplinare i diversi aspetti della crisi. Spesso la politica è responsabile del proprio discredito, a causa della corruzione e della mancanza di buone iniziative pubbliche. Uno sviluppo tecnologico ed economico che non lascia un mondo migliore e una qualità della vita integralmente superiore non può considerarsi progresso”. L’occasione da non perdere è dunque il prossimo Cop27 (la conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) che si terrà in novembre in Egitto.

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