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Attualità

HANGAR E DISTINGUO

FABIO GANDINI - 07/10/2022

rigenerazioneEx Aermacchi, eppur si muove.

Oppure: quant’è difficile cambiare.

Si è e si resta alquanto indecisi su quale incipit scegliere per dare il la a un articolo sulla vecchia zona industriale incastonata tra via Sanvito e via Crispi a Varese.

Entrambi quelli proposti hanno un’ancora che li connette all’attualità, il secondo – però – introdurrebbe anche un’analisi più profonda, una riflessione sulla sorte cui talvolta vanno incontro quei pezzi di città che appartengono ad un tempo che non torna più e annientano un presente dopo l’altro.

Il qui e ora inutile dell’ex Aermacchi dura da diversi lustri: è iniziato persino prima rispetto all’abdicazione dell’ultima realtà produttiva che ne ha occupato gli spazi. E quello che una volta era un fulcro vitale che ogni giorno si componeva di persone, di progetti e di laboriosità, è diventato un cadavere in mattoni che nessuno si è preso la briga nemmeno di coprire come si fa con i morti che rimangono sulla strada.

Mattoni. E amianto. A comporre i tetti dei capannoni, a librarsi nell’aria in silenzio: nemmeno la paura di chi lì intorno abita e respira ha smosso le acque, placide perché costrette nella morsa di un contesto in cui pubblico e privato non si sono mai messi d’accordo e forse nemmeno così convintamente parlati.

Nell’ultima parte della prima amministrazione Galimberti uno slancio improvviso e dai più inaspettato ha rotto la quiete: ecco un progetto, ecco la voglia non solo di un presente utile, ma proprio di un futuro.

Tutti convinti? Manco per idea.

Il primo distinguo ha riguardato la natura del privato interessato a rigenerare l’area: un nome della grande distribuzione che dentro la stessa – a fianco di una struttura per lo sport e di un parco pubblico – avrebbe costruito un supermercato e altri esercizi commerciali. Dissentire è lecito, ma togliersi la puzza da sotto il naso e pensare piuttosto al possibile ritorno collettivo dell’operazione lo è altrettanto.

Tra mozioni presentate in consiglio comunale, nascita di comitati di quartiere e illustri pareri negativi, all’orizzonte si è palesato poi un secondo problema: la salvaguardia dell’architettura industriale presente in loco, con tanto di ammonimento della Sovrintendenza a bloccare qualsivoglia intervento su di un hangar del 1915 e una torre dell’acqua datata 1915.

Un anno intero trascorre allora nel silenzio, l’amianto rimane sui tetti, sembra la fine di tutto. A luglio, invece, quasi in sordina perché le belle notizie fanno sempre meno notizia di quelle brutte, ecco che sull’albo pretorio di Palazzo Estense compare l’atto di negoziazione di un nuovo progetto, redatto una seconda volta nel rispetto delle determinazioni della Sovrintendenza.

L’iter è dunque ripartito, a settembre camion e operai hanno marciato su via Sanvito. La foto più bella del loro lavoro? Quella presa dall’alto a mostrare uno dei capannoni senza più la copertura: la rimozione dell’amianto è ricominciata.

All’inizio di questa settimana un’altra novità: un murales con la scritta “rigenerazione” a lettere cubitali. Era l’ultima prova necessaria.

Ma che fatica lasciare il passato, qualche volta, in questa città.

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