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Chiesa

ALBINO E JORGE

SERGIO REDAELLI - 22/07/2022

papalucianiAlbino e Jorge hanno molto in comune: entrambi figli di italiani emigrati in Argentina, entrambi contrari a utilizzare i segni del potere papale (servirsi della sedia gestatoria o farsi incoronare con il triregno, cioè la tiara di tre corone sovrapposte), entrambi fedeli allo spirito innovatore del concilio Vaticano II, refrattari al concetto di carriera, operatori di pace, vicini ai poveri e decisi ad eliminare l’affarismo interno al Vaticano. Nel caso di Giovanni Paolo I – il “papa del sorriso” – questa voglia di pulizia provocò una lunga scia di insinuazioni post mortem, addirittura il sospetto che fosse stato avvelenato con il cianuro.

Non per caso dunque toccherà a Bergoglio celebrare la beatificazione di papa Luciani domenica 4 settembre al termine del lungo processo diocesano e poi romano iniziato nel 2003 durante il pontificato di Karol Wojtyla. Tutto è già pianificato nei dettagli: la veglia la sera prima in S. Giovanni in Laterano con la lettura di alcuni testi del defunto, la celebrazione del rito presieduta da Francesco in piazza S. Pietro con la lettura della petizione e il dono di una reliquia, infine la messa di ringraziamento la domenica successiva, 11 settembre, nel paese natale Canale d’Agordo. Quarantaquattro anni dopo la morte del papa, 65enne, che regnò solo 33 giorni.

Una morte improvvisa e inaspettata, nottetempo, su cui si è molto speculato. Era il 28 settembre 1978 e alcune circostanze alimentarono le fantasie: la salma non fu sottoposta all’autopsia e all’esame tossicologico, ci si limitò a dare notizia del trapasso con un bollettino medico; non era chiaro chi la mattina avesse trovato il pontefice morto nel suo letto (in realtà fu Vincenza Taffarel che accudiva Luciani sin da quando era patriarca di Venezia) mentre la versione ufficiale parlava del segretario John Magee. Infine il “giallo” del momento del decesso: ufficialmente avvenne leggendo a letto “L’imitazione di Cristo”, in realtà il papa impugnava alcuni fogli di appunti sul colloquio avuto con il segretario di Stato Villot.

Perché tante discrepanze fra l’ufficialità e gli eventi reali? Un quesito che ha ispirato le penne di una folla di cronisti, biografi e scrittori. Fino alla pubblicazione nel 2017 di “Papa Luciani, cronaca di una morte” di Stefania Falasca, vaticanista e vice-postulatrice della causa di beatificazione, che ha chiarito i fatti con decine di interviste e puntigliose ricostruzioni. Niente intrigo poliziesco come sosteneva David Yallop nel libro “In nome di Dio”, niente sicari della mafia americana, truffe con azioni false scoperte dal papa, fiale di cianuro e mandanti illustri come il cardinale Marcinkus, che forse Luciani voleva allontanare dai maneggi dello Ior, la banca vaticana.

Fu una morte improvvisa per infarto miocardico acuto o morte istantanea, come viene anche detta. “Sembrava addormentato”, testimoniò il cardinale Carlo Confalonieri tra i primi a vedere la salma: “la testa lievemente reclinata e il volto con il sorriso abituale”. Chi entrò nella stanza trovò la luce accesa sopra la spalliera, due cuscini dietro la schiena per stare eretto, le gambe distese, le braccia sopra il lenzuolo, gli occhiali sul naso, gli occhi semichiusi, il corpo ancora tiepido. Il suo cuore aveva cessato di battere per cause naturali mentre aspettava di prendere sonno. Tutto qui.

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