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Editoriale

OSTILI

MASSIMO LODI - 07/10/2022

meloni2Il curioso è che prima alla Meloni vincitrice si chiede d’abiurare il sovranismo, moderarsi, trasformare la destra estrema in forza liberalconservatrice. Poi, se accenna a seguire il consiglio, la si taccia d’obliqua credibilità, astuzia pseudomachiavellica, strategia di corto respiro. Ovvero: il suo artifizio si rivelerà presto per quel che è, l’eventuale governo avrà vita breve, prevedibile/ovvio il veloce ritorno dell’Italia al punto di partenza. Un Paese incapace di darsi stabilità.

Guai poi alla Meloni che fa intendere come sia sempre opportuno avvalersi di competenze intorno a Chigi. E tanto più in un frangente economico-sociale drammatico, con la guerra in corso, l’inflazione al galoppo, le fasce deboli della popolazione che s’infragiliscono di giorno in giorno. Se la vostra salute fosse precaria e aveste bisogno di cure, vi rivolgereste a un fuoriclasse della medicina o al tapascione con cui correte la domenica?

Questo poco per affermare: non è il momento, non è proprio il momento, delle ideologie innanzitutto, e della spartizione a ogni costo, e degli attorcigliamenti intellettual-politici. Per aver fatto capire un’ovvietà, cioè l’adesione al realismo praticato dal governo uscente, la Meloni subisce l’assalto di avversari (vabbè) e amici (vabbè un corno). Secondo gli uni e idem gli altri, collocare degli esperti nei ministeri-chiave, interni esteri economica difesa giustizia, sarebbe una violazione del patto siglato con gl’italiani. Del giuramento sacro in campagna elettorale: basta con i non eletti, avanti gli eletti.

Quanto sia demagogico e ridicolo l’appunto, ça va sans dire. Conquistato il favore della maggioranza dei votanti, chi guida un governo dev’esser pratico, mediare con i partner, coinvolgere quando e se può le minoranze, non fuoruscire dal quadro internazionale dov’è piazzato il Paese, mettervi al servizio le energie migliori, teste pensanti in primis. Che poi abbiano una militanza partitica o non ce l’abbiano, cosa importa? E cosa osta all’ingresso d’un tecnico di comprovata qualità nell’esecutivo? E cosa c’è di grave nel dare continuità al draghismo, se giudicato buono, anche perché imposto dalla terza guerra mondiale sostanzialmente in atto?

Non è il pregiudizio degli avversari, dichiarato senza remore, il peggior nemico della Meloni. È il postgiudizio dei sodali, scornati dal risultato delle urne, gelosi della sorprendente primazìa d’una donna, privi di senso dello Stato e afflitti da timori di bottega. Ecco, se la destra ha una possibilità di dimostrarsi migliore della sinistra dopo l’epocale avvicendamento, il successo dipende da sé stessa e da nessun altro. Anche chi non ha votato la Meloni, né ce l’ha in simpatia, confida d’essere smentito dai fatti, a pro del superiore interesse nazionale. E dunque che lei riesca nel miracolo di gestire bene una contingenza dove tutto gira male, scegliendo chi le aggrada, lavorando come le pare, ascoltando quelli/1 che vuole, chiudendo la porta a quelli/2 che volentieri gliela sbatterebbero in faccia, se potessero. E abitano incredibilmente nella sua casa, questi biliosi condòmini.

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