Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Storia

VARESE SENZA CAMICIA NERA

LUISA NEGRI - 21/10/2022

 

Com’era la Varese degli anni Venti, cento anni fa, alla vigilia di quella goffa, prepotente ma storica marcia su Roma, mese di Ottobre, che preludeva a un’epoca sempre più inquieta?

Per capirne la “consistenza”, cioè i dati più significativi sulla realtà economica, sociale e culturale, viene in aiuto una Guida locale proprio del ‘22, pubblicazione dell’ufficio di Indicazioni di Varese stampata dalle Arti Grafiche Varesine.

“Capoluogo di Circondario nella Provincia di Como, il Comune di Varese, costituito da un nucleo centrale e da sei sobborghi, detti castellanze, è di forma pressoché circolare con una superficie di chilometri quadrati 20.000”. Così informava la guida, che ricordava la rete urbana e rurale di circa 100.000 chilometri, una popolazione di 23.097 abitanti, secondo il censimento del 1921, e una temperatura ideale. “Il clima era vantato come “saluberrimo”, l’atmosfera “sempre mossa da una brezza deliziosa”, le notti, “come le mattinate e serate, sempre fresche. Il freddo è perfettamente secco e la nebbia non s’alza mai”.

Se l’idilliaca rappresentazione climatica può suscitare qualche dubbio, forse a scopo di propaganda turistica, basterebbe consultare oggi anche la sola “Cronaca dell’Adamollo” per smentirla. E scoprire, in quella Varese pur felicemente posizionata tra lago e collina, le consuete intemperanze del maltempo raccontate dai cronisti succedutisi. Tradotte già fin d’allora in temporali, alluvioni, fulmini e grandine, e via dicendo.

Si trattava comunque di una meta tranquilla, ed elegante, da non trascurare. Anche perché dal capoluogo milanese si arrivava, in un’ora e mezza, in cima alla montagna varesina.

Erano nate le funicolari, Varese ne aveva allora ben tre. Una per il Sacro Monte, una per il Campo dei Fiori e l’ultima, che sarà distrutta dai bombardamenti nel ‘44, per il Colle Campigli. Dove sorgeva una delle perle della Società Grandi Alberghi, il Palace Hotel, nato col Kursaal proprio al Colle Campigli. Lo affiancavano nell’accoglienza il Grand Hotel Campo dei Fiori, gioiello dell’architetto Sommaruga, e l’Excelsior, già villa Recalcati Morosini, oggi sede della Provincia. Collocato accanto all’ippodromo, allora a Casbeno, l’Excelsior era nato per un turismo d’élite internazionale, legato al mondo dell’ippica. Ville di delizia e ville Liberty, sorte ai piedi e lungo i fianchi della montagna, accoglievano il milanese in villeggiatura come il turista benestante, amante dei laghi, in cerca di ristoro e mondanità. Il tutto inserito in una cittadina tranquilla e riservata. Dov’era una cerchia di artigiani abili, di imprenditori capaci, di attivi commercianti che portavano lustro e un discreto benessere. La birreria Poretti, il Calzaturificio di Varese, la Conceria di Valle Olona, e diverse altre realtà industriali di prim’ordine davano lavoro a una numerosa maestranza.

C’era allora anche un teatro, il bel Teatro Sociale, opera di Ottavio Torelli, inaugurato nel 1791, poi trasformato da Achille Sfondrini nel secolo successivo e di nuovo inaugurato nel 1861. Aveva ospitato Napoleone e Giuseppina Beauharnais nel 1797, aveva visto anche le scaramucce tra Austriaci e patrioti varesini. Ospiterà nel 1924 il grande Toscanini, allora direttore alla Scala, chiamato a inaugurare la stagione estiva con un importante concerto sinfonico.

Sono gloriose pagine storiche, quelle delle funicolari e del teatro, destinate a chiudersi nel ’53 con lo smantellamento del teatro e l’arresto delle funicolari.

Ma torniamo al ‘22, e scopriamo che il montepremi del Premio Varese dedicato all’Ippica viene portato a 22mila lire. Alba Bernard, autrice di “Varese a cavallo di due secoli” (Lativa, 1978), ha ricordato che fu sempre inteso come evento di eleganza e mondanità internazionale.

Ma accanto agli sport e agli ambienti più ricercati, riservati ai ricchi, i comuni mortali si divertono in modo più semplice, sui pattini sopra i laghi ghiacciati di Ganna e Ghirla, o a Masnago. E con le sciate casarecce sulla Forcora, o al Brinzio, o nella vicina Svizzera italiana. Le sale di proiezione, i cinema, sono a loro volta già realtà: il Lyceum è proprio del ’22, il bel cinema Vittoria esisteva dal ’19.

Anche i caffè, coi loro buoni ménage a carattere familiare, sono appannaggio di tutti. Nel ‘22 si contano 35 esercizi, tra caffè, liquorerie e gelaterie. Aprirà, ma due anni dopo, anche il famoso bar Leoni, vicino al negozio del fotografo Alfredo Morbelli, arrivato di fresco dall’Argentina nel ’21. Pochi lo sanno, ma è il figlio di Angelo Morbelli, il grande pittore divisionista: il suo negozio è in via Vittorio Veneto al 9, sotto l’insegna Morbelli e Colombo. Accanto a lui sono in attività i colleghi Fulco Ballerin, Antonio Carnelli, Enrico Malinverno in via San Martino, e M. Reguzzoni, in via Privata, 2.

Morbelli sarà fedele fotoreporter per un ventennio della Cronaca Prealpina, giornale fondato dall’ottimo cronista Giovanni Bagaini nel 1888.

“La bagaina” è a quei tempi realtà giornalistica fondamentale per il territorio, assieme al settimanale cattolico Luce, creatura del battagliero Monsignor Luigi Sonzini.

Nel ’28 il Bagaini sarà estromesso, per ragioni politiche, dal suo amato giornale. A sostituirlo, un personaggio ben accetto a chi comanda.

Da quell’ottobre del ‘22.

Le foto sono tratte dai volumi, a cura di Luisa Negri e Francesco Ogliari “Alfredo Morbelli Fotografo in Varese 1920-1940″ (Varese, Lativa, 1993) e “Alfredo Morbelli L’emozione del ricordo” Varese, Lativa, 1996

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login