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In Confidenza

RI-BELLARSI

Don ERMINIO VILLA - 09/09/2022

ribellarsi“Renderò bello tutto ciò che mi circonda: quella sarà la mia vita”: questa idea dell’interior designer Elsie De Wolfe ci aiuta a capire il Vangelo.

Le forze del male si oppongono a una parola che fa bene, ma Gesù lotta contro quel negativo che rende il cuore impuro / sporco / inquinato, lo vince e torna il bello.

Impariamo da Gesù ad essere ‘ribelli’.Ri-bellarsi” vuol dire avere voglia di “tornare al bello”.

L’obiezione può essere scontata: l’etimologia corretta è “fare di nuovo guerra”, secondo il termine latino “bellum”.

Ribellarsi come tornare al bello è avere voglia di combattere quei tiranni interiori di cui siamo sudditi inquinati: ciò che fa sembrare brutto quello che non lo è, ingrigendolo; ciò che preferisce maschere invece che volti; ciò che ama la vetrina e dimentica il magazzino; ciò che al sapore del lavoro preferisce il prurito del profitto.

Voglio tornare al bello! Mi ‘ri-bello’, dunque sono!

L’esperienza drammatica del virus ci ha fatto mancare il fiato, facendoci sperimentare la potenza del male, a livello fisico, ma anche e soprattutto psicologico e sociale.

Viene da chiedersi, a volte, quante siano realmente le vittime del covid considerando quelle non contate nella cifra quotidiana: penso ai suicidi, ai crepacuore per il fallimento, agli ammazzati per raptus esasperati dal contesto…, ma anche alla crisi dei rapporti di coppia o amicizia, alla fine di progetti, di attività, di iniziative, di eventi, alla chiusura di aziende, di negozi, di posti di lavoro… o alla perdita dell’emozione in musica, teatro, arte o sport…, o all’interruzione di dialoghi: per mesi e mesi si è parlato solo di quello.

E poi pensiamo a noi: se tutto è on-line, non finiamo off-life?

Tutti questi fatti ci scuotono perché c’è la morte fisica ma anche quella morale e interiore. Abbiamo bisogno di Vangelo, di una buona notizia, che abbia l’autorità e l’autorevolezza di contagiare di bello.

In greco Eu-anghèlion” significa “buona notizia”. Non però nel senso di un’informazione generica ottimistica.

Il termine non era usato comunemente in modo leggero, ma solo in tre casi, con un peso specifico denso di autorità: per la vittoria di una battaglia, per la nascita del figlio del re, per la concessione di grazia che liberava da prigionia o debiti.

È autorevole la parola che porta il bene (la sconfitta del nemico), che apre un futuro sicuro e speranzoso (il principe ereditario), che dona un respiro nuovo (lo spezzare gabbie e macigni).

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