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Cultura

L’APOCALISSE

LIVIO GHIRINGHELLI - 16/09/2022

durer_i_quattro_cavalieri_dellapocalisseDesolazione, rovine, distruzione, lacrime: la volontà di potenza, che sembra accamparsi minacciosa sul mondo, l’imperversare di una pandemia che nell’alterazione del quadro di natura sconvolge ogni attesa di speranza e di progresso e determina irreversibili compromissioni dell’equilibrio evolutivo della civiltà, cui fa riscontro l’affermazione perentoria della licenza sfrenata sulle esigenze di libertà, l’indifferenza utilitaristica ed egoistica su ogni ragione solidale: ecco il quadro tempestoso e già più volte evocato di una vera Apocalisse (i quattro cavalieri che imperversano raffigurando nella celebre incisione di Dürer del 1497 lo scatenarsi di peste, fame, guerra e morte la rendono di estrema attualità).

Ma di contro all’interpretazione pessimistica, che all’ultimo libro della Bibbia cristiana si è spesso data, vale il criterio non univoco di una lettura allegorica e spiritualizzante del testo giovanneo, che apre a una rivalutazione dell’esperienza dell’umanità in chiave di storia della salvezza.

Non bisogna tanto insistere sulla prospettiva di un quadro di sciagure, catastrofi epocali, guerre cosmiche con grande spreco di effetti speciali. Va privilegiato nel termine Apocalisse il significato di rivelazione, quella di Cristo Signore del cosmo e della storia con l’avvento della Gerusalemme celeste. Per un verso il testo è dinamite, trovando riscontro nel passato, nell’ideologia del progresso, che Gioacchino da Fiore trovava nelle tre età della storia umana e della Chiesa (quelle del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo) e nel potenziale rivoluzionario sviluppato in più occasioni. In prima luce va evidenziato che nell’Apocalisse, amplificati in un’iperbole cosmica, ci sono tutti i motivi che animano la tragedia umana, nel bene e nel male. Eccessi, tuoni e colori rutilanti cedono a tratti ad annotazioni delicate, al mormorio della preghiera, ad una liturgia celeste con aromi e profumi, che parlano ai sensi.

L’Apocalisse è soprattutto il trionfo dell’Agnello ed è più il libro del fine che della fine. Nell’assecondare o meno il piano di Dio all’uomo è stata conferita con la libertà una grande responsabilità: quella di operare il bene, sottraendosi alla seduzione del male, ma anche all’indifferenza (chi segue la Bestia non è necessariamente cattivo, ma non fa la scelta decisiva; la bestia che sale dal mare ben si può individuare nel tralignare del potere politico quando, facendosi prepotente, pretende per giunta di essere adorato). L’Apocalisse si è venuta formando come testo gradualmente all’interno delle comunità giovannee tra il 90 e il 95 d.C. verso la fine del regno di Domiziano, persecutore dei cristiani, assassinato nel 96 d.C. L’autore, che si cela sotto lo pseudonimo di Giovanni, ci parla di una rivelazione ricevuta nel momento della sua prigionia a Patmos, sofferta a testimonianza di Gesù.

La lunga lettera è inviata alle sette Chiese dell’Asia minore (Efeso, Smirne, Pergamo, Tiatira, Sardi, Filadelfia e Laodicea), con l’invito in tempi di martirio a verificare lo stato d’ascolto della Parola divina e a ritrovare quei tratti che illuminano il presente orientandolo verso il Giudizio finale e la Gerusalemme celeste. Chiare le allusioni ai fatti contemporanei, ma li si trascende.L’uso del simbolismo strappa le singole immagini dal contesto iniziale per farne icone rivelatrici per ogni tempo. Quanto è annunciato nella sezione più propriamente apocalittica (4,1- 22,5) non si deve necessariamente cercare nel futuro, bensì va scorta la condizione della Chiesa in qualunque età. L’epilogo è dominato dall’invocazione: “Vieni, Signore Gesù”, con la risposta: “Ecco, vengo presto, con me ho la mercede che darò a ciascuno secondo le sue opere. Io sono l’Alfa e l’Omega”. Le visioni dell’Apocalisse si presentano in serie di settenari (7 sigilli, 7 trombe, 7 coppe). Vi è descritta la situazione della Chiesa tormentata dalle ostilità, con i giudizi di Dio sui persecutori, sino al giudizio finale con la felicità definitiva a chiusura della grande epopea dell’attesa.

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