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Opinioni

BUONA SCUOLA

ROBI RONZA - 21/10/2022

la scuola paritaria Manfredini di Varese

la scuola paritaria Manfredini di Varese

Per l’importanza che ha sia per il nostro presente che per il nostro futuro dovrebbe perciò essere un obiettivo primario di qualsiasi governo. Eppure non è così: anche se tutti ne parlavano nel loro programma delle scorse elezioni, nessuno dei partiti che si sono presentati l’ha indicata tra le sue priorità. Come mai? Forse perché tutti sanno che è una gigantesca gatta da pelare sia a causa delle sue dimensioni e sia soprattutto a causa del potere che hanno in essa dei sindacati corporativi che di fatto la governano impedendo sin qui l’introduzione di qualsiasi efficace sistema di valutazione della qualità del lavoro degli insegnanti. La scuola statale italiana è fatta su misura per le esigenze dei suoi insegnanti, specialmente dei meno preparati e dei meno motivati, e non per il bisogno di istruzione dei suoi studenti.

A causa di ciò nel tempo si è stretto un patto perverso in forza del quale l’insegnante è sottopagato ma in cambio può, secondo quel che vuole e quel che sa, sia insegnare che non insegnare perdendo tempo e facendolo impunemente perdere ai suoi alunni. Per soprammercato si è diffusa l’idea che nelle scuole dell’obbligo si debba infine sempre promuovere. Ciò con danno immediato e anche con la conseguenza di inviare studenti impreparati a compromettere l’insegnamento nelle scuole superiori pure di quegli insegnanti che sono disposti ad insegnare.

Per di più anche gli insegnanti (non tutti) che sono in cattedra per aver vinto dei concorsi sono stati selezionati sulla base della loro conoscenza delle materie ma non delle loro capacità pedagogiche. E di nessuno si controlla poi nel tempo l’aggiornamento. Per tutti questi motivi studiare nelle scuole statali, ossia in Italia in quasi tutte le scuole, è un po’ come giocare al lotto: qualcuno vince, ma la maggior parte perde. La conseguenza di tale stato di cose è fra l’altro un forte tasso di abbandoni, 543 mila all’anno, e infine un numero di diplomati e laureati proporzionalmente molto più basso che in altri Paesi europei confrontabili con il nostro.

Diverso è il caso degli istituiti paritari che però in Italia sono attualmente poca cosa: l’anno scorso 12.202, di cui 8634 scuole dell’infanzia (zero-cinque anni), con 814.390 scolari e studenti.

Fermo restando che la scuola va ripensata superando la riforma Gentile del 1923 su cui ancora sostanzialmente si basa, qual è a mio avviso la via su cui incamminarsi per risolvere questo immane problema? È quella di riconoscere all’utente il diritto a scegliere dove e da chi acquistare il servizio scolastico tramite la concessione di un buono scuola, peraltro promesso sia nel programma elettorale di Fratelli d’Italia che in quello di Forza Italia. Un buono scuola valido però non soltanto per le scuole paritarie ma anche per la scuola statale che nel nostro Paese non può che continuare a lungo ad essere quella predominante. Si tratterebbe insomma di dare ad ogni famiglia dei buoni scuola da “spendere” per iscrivere i propri figli ad una scuola sia essa paritaria che statale. L’iscrizione alla scuola statale dovrebbe essere ad una precisa sezione e gli insegnanti di ogni sezione, liberamente aggregatisi, dovrebbero essere noti con congruo anticipo con tutte le modifiche del loro sistema di reclutamento e di assegnazione che ciò implica. Così facendo non ci sarebbe più bisogno di inventarsi chissà quale meccanismo di verifica della qualità dell’organizzazione della singola scuola nonché del lavoro degli insegnanti: la selezione verrebbe provocata dalla scelta degli utenti di iscriversi a questa o quella scuola, a questa o a quella sezione. E in forza di tale meccanismo si avvierebbe non solo un proporzionato sviluppo della scuola paritaria ma anche un generale processo di risanamento della scuola statale.

www.robironza.wordpress.com

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